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Storie di carta (fotografica)
Certo si fa presto a dire “carta” agli alogenuri d'argento or english silver halide. Carta che subito viene in mente il classico A4 o poco più. Sennonché solo a ricordare Ilford, che all’epoca dei fatti ne aveva di carta in due linee: leggera appunto e cartoncino più consistente Ilfobrome, no niente Galerie. E pure la germanica Agfa aveva di quei fogli, qui in tutto e per tutto il richiamato A4 e superiore pensati, anzitutto, per copie di microfilm d’archivio per studiosi.
Sia come sia qui la “storia” meglio le storie come gocce d’acqua e infine oceani, la scrive il vincitore di turno, e i babbei si accodano supini o a novanta gradi.
Sfoglio metaforicamente in caso di specie il “nemico” sebbene stesso condominio a nome Vecchio Continente, russo tanto ma tanto cattivo e ferocissimo che ha, hic et nunc, vinto anche un altra guerra patriottica: prima contro il Piccolo caporale blasé scornato alla Beresina, poi il duo fantastico Adolfo e Benito, scornato a Stalingrad e l’altro sul Don. E allora non si deve dire tant’è che è scomparso da tutta la Stampa & Regime: Ucraina cosa sennò? Scornato Occidente o l’Armada invincibile!
E sempre di guerra qui il caso e dell’Armata Rossa: Berlino...bandiera rossa che trionferà, questa è altra musica Manunzio, sia serio! Reichstag finale dell’Adolfo (che ricostruzioni recenti, soliti revisionisti a pagamento o fatti veri non più rimandabili, vogliono fuggito a bordo d’uno di quei terribili U-Boot per il Sud America, o finanche certe fantasie al Polo Sud, sì, quelle cose dell’Ammiraglio americano Bird: nomen omen e non la finiamo più). Insomma le tessere del puzzle della “storia” le virgolette almeno queste necessarie che si incastrava scolastiche “perfezione” mostra, ora manco un secolo dopo, time is money no, tutta la colla per tenerlo unito al resto del collage, ecco.
Berlino dunque. Fotografie della bandiera rossa sul Reichstag falsa come l’oro di Bologna, usava una volta dire l’odierno fake news. Tutta na montatura di propaganda, sai la novità che destra e nel caso sinistra pari sono! Sennonché si vede chiaro che (cover) la foto il soldato (basso a destra) portare al polso, sinistro e destro due orologi, tipico di ogni guerra di rapina! E non stava bene far vedere al terraqueo che i russi sono “rapinatori” di morti e non già brava gente...




(Copia & Incolla se vi pare)

https://it.rbth.com/storia/83385-perché-la-foto-con-la-bandiera


Non c’era ancora l’AI...

https://www.ilpost.it/2016/05/04/foto-iwo-jima/

https://time.com/5788381/iwo-jima-photo/


Le dieci migliori fotografie della Seconda guerra mondiale di Dmitrij Baltermants e soprattutto l’impossibile “Lutto” che non è una foto bensì una stupenda e stellare “messinscena”

https://it.rbth.com/storia/88356-le-dieci-migliori-fotografie


Ps. Guarda tu certe combinazioni, immagine sovrastante, nelle mani del fotografo russo Evgenij Khaldej, Berlino taroccato, e in altra mano il cartoncino fotografico di Iwo Jiima non da meno: falsi ambedue o dalla serie “arrivano i nostri”. Messinscena per beoti planetari. L'acqua è poca e la "papera" non galleggia più





