Manunzio




Janez (detto)

Un furetto dolente, di chi combatte contro il proprio destino. Impiegato in sordido ufficio, dattilografo-factotum, per questo, mal sopportato (odiato?) dai suoi sodali d'avventura: un altro Fantozzi sbeffeggiato.
Intelligente o, uso dire, “scarpa grossa” e cervello fine, viene da un paese/masseria scurdat' da Crist', qui vicino. E di giorno, ché di pomeriggio postprandiale e sera lo si trova, barcollante, per le vie del centro o una di quelle traverse squallide. Mal sopporta il vino, i suoi occhi piccoli e porcini lo confermano ogni volta che vien fuori, tenendosi ai muri, da quell'antro buio e muschiato della Taverna di Santa Lucia pieno di aromi e soffritto (frattaglie interiora d'animali in salsa, brodetto) e vino versato in bicchieri ottagonali: scist', vino, da grossi otri-damigiane ad angolo del bancone di marmo grigio venato, o forse, ancora, zozz'.
Troppi anni sono passati e di Janez, al secolo L. I., più nessuna notizia: sit tibi terra levis?

NB. Il tono dell’immagine è quello d'una riproduzione su Ilfobrom via iPhone, non si sa che fine o in quale parte dell'archivio Manunzio è presente (forse) il negativo originale 135 su pellicola Hp5 Ilford



Da sinistra a destra la famiglia Olympus e su la destra, or ora, la new entry FZ300. La C-5060 WZ (a sinistra) è quella che per anni ci ha accompagnato con bello e cattivo tempo in ogni dove, tant'è che l'archivio di 285.00 file è venuto su grazie a questa incredibile camera Olympus, nome che è una garanzia ancora oggi che non “esiste” più per le note vicende del brand. La seconda (da sx) C- 5050 è una non meno incredibile “Leica” con il suo trentacinque millimetri equivalenti full frame alias 135 di Barnack memoria. F 1.8 lente e pari apertura che si costruiscono solo e soltanto in questi giorni che pare la nuova Gold rush per i brand ancora in vita; la C-8080 CCD by Kodak ancora oggi con “solo” otto-mega-pixel comunque stellare. Infine la FZ 300 Panasonic con ottica Leica che non è uno scherzo, anzi, parente acquisito di Olympus, avendone adottato anche il sensore MicroQuattroTerzi



Il problema (di non poco conto)

La cosa è lunga e la dividiamo. E allora C- 5060 artefice dei 285.00 file d'archivio digitale.
Anzitutto mai avuto un problema, e la soletta porta batterie, per giorni interi uno dietro l'altro ha sempre erogato energia per il suo lillipuziano sensore, incredibile.
Ora per chi è nato adesso e non ha minima idea (Cancel culture docet!) dell'Era analogica, l'italica Ferrania (con cui si è iniziato fine anni Sessanta a sperimentare la sua P30) pubblicizzava le sue pellicole a colori con jingle: “Tempo bello tempo brutto con Ferrania riesce tutto” squisitamente equiparabile alla Oly WZ 5060 in esame.
Fianco a fianco nell'immagine panoramica la “Leica” C-5050, qui con il c...rotto, sì, l'alloggio portabatteria non più chiudibile ma con protesi sottostante, vite e pezzetto di staffa porta lampada degli Anni 70 (sic) avessi voglia ancora.
Quanto alle altre due ritorneremo a breve. Il problema, allora: come conciliare creatività, si vabbè...e armamentario? Ancora come portare per ore ed ore uno zaino pieno di ogni ben di Iddio senza poi, a fine giornata, causa stress e muscolatura dolente evitare il rosario di mannaggia? Impossibile, a meno ché non si è tra coloro che “fanno” i fotografi ad ore stile passeggiatrici ser(i)ali...Il problema, infatti, costoro non se lo pongono: semel in anno, no? Viceversa per chi ci ha la creatività come forma morbosa (!?) lo zaino, eh...
Passo indietro alcuni decenni fa e borsone fotografico analogico: due Contax, tre lenti normale-grandangolo e 135 ché mai andato oltre tranne qualche fugace “toccata&fuga” superiore sempre made Zeiss: noblesse oblige, no? Uhmm. E poi corpo Zenza Bronica SQ-A, magazzini pellicola di riserva, pentaprisma e leva laterale carica otturatore...quattro ottiche cui un padellone, letterale, quaranta millimetri niente male rispetto al pari Distagon 40 mm Zeiss Hasseblad o anche Rollei all'epoca SL-66, detta eine panzer! Poi pellicole 120 rigorosamente Pro Epr 64 tenuta, secondo canone, in frigo, pari pellicola e procedura per il formato 135 delle Contax. A latere, zaino, vettovaglie e non so cos'altro che uno zaino militare, per averlo provato in prima persona da milite, un peso piuma. E a sera, i sacramenti? Ni poiché ero giovane e pure incosciente come quella volta che mi arrampicai su un muro cadente e niente...fori di foscoliana memoria: avevo visto pari angolazione e ci avevo provato, sì, la dia sta ancora in archivio ma a vederla mette ora per allora i brividi di incoscienza! Qui ci fermiamo però e l'invesa risposta...alla prossima. Stay tuned paisà!

