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(Fascisti & Dea Madre su Marte...no Google)


«Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato»




Repetita juvant. Beh prendere o lasciare: o di qua o di là. Bianco-nero. Acceso spento. 1 e 0 codifica binaria. Mi piace o non mi piace. E ci si lamenta dell’odierno circondario! Il più migliore (sic) dei “mondi” possibili, no? Chi si contenta...
Così come tra fine Novanta ed inizi Duemila (vicini gli dei titolava, nientemeno, la Repubblica dei grembiulini Eugenio Scalfari & Co) le trombe dell’Apocalisse annunciavano la “nuova” Era digitale, e di computer scanner stampe giganti da soppiantare le off-set pagine murali. Creato ad arte il “panico” i primi ad esserne falciati dal “progresso” pensa te furono i “fotografi” che scattavano e basta, delegando e relegando ad altri sviluppo e stampa del layout d’agenzia à la page, sebbene alcuni studi di Milano a loro interno avevano catene di processamento, ecco, del materiale diacolor appena scattato in loco.
Con l’avvento del “digitale” molto terrestre, compagni si cambia. E imparate a fare dallo scatto alla post-produzione. Amen. Molti come al solito s’affrettarono ad allestire (fretta e furia?) soluzioni volanti, mentre i più svegli s’attrezzarono formato “service” per offrire la post-produzione di “fail”. Certo oggi e ben raro che il “fottografo” (doppia s’è scritto tante vole e non ci si sofferma più) deleghi a questi servizi esterni la routine classica di Pshop, però…
Ora che l’aer maligno da requie (fuori lampi e truon’ furoreggiano, mentre verghiamo queste note mattutine d’acqua a catinelle) è un altro momento topico: compagni l’AI, che suona in ‘taliano lingua come fosse ahi: si quando ci si fa male. Male? Magnifico ché le “sorti magnifiche e progressive del Kapitale (k for killer) formato giostra acquisti non conosce tregua: checché. Insomma il classico hegeliano: problema-reazione-soluzione. Guerra (uno dei quattro Cavaliere dell’Apocalisse) a dirla tutta: Gaza docet, Ukraine docet, Yemen docet…e qui la cosa impressionate di questa landa lontana è vedere, a web figurarsi se ne dicono Stampa & Regime catodizzata, l’ennesima nave colpita dagli Huthi ed affondare di poppa in giù: impressionante per chi ha il sangue nelle vene e non liquidi cibernetici di transumano!
Tuttavia le guerre si vincono con la parola (ne uccide più la parola che spada proverbiale) come il confetto d’antan per scorreggiare Falqui (basta la parola il jingle) d’una società che ingurgita liquame e per equivalarli, eh Dea Madre, ricorre a bombardamenti intestin + anali. Lassativi distruttivi.
Sia come sia eccoti l'immagine bomba: Google a furia di scrivere righe di codice s’è presa un c...alibro nel lato B. E, sì, dagli e dagli mo’ ci sono le SS (Schutz-Staffel e non solo germaniche*) nere, e non sono immagini postume di Helene Bertha Amalie Riefenstahl, detta Leni, no. Generate al computer le nere immagini (lato traslato e fate come vi pare) riscrivono la “storia”. Naturalmente in divisa SS pure la famigerata infernale Dea Madre!
Ora un banalissimo fattariello: Berlino 1936, Jesse Owens arrivò al podio delle Olimpiadi di Berlino del 1936: nero americano. E volete voi? Hitler e suoi mica strinsero la mano al negro (scritto così come durante l'Apartheid ‘mericano antecedente e prodromo di Gaza odierno, non prima che in Sud-Africa di Mandela). Bene, anzi no, con l’AI delle mirabilia per i giovani minchiapixellisti al camerata nazifascista germanico, ecco, non gli puoi stringer mano (se non indossi un casco virtuale) però fa effetto: Sieg Heil, no? No.
Moralino, Google delle mirabilia ha buttato con furbizia il sasso nello stagno (azione-reazione-soluzione) per vedere l’effetto che fa (Jannacci, Vengo anch’io no tu no) poi le scuse via web sempre a telecomando: ci siamo sbagliati, e vabbè chi ve m...provvederemo a sistemarlo (cosa?) meglio a voi...Google Uber Alles! E non finisce qua