A.D.
Millenovecentosettanta
Duemilaventitrè


Finalmente a casa? Certo che il cerchio si chiude e lo ricorda il Logo da poco, ma state a sentire. A sinistra dell'immagine sovrastante, il pacco di cartoncini analogici oramai velato ed inutilizzabile dal trascorrere gli anni che era il classico diciotto-per-ventiquattro, molto smerciabile: vero, a parte i matrimoni ancora in bianconero, certe redazioni con “allure” il ventiquattro-per-trenta la condizione base. Il formato subito superiore a questi era appannaggio dei passepartout da galleria, quaranta-per-cinquanta per “puristi” del formato Leica.
Ilford, in basso a destra dell'immagine, qui, in formato RC o detta auto-smaltante all'epoca per non dire supporto in plastica, che asciugandosi all'aria, diversamente dalla smaltatura a cilindro, era funzionale per le agenzie e loro usuale fretta. E noi di questa landa i “fuorisacco” o l'antesignana della posta celere si permetteva alla Gazzetta di Bari ricevere le immagini per l'impaginato quotidiano in tempo per l'offset; il Mattino di Napoli; il Tempo e il Roma della Capitale. Vero anche a Milano per il Corriere. E d'altronde chi per ventura si è imbattuto su queste pagine, sa che lo (studio) dov'eravamo apprendisti stregoni-factotum o Agenzia (foto-giornalistica) Lampo, una simil Carrese di provincia italiana; immagini di cronaca usate finanche dalla convicina RAI, distante dal centro cittadino e noi poche centinaia di metri.
Ilford, di ritorno, RC e niente Multigrade poco in uso, lo si evince dal 3 che sta per contrasto stampigliato su la scatola (alla destra) cui clown sembra fare il verso (tanto di cappello, eh) all'altra d'eleganza particolare.
Siamo a cinquanta e oltre anni di distanza, non più silver halide, bensì inkjet. Due mondi e lo si vede dalla composizione legati idealmente e con guanti bianchi, pensa te. Le mani in pasta, meglio nella bacinella del bagno di sviluppo analogico con nonchalance al posto delle scomodissime pinze; oggi bianchi guanti necessari a prelevare-sistemare cartoncini nella stampante del caso, Canon, brand che pare va a nozze, sembra, con le carte e matte, verosimilmente per composizione-inkjet.
Ilford in nero (a sinistra) cui interno (si tratta di un sample pack riuscito ad avere rocambolescamente da quando l'Albione patria d'Ilford ha smesso di stare, dicono, in seno all'Europa) è fra l'altro la mitica Galerie baritata, versione “uguale” l'analogica che, tuttavia, pesava molto di più; un'altra interna versione di pari caratteristiche, sebbene stesa su cellulosa, opaca scorre al tatto. Interno Ilford dove pure trova posto, in due versioni che a noi sembra sovrapponibili, le Glossy che provano a fare il verso al mitico Ilford-Cibachrome.
E ora di sample non ne useremo più, d'altronde se la Ilford è diversa (?!) da Canson e questa da Hahnemühle, sodalizio europeo manco a dire franco-tedesco, baryta o meno è esercizio retorico; siamo oltre il piluccare, a sti livelli o si è fotografi stranavigati per capirne le sottili sottigliezze, o viceversa minchiapixellisti & gallerioti, chiappe al vento, ecco!

Ps. Mettiamo qua per non appesantire l'immagine con didascalia. Immagini di due mondi: a destra l'analogico agire di pellicola-sviluppo-stampa. E per arrivare a questa bisognava possedere su le spalle centinaia e centinaia d'ore nell'antro alchemico-camera oscura; fatto di mille accortezze e tanta ma proprio tanta manualità artigianale impensabile oggi ai “pellegrini” pinguini giovani leve che ri-tornano al bianconero, lo riscoprono pur non avendone traccia alcuna nel loro già manomesso DNA. La cosa ben più che boutade, è costatatio di chi ha vissuto mai i tempi in cui tutto era “bianconero” e, quindi, difficilissimo da intendere ed impossibile trasferire su carta, nel caso Ilford Galerie il non plus ultra.
Ilford digitale in bella ed elegante scatola nera, piena di “smooth” surface rag dove il Mastro è l'arcinoto Pshop e “fratelli” tra cui l'impareggiabile e beffardo Wilber mascotte Gimp, mastodonte programma che fa, se restiamo al solo bianconero, cose pregevoli. E d'altro non è caso ché troppo very nice tipo PhaseOne: de gustibus!