Ps. Quante volete scritto che le richiamate camere, eccetto la Pana, sono state nelle mani di Alex Majoli della Magnum Agency: si ma tu Manunzio non sei Majoli, eh. Transeat ma le (foto)camere...e poi qui link è ancora oggi sul sito Getty Images e “fatte” con Point&Shot finanche di Epson 850-Z di “solo” duemilioni-pixel l'immagine bianconero tre finestre con neve: che volemo fa?


Click on image for more

Agfa Scala the best(ia)

Anni Novanta passati a miglior gloria, esce una pellicola che è già tutto un programma: Scala dell’Agfa, che una volta terminava in Gevaert nome Belga di produzioni sensibile. Scala di nome e di fatto, se vi pare anche musicale tant’era l’estensione tonale. Una pellicola bianconero, sì, ma invertibile: un must incredibile. E volete voi? Scriviamo ad Agfa in quel di Milano, ad Erminio Anunzi factotum della Multinazionale germanica, anch’egli fotografo (si trova ancora a sua firma articoli su Progresso Fotografico). Breve presentiamo la richiesta di provare la new entry collegata ad un progetto fotografico: oh da non credere viene sponsorizzato e via con le riprese. Gli scatti sono ancora conservati e, nel riproduzione o meglio conversione digitale bisogna prestare molta attenzione a quella sua intrinseca tenue nuance sepia che la rende unica.
Una buona quantità di rullini 135, quindi, arrivati dall’Agfa e caricati in macchina (Contax Rts e 139) partono, alla lettera, per certe contrade che impresse in un famoso libro della Letteratura italiana del Novecento, sono rimasti intonsi, merito della scrittura come pennellate poetiche su tela se oggi, infami giorni da Coronavirus eterodiretto, ottant’anni dai fatti narrati lo rende tra gli Immortali Libri di tutti i tempi; luoghi e culture tutte per il terraqueo capiscono tanto va diritto al cuore, sede secondo gli antichi filosofi (lasciate perdere gli Aristotele e sua mala genia a-varia-ta) greci sede dell’Anima, noblesse oblige.
Scala dalla linea di sviluppo particolare va da sé, e vicino noi si fa per dire che sono pur sempre quattrocento kilometri dalla Capitale, tramite corriere mandavamo (ritorno na decina di giorni spesato da Agfa) a sviluppare. Inscatolate al punto giusto i telaietti, grigio bianco, restituiscono a tutt’oggi trent’anni dopo la stessa emozione d’allora: generalmente con le dia non è mai così scontato, quasi una avversa reazione iniziale di pur ottime (tenute in frigo come le Scritture prevedevano, scritture tecniche si capisce) Epr-64 Kodak e ancor più il Terribile Kodachrome pellicole usate in tandem per il progetto che, poi, non si è concretizzato: coincidenze mancate ob torto collo del Manunzio.
Eppure già scattavamo in diapositiva bianconero e della Ilford Fp4. Un momento: Ilford ha mai prodotto diapositive del genere Scala; eravamo noi provetti chimici su le le orme di Namias alias Progresso Fotografico ad invertire il negativo bianconero. Difficile a scrive e dirsi, divertente a farsi con tutta la tragedia del caso: inversione di film negativo presuppone un substrato pellicola resistente agli “acidi” o sostanze chimiche aggressive a tal punto da distaccare l’emulsione dal supporto, e di quei esperimenti non è conservata traccia alcuna se non qui che si ricorda.
Scala che da qualche parte leggo essere in (ri)produzione sotto altra sigla, e che su formato 120 o Rollei che dir si voglia, senza offesa di Hasselblab-Mamya-Pentaconsix-Kovasix-Minolta…, sarebbe in tutto e per tutto una mini fotografia da portare in giro, casomai imbustata acetato trasparente come quei santini familiari che, almeno una volta, si portava nel portafoglio ed oggi su gli schermettini di Mele & Satanas verdi, non a caso chiamati: Android!