Ps. Nei codiciari alfanumerici gli ingegneri informatici mancano i “gialli”. Ma come Grande Oriente (massonico ben s’intende) di qua, piramide egizia di là (egizia e non egiziana per chi intende) comunque Oriente delle mirabilia, e non me ne fai uno “giallo”? Ma la Cina e resto “gialli” sono e ci vengono a prendere...arrivano i cinesi, cantava Bruno Lauzi, dice Ruggero Orlando (noto giornalista Stampa& Regime Rai da New York) che domani sono qua...Gira gira la storia che i babilonesi pensano di “governare” ad libitum con immagini fabbricate ad “arte”. Ai per l’appunto


(Copia & Incolla se vi pare)

https://it.wikipedia.org/wiki/29._Waffen-Grenadier-Division_der_SS_(italienische_Nr._1)#:~:text=1)%20fu%20la%20seconda%20unità,era%20anche%20chiamata%20%22Italia%22.

https://it.wikipedia.org/wiki/Leni_Riefenstahl




La coda del Diavolo


Nel archivio fotografico Manunzio le voci sono divise in “categorie mercantili” ad evitare un catalogo di tutto e di più su unico file sterminato.
Uno stacco. Per decenni si è tenuto memoria scritta ora di questo ora di quest'altro, e di certi fenomeni strani, almeno così l'inizio, rivenuti routine in particolare momenti canonici del giorno (le ore e valenza energetica non sono uguali, bioritmi a parte, che sia).
Breve l'archivio Manunzio d’immagini viste e riviste come una Grazia Neri in quel di Milano (all'epoca analogica decana delle agenzie fotografiche italiane prima del pensiero unico a nome Getty Images) ed ero presente ai fatti, alla richiesta di una sua collaboratrice (in cerca di diapositiva o fotocolor nome a prestito da foto-colore antecedenti l'uso delle diapo) indicarle senza errori uno scatole rosso, erano suppergiù tutti di pari colore, all'interno del quale ricercare l'occorrenza. Scatoloni che esternamente portava a cartiglio “categorie” fotografiche: pretesa tutta umana di imbottigliare l'Oceano mare. E certi simili modus operandi.
Selezione d'archivio Manunzio per il portfolio del sito omonimo a ringiovanire la visone; alla “categoria” città la sottocartella “vetrine” ben più che soliti manichini e finiamo qui altrimenti invece di sveltire le cose...E un'altro stacco ricavato per caso: le immagini in oggetto pensavo averle prese con la diabolica Epson 850Z cui pure s'è scritto (basta digitare a piè pagina Diary ed esser linkati di conseguenza) e invece fotografate con “leica” tutta particolare si comprenderà il virgolettao (che tanto paiceva ad Umberto Eco, ecco). Immagini, ancora, vetrina in (dis)allestimento e scatti su “leica” come si pure detto altrove sul Diary somigliare e molto, alla “vera” sebbene il lillipuziano sensore di C 5050 Camedia Olympus ed equivaletene 35 mm passo full frame, apertura f 1.8. Iso incredibile a rileggere lo Exif a 64, eppure le foto sono di pomeriggio già notte invernale! Manichini e vetrinista, che presa com'è non si accorge della presenza, di là dal vetro in strada, del Manunzio che scatta; anche perché la vetrina ha quattro bei fari angolari elei si trova in perfetto controlluce e la isola.
Maquette dunque? Si è no certo con espressioni femminili ben fatte seppure plastica. Breve assito allo smantellamento della vetrina (di lì non passerò più e al posto della boutique odierna libreria) sino all'ultimo piedistallo...Senonché a distanza di diciotto anni, tale l'Exif dice, e in un pomeriggio domenicale fine settembre pandemico ancora assolato a queste latitudine, scatta il fermo immagine: streaming visivo riesce solo Manunzio, al suo occhio (fotografico). Siché attira lo sbuffo in testa (vetrina) rosso, immagine in alto, e guardar meglio sembra il titolo del post: una coda! Ancora, il volto, sì di pastica ma che tuttavia non ha nulla di finto, bensì umanissimo essere. Umano pensieroso triste solitario e finale. Detta così già vedo l'imbecille di turno girare l'indice alla tempia...cazzi suoi rimando perché per quanto strana la cosa, se è poi è anche “veramente” fotografo (essere non avere) avrà sperimentato almeno una volta il teatrino del Truman show in cui vive!