Monochrome, dicono così i 'mericani

So' pragmatici e la lingua che ne consegue più sintetica di un Robot; meno male che nel loro barbaro idioma ce sta Black & White, che rimanda a scala di grigi che meglio racconta più del mortuario monocromatismo, e fermiamoci qui. Sì perché bisogna pur vendere ghiaccioli agli eschimesi ed aspirapolvere ai Tuareg del deserto, no? Pare infatti che la giostra degli acquisti non deve conoscere tregua alcuna come pari “merce” accade in Europa, hic et nunc, tra filo-nazisti ucraini ed ortodossi russi, mettiamolo così per “restituire” pari pragmatismo.
Ora detta così uno pensa: vabbé il solito Manunzio. Se vi sta bene così, noi tiriamo dritto...fino alla prima curva che fesso non è, chi scrive.
Sia come sia il bianconero, o monocromatismo è Anima della fotografia, si parli e soprattutto di analogica "merce" in crescita fra le cosiddette nuove generazioni, quelli stessi che su Youtube, però, vedo i filmati del Novecento ricolorati bianconero, manco più a scatti (via Premiere, Da Vinci Final Cut, Shotcut che libero soft com'è usiamo alla grande, per “aggiustare” il frame-rate) così come erano le prime cineprese di legno a manovella. Contraddizioni: che dite?
Vabbene la (ri)scoperta dell'argento bianconero, e fateci caso alla superstite Ilford regina del bianconero, pur passata fra vicissitudine del vil metallo, rinata Araba Fenice ha l'involucro/contenitore bianco e scritte nere: tutt'altro che caso.
Bianconero che vede, oggi come oggi, anche due fotocamere squisitamente attrezzate per fare solo e soltanto già riprese il monochrome, ecco. Leica da poco dopo aver ri-ri-messo lo schermo Lcd* e Pentax /Ricoh. La prima per danarosi collezionisti, più che fotografi (tanto ci pensa l'Insussistenza Artificiale) l'altra più abbordabile clienti con qualche soldo in tasca: telemetro vs. reflex/mirroless. De gustibus. E non è che la cosa non ha fondamento se taluni sedicenti relitti medievali fatti più che nelle vene di carta, meglio scuoiata pergamena, penna e calamaro per chi intende, dicono, affermano e voglio che è la macchina a fare la foto. Gli stessi cumpari, tuttavia, che ad un loro sodale compare in candido grembiulino di Loggia, l'onorano del titolo ”artista” prima di muovere alla cassa che tengono famiglia...amorale quanto si vuole ma Pecunia non olet. Artista, forse, un cicinino diverso, allora, dall'uso della Leica monocromatica delle mirabilia (mutuo ipotecario da considerare per l'acquisto già del solo corpo macchina) e pure, qui e adesso, Pentax dai nobili lobi analogici d' Era bianconero. Artista, quindi, cui si perdona se il “manufatto” su carta “FaineArt” è più di camera-file-photoshop-elaborato-bianconero inkjet finale lo “stesso” del file monochrome-in macchina: ma che te frega. E avanti la prossima botta di markketing. Dite? No, non è sbaglio: sorry, paisà, excuse me do you understand old italian language: marchetta?

* Cuore digitale e sapore analogico. E’ lo slogan col quale viene presentata la nuova Leica, siglata M10-D. Aggiungiamo, di nostro, che serve anche a scattare fotografie.
Con questo modello, più che mai, la Casa strizza l’occhio ai “ laudatores temporis acti” (Orazio, Ars Poetica, 173) “quelli che era meglio quando si stava peggio” (Enzo Jannacci)


Copia i link ed incolla (se vi pare)

* http://www.pmstudionews.com/home/news-e-colonna-infame/news/leica-m10d-la-digitale-che-si-crede-cartier-bresson


Ci sono due nuove fotocamere che scattano solo in bianco e nero
https://www.wired.it/article/fotocamere-bianco-nero-leica-pentax/

Arrivano le Monochrome le camere senza filtro Bayer. La Pentax K-3 Mark III Monochrome
https://www.youtube-nocookie.com/embed/7XXAaZf1TL0

Revival Uber Alles
Leica Revives the M6, a 35mm Film Camera it Hasn’t Produced Since 2002
https://petapixel.com/2022/10/20/leica-revives-the-m6-a-35mm-film-camera-it-hasnt-produced-since-2002

Ps. Della Leica continuiamo a ri-dire-postare che non ce ne po' fregà de meno, viceversa in quanto possessore in illo tempore della gloriosissima Pentax K1000, spartana analogica per formato 135, e sue lenti sappiamo cosa si parla. E per non aggiungere l'Asahi-Pentax, una volta poi solo quest'ultimo logo Pentax 67, mitica sei-per-sette assolutamente stellare (un discreto numero di slide, parte dell'Archivio analogico Manunzio, è in questo formato) come pure i suoi vetri Takumar: crème de la crème!