Re-born Scala

New Scala
(scheda tecnica)

Sviluppo diapositive bianco e nero 1
Sviluppo diapositive bianco e nero 2

Last but not least


Ps. Quasi dimenticavo, ne conservo questa sì una scatola tredicidiciotto piena, che con le Lith Kodak d’antan, già usate in tipografia arti grafiche e serigrafia, si ottenevano buone diapositive esposte in camera oscura come normale cartoncino fotografico, manipolabile di conseguenze. Belle dia senza dubbio ma prive di quello charme che solo Scala riusciva



L'immagine vien quasi a “caso” ingrandita e re-ingrandita, traslata in digitale da fotogramma Kodachrome 25, una volta lo standard del National Geographic, su Contax Rts prima serie e Distagon ventotto millimetri negli Anni Settanta secolo alle spalle. Virale. Il problema di quel giorno è il cielo sfondato, inesistente. Vero che potrei aprire l’archivio è trovare centinaia d’immagini del cielo per riequilibrare la cartolina (siamo capaci solo di questo come canzonette di Eduardo Bennato) ma le dita fan già click sul Pensiero Unico di Google. Virale. E ci vuole poco a trovare quel che serve. Lo scontorno, poi, è gioco da ragazzi con “bacchetta" Pshop, e va bene così senza scomodare monsieur Bézier che ne formulò, per i boccaloni dei “pro” a farne uso; sì, quelli della Milano da bere più che nettare di Bacco, da certe ampolle. Virale.
Naturalmente l’immagine a colori del caso, già in ripresa, non dice granché. E via con desaturazione, quando sotto Mac e Tonality...bisogna star lontano dai tecnicismi e dare tempo di incubazione. Siché burn qua na botta di là l’immagine si propaga per l’aere più di qualsiasi chirottero da lab (s)fuggito. Sapienziale mix di una immagine “ordinaria” virata in bianconero d’un suggestivo castello in parte diroccato; fuggevole immagine d’antan quando il castellano e consorte (ridens ed estasiati di un Bill e Melinda Gates qualsiasi) a ricevere i graditi ospiti, selezionati ed impressi su granito americano della Contea Elbert in Georgia, mentre fuori impazza come a solito la malaria. Virale



C'è la pausa come nella musica

Il fotografo siciliano Giuseppe Leone dice una sacrosanta verità, che poi manco andrebbe ricordata: pausa. Come di normalissima partitura musicale, così anche in fotografia, altro che “negative space” dei senza iddio a nome Yankee. Naturalmente l’unica cosa negativa è la loro miserrima esistenza in vita, di un popolo una nazione senza storia né passato. Viventi e si fa per dire in loculi a cielo aperto. Yankee che per chissà mai quale “mission” devono insegnare manu militari, però, come fare o non disfare questo e quello, in delirio di onnipotenza che, guarda caso, li sta eliminando dalla faccia della Terra, insieme con tutto l'Occidente fuori di dubbio: ossia noi altri da quest'altra parte dell'Atlantico Oceano a nome europei.
E non paia un pistolotto, tutt’altro. E proprio grazie alla loro solitudine nei loculi a cielo aperto che si ostinano a chiamare Metropolis, invece che cimiteri, nasce la loro mania di “ordinare” in sorta di still life (forse meglio dire natura morta che è meglio) il Mondo. Certo in questo sono aiutati da nani e ballerini, radiofonisti e certe fotografe senz’arte né parte, solo perché intascano soldi da Cia & Mossad, credono essere portatrici di "progetti di libertà” sebbene congegnato nottetempo a tavolino con latomisti neofeudali. E meno male che un Leone c’è: lato traslato figurato e come ve pare!