Pazziann'

La creatività è si dono naturale, cosa preclusa a minchiapixellisti onanisti, e tuttavia se non alimentata insterilisce, fa diventare routine robotica: zombie che affollano le Metropolis del Mondo cano che ci ho sotto i piedi direbbe Faletti-Catozzo, e certo quelle magistralmente effigiate da Fritz Lang, che non a caso richiamiamo spesso poiché paradigmatico.
Sia come sia si dirà di uno spazio tempo (infanzia tout court?) dove il gioco era dimensione sociale: si, la strada ma anche la campagna non molto dissimile dalla avventure di Huckleberry Finn e suo compare di merende Tom Sawyer. Il fiume eh ce ne vorrebbe di spazio, ma per un'altra volta. Gioco che rima con giocattoli e personalmente ne avessimo conservato potremmo fornire eserciti mercenari a questo o quello: quanto a pagamento...E lo stesso varrebbe per le Giacche Blu del Settimo Cavalleggeri, e indiani e tribù da non dirsi il numero. Infime armerie: eh come no.
Capirete quindi del come con quattro pixel messi in croce si riesca dove i minchiapixellisti manco osano pensare (che è peccato!). Così quando ci si imbatte in situazioni...



Škoda Model Car Photography
Benedek Lampert


Man

Ps. Pazziann' in napoletano è “pazziare - giocare” lato sensu

Il primo giorno di libertà




Inaspettato tempo con bel sole e gambe pare mosse di “propria” sponde, mentre il resto del corpo rimane da altra parte; ordinaria routine da un trentennio in qua suddiviso in “indizioni “. Vera e propria segregazione costretto dietro “invisibili” sbarre della cosiddetta realtà fattuale o più ancora “razionale”che con il tempo si è imparato a riconoscere. E se ne è venuti fuori, così sotto il sole squillante di un sabato di Maggio d 2018. Novemila passi, tanto è il tratto en plein air di prosaici sette kilometri di bordo fiume Basento dalle acque che riverberano di altri tempi:
Anni passati a prendere pugnalate alla schiena senza sosta, ma si è ancora qui al sole “tornati a riveder le stelle“ “signora” G.R.R. Vito Viggiano in quel di Rimini. Il Tempo è Galantuomo anche dopo quasi quarant'anni


Man


Ps. Il prezzo della libertà pagato sino ad usura, immaginato da "signori & signore" invincibili, adesso se ne chiede conto ed interessi



Fotogrammi prima parte, Don Gerardo Bucci


Abstract
here I remember an Era analogic in lab B&W, as print portrait in dark room and much more, as develop Agafcolor or Ferrania color negative, made in Italy, and Kodak color. All process that I remember it was make into a lab far town of provence of South Italy in 60's