Giuseppe Leone- Storia, cultura e pellicole

Man

NB. Al minuto 17.00 Leone parla di un “progetto che stiamo portando avanti”. Ora a parte il plurale majestatis, il contenitore grigiocartonato contiene molto di più che le misere quindici fotografie della Gradizzi. E poi tranne gli astanti, cui fa vedere le fotografie si lì prodotte, non ci pare di cogliere nelle parole dell'autore Leone una sorta di “rilascio stampa” di quanto in itinere sta fotografando: vedete? Ne consegue la giustezza di quanto venivamo dicendo circa il fatto che la Gradizzi ( istruita nottetempo?) serve all'operazione “Donne del Sufismo” per tutto tranne che per scopi “culturali”

Ps. Di Giuseppe Leone abbiamo apprezzato, e tentato di emulare il suo splendido libro "Noto città Barocco", quando proponemmo alla Electa oggi Mondadori editrice, in occasione del Bimillenario oraziano...in Kodachrome64 e Fp4 Ilford, non con Leica bensi Contax Rts e ottiche Zeiss: sic transit gloria mundi!



Photo © Michele Annunziata


Icone d’un tempo. Riuscire ad afferrare l’ora che fugge, diceva Mario Trufelli caporedattore Rai3 (presso cui magazzini sono ancora conservati reportage in 16 millimetri come direttore della fotografia) è salvo. Infatti: fotogramma di reportage 1978 occupazione delle case, che all’epoca era un dramma trovarne per giovani coppie, oggi è parimenti senonché non ci sono giovani, se non iscritti a qualche Ur Lodge latomista o figlio di medico-avvocato… per sposarsi e tante case portano Fittasi e qualche volta temerarie Vendesi!
E per fare un reportage su gli “homeless” obtorto collo si dormiva in sacchi a pelo, mangiavamo dai fornelli improvvisati quando all’alba arrivarono in forze le cosiddette Forze di Polizia…una vittoria di Pirro, tant’è che buona parte degli occupanti poi ricevettero in “dono” proprio gli appartamenti occupati per necessità. Altri tempi senza dubbio con partiti di opposizione che ci lucravano a beneficio del “popolo” come poi avvenne nel Compromesso storico, cui vittima sacrificale fu però il Presidente DC (Democrazia Cristiana) Aldo Moro fatto fuori dalle Br che come l’Isis in Siria è pagata dagli United States of Amerika (kappa kome killer).
Adesso quei ragazzi sono quasi cinquantenni e la mamma mia coetanea che si è mantenuta così come in fotografia: potenza del metabolismo femminile!

Obiettivi Yashica

Man


Ps. L’immagine è su pellicola Hp5 Ilford di Contax Rts e grandangolo 24 mm Yashica: ripetiamo ancora una volta il fatto che nei primi anni Settanta secolo trascorso, la prima crisi petrolifera indotta portò molte aziende europee a “globalizzarsi” in Oriente. E tra queste la storica Contax costruita interamente in Giappone aumma aumma da Yashica un marchio sparito; avvenne così anche la joint venture Leica-Minolta, oltre a ricordare che alcune ottiche venivano dal Canada, e lenti Zeiss. Contax-Yashica a condividere pari attacco baionetta, ossia interscambio di ottiche un po’ come Olympus-Panasonic prima 4/3 odierno Micro.
Fotogramma “scansionato” su Olympus E1 Quattro terzi con ottica Macro Zuiko alla “stratosferica" risoluzione di cinquemilioni di pixel, mentre i minchiapixel se lo mettono…i giovani onansti digital fotografi nientemeno!



Eccola qua un'altra giubilata dall'Era analogica: Yashica FX-3 dalla meccanica robusta e senza dipendenza da batterie e scatto più morbido (!) della Contax Rts**. Insomma è un piacere brandeggiarla ancora e sue ottiche, il classico terzetto: 50-24-135 dotazione “standard” al netto di un pesante Zeiss 200 mm poco usato e altrettanto 35 millimetri decentrabile, che al confronto degli shift CaNikon d'una tenerezza...
E della triade il più usato l'immarcescibile 24, gran pezzo di vetro e anche secondo Test Mtf, sempre ad f 8 e, poiché usato all'esterno così le immagine delle migliaia l'archivio analogico dimostra, raramente a muover fuoco data l'elevata profondità di campo prerogativa delle ottiche grandangolari. Infine il 135 vetro senza pregio alcuno ma che tuttavia ha fatto il suo mestiere egregiamente