Il portale corre a filo cardo pretorio da cui via Pretoria. L’esile luce dall’androne archivoltato scintilla su l’acciottolato i tre gradini e l’anodizzata vetrina che precede lo store e fotolaboratorio colore, sciccheria metropolitana anni Sessanta. Di là dalla porta ‘ntallia z’ Nunzio Rofrano “ragazzo” di bottega. Tutt’intorno scaffalature tarlate e vetrinette impolverate dove pisolano macchine fotografiche scatole di pellicole lampadine flash, album e buste dieciquindici accatastate.
Sigaretta, più che altro arco di cenere tenuto a sfida della gravità, mani in fremito continuo sui dorsi di fotocamere di pancromatiche FP4 Ilford, o ribobinati formato Leica P30 Ferrania di tignosi clienti p’ sparagnà, occhiali fumé sul naso adunco incornicia Don Gerardo Pecoriello detto Bucci alias Zatopec, in onore dell’etiope olimpionico di Roma, tarantolato fotografo in cerca di scoop urbani.
Dietro la tenda vermiglio che separa l’ingresso e retrostante sala posa la lampada, lare domestico sembra così, retroillumina l’opalino inclinato a 45° e fila di negativi per il ritocco, mentre mani spennellano mattolina. Nella penombra della sala di posa la camera su colonna ottonata che troneggia a centro sala, ne ammiro i movimenti dello zio sotto il panno nero che imprime su châssis seinove volti in fototessera, a cap’ sott’.
Un misto di euforia e trepidazione m’accompagna tutte le volte che, tenendomi al corrimano della scala a chiocciola, scendo al piano sottostante del lab dove, come in dissolvenza le plafoniere di luce opalina su pareti nero fumo illuminano a giorno, e rifratte nel luccichio cromato d’enormi cilindri (smaltatrici) da cui precipitano cartoncini bianconero, cartoline colore. Oltrepassata la soglia ed immesso in altra sala, sprofondo al centro della terra o l’interno del Nautilus, nell'attimo in cui spente le fioche luci inattiniche, lo scartocciare e buio materico, tanto si può toccare, è tutt’uno con la voce dello zio fotografo che a tratti sembra giunga da destra, ora da sinistra dall’alto finanche remote profondità della camera oscura, sino all’attimo in cui, finalmente, la lanterna rischiara livido tutt’intorno banchi, vasconi e la lunga processione di vasche verticali sormontate da spie rosso arancio per trattamento delle emulsioni sensibili Kodacolor Agfacolor e 3M Minnesota già italica Ferrania della dinastia Agnelli.
Caleidoscopio iridescente nel salone attiguo, dove sono le printer, le creazioni dell’altro “ragazzo” e brizzolato di bottega, stampatore che più dagli slope smanetta “nuance” ventiventicinque, d’un blu elettrico su i volti dei malcapitati sposi in posa e pronti per l’album.


Glossario

‘ntallià, muoversi o procedere a passi lenti, fermarsi e riprendere la routine

dieci (x) quindici, formato cartolina

p’ sparagnà, per risparmiare

sei (x) nove, formato negativo bianconero che poi veniva stampato a contatto (scala 1:1) ricavandone fototessere per documenti, carte d’identità ecc.

a cap’ sott’, sottosopra ed a lati invertiti in ragione della Fisica ottica

smaltatrice, cilindro (ne esistevano anche piane ed a doppia piastra girevole) dotato di resistenza elettrica interna, cui calore dissipato da lastra perfettamente levigata a specchio conferiva ai cartoncini, dalla superfice appositamente trattata e trasportati similmente a catena di montaggio, patina specchiante

ferrania era il brand nazionalpopolare del materiale sensibile, sebbene altre marche come la Tensi o Cappelli ne producessero, del portfolio Agnelli/Fiat, e che venne ceduta alla americana 3M Minnesota (al corrente è stata riacquistata da impavidi imprenditori e, rimessi in funzione i vecchi stabilimenti Ferrania nei pressi di Savona, pare continui con discreto successo la produzione di pellicole fotografiche negative ed anche Super 8 per cineprese d’antan)

slope, manopole che regolano la scala colore RGB o sottrattivi CMY a secondo della marca/modello delle stampatrici automatiche, ed altre regolazioni

venti (x) venticinque il classico formato di matrimonio, anche se agli inizi degli Anni Settanta l’album matrimoniale non di rado era misto: bianconero (18 x 24) e solo per lo scambio delle fedi e firme di rito in color. Ancora, prassi in special modo per i gruppi con gli sposi ai tavoli dei primissimi ristoranti ad hoc, o più sovente, condizioni socio-economiche, presso le abitazioni materne per l’abbisogna, veniva consegnato un congruo numero di stampe (13 x18 bianconero) da consegnare agli invitati ritratti.
Eccezion fatta, non solo per tutta la cerimonia a colori, per la giornalista Rai Celeste Rago nella cornice di Maratea, e dal pranzo faraonico che ne seguì a quei tempi, seguito da quattro fotografi tra cui chi qui lo ricorda.

In Era analogica e prima dell’unificazione sotto lo standard C-41 per il trattamento “universale” delle pellicole negative colore, le diapositive invece l’E6, ogni brand citato poco sopra, necessitava di sua linea trattamento, di vasche parallelepipedi verticali, generalmente da 35 litri, dove venivano processate (to process) le emulsioni.
Negative colori anche bianconero, poi stampate su cartoline dieciquindici, che ogni famiglia poi custodiva nell'album domestico a scandire il tempo e momenti particolari: battesimo cresima diploma, laurea o matrimonio e vacanze ecc,

Ritocco fotografico su pellicola seinove più ancora che semplice “aggiustatura” nel lisciare la pelle, cosa che oggi con Photoshop o plugin ad hoc, fa sorridere era qualcosa che si tramandava in sorta di iniziazione alla fotografia di ritratto tout court, basata ancora largamente in bianconero (impensabile farlo su negativi colore!) si esprimeva in puro e artistico artigianato, sapienziale. Siché le seinove dopo sviluppo ricevevano la mattolina, sorta di collante cui aderivano appezzut’ o appuntite grafite, abilmente mosse da mani che sapevano il fatto loro. A volte quale complemento, sebbene in formato minimo diciottoventiquattro o più ancora in trentaperquarata, il negativo veniva stampato al Siluro, un ottagono in legno a forma di ogiva cui luce morbida, senza condensatore ottico, conferiva alla stampa un che di hollywoodiano, o per meglio dire flou (soft screen) alla Luxardo

Giorno della “memoria” …No grazie



Abstract
27 January 1945 troops arrive at Auschwitz the Lager for antonomasia, and any 27 of January the people remember the all unspeakable human sacrifice suffered by all the internees


E’ diventata una routine e siccome i reduci sono estinti quasi del tutto, e gli eventuali discendenti prossimi a passare a miglior vita: che dire del giorno della “memoria” dai lager? Niente in particolar modo tranne il fatto che siamo in tempi elettorali (il buon Mattarella ha pure nominato in questi giorni del duemiladiciotto senatrice una ebrea) e quindi…ogni momento è buono per fare da questuante a raccattare voti: tutti lo fanno. E poi la cosa è commovente, no? Fanno pure vedere il volto sorridente (!?) della Anna Frank cui diario il babbo e chi per lui ci han messo mano che vien meno un “santino” troppo televisivo (sul canale Focus il Nazismo è solamente l’Adolfo che ha fatto tutto ma proprio tutto lui, guai a dire dei circoli massonici angloamericani che lo misero a capo del Reich come con il romagnolo Duce).
Se poi a questo si aggiunge che la Shoah è inemendabile (si finisce in galera a norma delle ultime disposizioni del Ministero della Verità di orwelliana memoria!) sul piano della ricostruzione storica: manco fosse legge divina, allora capirete che qualcosa non “quadra”. E non centra nulla con le lagrime a telecomando: le morti non sono finte le sevizie inenarrabile lì stanno e staranno per l’Eternità. No, il discorso è sulla costruzione mitologica della Shoah da parte non già di un’etnia, giacché si dice che siamo una sola razza umana(oide), ma di una “razza” eletta e prediletta. E uno vien da chiedere: eletta? Sia ma dove come quando e perché e con quale sistema elettorale la “razza” è stata eletta per noi Goyim, poco meno di schiavi a sentir costoro da codesti “ebrei”? Una domanda retorica e senza alcuna possibilità di replica. E va tu a sapere se la “verità” è nascosta in qualche cimitero dell’Est, metti Praga tanto per dire

Man


PS. Nei campi di concentramento nazisti, ma c’è stata pure l’italica risiera di San Saba, e sparsi ovunque per lo Stivale durante il Ventennio campi di internamento, che forse non avranno avuto forni crematori ma insomma non meno feroci di quei teutonici, erano pieni di ebrei. Nei campi di sterminio non ci sono stati solo ebrei eliminati, tutt’altro, ma anche disabili, rom, dissenzienti…e finanche la morte di Mafalda Savoia cui tutto si può addebitarle tranne che fosse una “reietta” non ariana etc etc etc