Man


** Contax Rts



E il terzo giorno...resuscitò secondo (si dice) le Scritture. Qui un po' di più: vent'anni, tanti quanti i giorni “dormiti” in soffitta. Si perché la Contax RTS (Real Time System per controllo elettronico della macchina, che senza batteria è un bel pezzo di solido metallo e circuiteria niente più) messa da parte con l'avvento del digitale tout court e conservata (inumata?) nel sacchetto porta ottiche grandangolare della Asahi 67, la seisette analogica su pellicola 120, ritorna alla luce mentre si mette “ordine” in soffitta: inconscio traslato a dirla tutta.
E aperto il vano batteria, introdotta una grossa ingombrante batteria da sei volts, recuperata dalla Yashica Electro X, qui accanto al computer su cui si digita, acquistata dall'Emporio universale su Internet, da non credere: funziona. Una macchina fotografica che trasmette benissimo certa “pesantezza” e si fa fatica a tenere in mano spartanissima com'è senza fronzoli alcuno, come nave scuola d'antan fatta di cose semplici. Certo chi sa orientarsi ancora senza elettronica....è un piacere. A questo punto dovremmo acquistare solo la buon FP4 Ilford e lasciare la digitale? Quien sabe paisà...

Man

Contax Rts test

Yashica vs Zeiss




Una di quelle sfide che pare perse già in partenza, eppure non è così. Infatti è questione di “cosa” si misura: patate cipolle ravanelli…o lenti. Vabbene Zeiss è sin troppo noto per chiunque, fanno la réclame delle lenti per occhiali su le televisioni…Certo le nuove leve, già, che se gli levi lo smartphone, si buona notte!
RTS Contax e serie FR Yashica I e II tanto per cominciare. Anni Ottanta del secolo “breve”. O dell’Asse Sino-Germanico meno drammatico, ecco, di quell’altra ante Hiroshima e Nagasaki per intendere.
Insomma di Contax conosciamo vite&opere, figurarsi delle ottiche Zeiss. Planar Tessar...e via così.
Viceversa la Yashica, si parla di Era analogica, aveva una joint venture con i tedeschi, quindi poteva montare anche le blasonate ottiche Zeiss. O per dirla non infrequente (chi scrive) che su le Fr dal nome frusciante, trovava posto ad esempio il Planar 50 mm, e su la Rts l’ottimo 24 mm Yashica, ma…Cosa accade a “vecchi” fotografi che dell’indiscussa supremazia Zeiss ne fanno vanto poiché (usavano) su la Rolleiflex biottica lente Zeiss?
Siché preso il cavalletto Linhof che va benne per palestrate performance…sopra la Rts caricata con Agfapan 25 da tirarci i 50x60 centimetri al bacio, che il gioco è semplice. E alternando l’uno e sette Planar vs lo Yashica equivalente cinquanta millimetri, soltanto a quell’ingrandimento si vide la differenza fra lente germanica (costruita in Giappone, eh!) e il Sino vetro. Abissale? No assolutamente niente di tutto questo, la prova dell’ingrandimento, fatto sul mostruoso 139 Durst a luce “fredda” cosiddetta ché la lampada utilizzava terre rare e di colore blu intenso di una morbidezza unica. In definitiva fu come trovare l’ago nel pagliaio e ben oltre il pelo nel solito uovo. Tant’è vero che sul formato trenta per quaranta, limite massimo del formato 135 o Leica che dir si voglia, era ed è molto difficile vederne differenze tra lenti, anche perché la grana, poi, della pellicola come nel cinquanta per sessanta gioca non poco ruolo, ma è altra storia maledettamente complicata, tipica dell’Era anaologica!

Man


Contax RTS vs Yashica FX-3

YASHICA FR + YASHICA ML 50 1.4

24/2.8 ML - Un ottimo obiettivo che ancora oggi merita di essere acquistato. La resa globale è allineata a quella dei migliori obiettivi della concorrenza con in più un contrasto ed una resa cromatica davvero notevoli
search
pages
ITA - Informativa sui cookies • Questo sito internet utilizza la tecnologia dei cookies. Cliccando su 'Personalizza/Customize' accedi alla personalizzazione e alla informativa completa sul nostro utilizzo dei cookies. Cliccando su 'Rifiuta/Reject' acconsenti al solo utilizzo dei cookies tecnici. Cliccando su 'Accetta/Accept' acconsenti all'utilizzo dei cookies sia tecnici che di profilazione (se presenti).

ENG - Cookies policy • This website uses cookies technology. By clicking on 'Personalizza/Customize' you access the personalization and complete information on our use of cookies. By clicking on 'Rifiuta/Reject' you only consent to the use of technical cookies. By clicking on 'Accetta/Accept' you consent to the use of both technical cookies and profiling (if any).

Personalizza / Customize Rifiuta / Reject Accetta / Accept
Link
https://www.manunzio.it/diary-d

Share link on
Chiudi / Close
loading