Pss. Nei campi di sterminio nazisti ogni gruppo da eliminare portava per distintivo una stella, e non solo gialla come quella degli ebrei, a significare che anche altre “razze umane” dovevano passare per i camini: ma di questi ultimi (Goyim?) non se ne parla. Né si deve guasterebbe il presepe. Allora l’utile rendita dello sterminio dei solo ebrei è una fake news come va di moda al cambio corrente. E per onestà si deve commemorare le MEMORIE TUTTE al plurale e non già la rendita del singolare


“Lui teneva da fumare in un portasigarette d’oro massiccio, ancora è ricordata da certuni quella scatola, e ogni tre giorno si recava alla posta per ritirare un pacco: insomma avevano burro, biscotti, cioccolata, carne e sigarette che lasciavano il profumo quando per i nostri montanari era una ricchezza avere formaggio e patate. I due (marito e moglie) passavano nella sera deserta con il parroco che li precedeva, giunti dove stava la limousine del Vaticano arrivata per loro, li fece entrare nella vettura che subito scomparve con i fari bassi. In paese poi si seppe che quei due ebrei a differenza degli altri correligionari prigionieri, una settimana dopo erano in California perché qualcuno aveva ricevuto da laggiù una cartolina che disponeva la loro immediata scarcerazione…”
Mario Rigoni Stern dà la “Segheria” capitolo del Sergente nella neve Einaudi Editore

Simboli dei campi di concentramento nazisti

Goyim

Mafalda di Savoia

Tempus fugit...anche troppo




Abstract
abnormal phenomena for terrestrial people, strange manipulation continuum spatial and jumps space-time seem happen every day

Se due indizi…sparsi e senza senso nella routine quotidiana, gli indizi, dicono niente a chi non presta occhio. Se invece ci si accorge…insomma cosa accade agli orologi: saltano poi ritornano indietro? E ‘ già accaduto di verificare un “salto” temporale e di acconciarsi di conseguenza, tranne che arrivati a destinazione accorgersi che le ore “scappate” sono ritornate al proprio posto, come niente. Tic tac tic tac.
Una svista? E come no, è la prima (belluina) che ti ritorna (al netto del giro indice alle tempia!) dietro se ti azzardi appena appena con il cosiddetto prossimo! E allora: una distrazione fischi per fiaschi lucciole per lanterne? Mah. Siamo per mestiere fotografi non a caso: i dettagli fanno lo stile e l’insegnano i nostri Sarti nazionalpopolari.
Svirgolare una vola e due…la terza il conto del tempo non torna ché gli orologi e quelli di certa precisione, ecco, dei computer…Ma vuoi vedere che: già cosa? Un indizio due indizi…il terzo affidarlo al “caso&necessità” di questi tempi di manipolazioni, un azzardo imperdonabile. Cui prodest?



Routine

date » 28-11-2017 09:09

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tags » routine, bus, lifestyle, city, small town, passi perduti, operai, studenti, impiegati,



Photo © Michele Annunziata


Abstract
living in a city or small town concern only squared numbers of surface. Daily coaction “lifestyle” for all inhabitant for usual brainwash from brodcast television, mobile or screen computer, that dictates human behavior. Coded habits. Routine.
Like when a bus, and you're also there, the driver not paying attention, change as a robot the usual journey. Except for the fact the driver, go back. as nothing had happened


Muoversi in una città, che sia grande o piccola non ha differenza se non nella modalità del tempo, con mezzi pubblici è l’incontro quotidiano con varia umanità, e ben diversa dallo streaming inscatolato la tivù domestica, più ancora su monitor mobile o stanziale.
Abitudine e forma mentis, indotta da comportamenti studiati a tavolino nottetempo, da menti raffinatissime direbbe ancora Falcone&Borsellino.Innesco oltre la catena esistenziale, fordista d’un tempo. Coazione, ripetizione, a scala urbana diversificata per numeri. Null’altro.
Ecco, numeri. Vite sovranumerararie c’è chi dice, malthusianamente, come quando l’autobus quotidiano, cui pure fate parte per scelta lasciata com’è per sempre macchina e patente con altri numeri, compie un giro diverso dal solito tragitto: il coro da tragedia, certo non greca, d’operai-impiegati-studenti richiama al “solito” tragitto il distratto insonnolito e assente, che pare ossimoro, autista, il quale come niente al primo cantone svolta e ritorna sui propri passi: perduti.


Man
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