Lavorare stanca


Altroché se è vera la cosa. I provini, quindi, immagine, in overture, traslitterati dall’analogico al digitale terrestre, molto terrestre per chi intende. Passati in codifica binaria, via Olympus E1 del glorioso 4/3 e ottica Macro Zuiko. E uno dice: ma sono “solo” cinquemilioni-di-pixel, che ci farà con questi? Tanto e da non credere una volta traslitterati, ancora, su digitale terrestre e sue malie alfanumeriche. Poi certo un po’ di manico, minimo sindacale, quanto al resto, ecco, la Premiata Ditta Photoshop...Elements. E sentiamo già i gridolini e commenti: uhhh dilettante (!) buhhh come osa e ne scrive pure! Cialtrone! Gente quando avete finito…
Traslitterazione in attesa di creare un catalogo indicizzato, dalla serie: campa cavallo! In attesa, però, ci sono i provini su Ilfobrom (non Multigrade, così un tempo) contatti archiviati numerate etc etc etc. Senonché, già sabato inizio Marzo AD 2023, scremati i negativi codificati, passo successivo l’inversione negativo/positivo per evitare di (non)capirci qualcosa, abituati come siamo a vedere tutto “positivo” corrente: lato traslato e fate come ve pare.
Senza torchietto/bromografo analogico, quando le strisce di sei fotogrammi di negativo venivano messi a contatto con foglio-carta Ilford, viene in aiuto l’utility di Photoshop Elements, nat’ vota. E così messo un foglio Canon Pro Matt nella stampante Canon Pro, il formato A3, eh, avessi voglia a provino bello grande e grosso non già lillipuziani mm 24 x mm 36 originale analogico ma a misura di credit card, via.
Poi il rituale è lo stesso Ieri & Oggi: pennarello rosso per cassare i fotogrammi che non servono, fossero ad esempio fetenzie resusciterebbero, comunque, in Pshop altro che “Lazzaro vieni fuori”. Mira + culi no? Rosso per circoscrivere, in fine, l’inquadratura. E non è finita, sì, perché terminata la stampa inkjet, come per il pane, bisogna lasciare “lievitare” o meglio “secchi” l’inchiostro, giusto ventiquattr’ore. Solo così, infatti, ci si rende conto delle (eventuali) quaglie/errori di traslitterazione monitor/stampante/stampa, o se invece tutto è ok. Intendiamoci dopo più di dieci anni a trafficare, ecco, con la materia vi rendete conto che tutto l’ambaradan tecnico fatto di sonde/spettrografi/colorimetri a pallino e questo e quest’altro serve a niente: esagerato? Beccatevi sto signore che ne dice & contraddice, ché al resto so’ chiacchiere. Ho stampato da monitor per Excel senza calibrazione alcuna…ho stampato il calendario 2023 da Mac (senza profilazione/calibratura se non di default) via Hp Indigo che è na bellezza. I file? Jpeg: Tombola oops, Bingo! Spazio colore CMYK? E quando mai, nel caso richiamato il software della Hp traduce, alla grande, RGB > CMYK. Risultato? Monitor di qua, stampa industriale on-line di là: che dire ancora? Niente. Punto a capo.
Scusi Manunzio ma perché tutta sta storia? Tutto a suo tempo!







Janez (detto)

Un furetto dolente, di chi combatte contro il proprio destino. Impiegato in sordido ufficio, dattilografo-factotum, per questo, mal sopportato (odiato?) dai suoi sodali d'avventura: un altro Fantozzi sbeffeggiato.
Intelligente o, uso dire, “scarpa grossa” e cervello fine, viene da un paese/masseria scurdat' da Crist', qui vicino. E di giorno, ché di pomeriggio postprandiale e sera lo si trova, barcollante, per le vie del centro o una di quelle traverse squallide. Mal sopporta il vino, i suoi occhi piccoli e porcini lo confermano ogni volta che vien fuori, tenendosi ai muri, da quell'antro buio e muschiato della Taverna di Santa Lucia pieno di aromi e soffritto (frattaglie interiora d'animali in salsa, brodetto) e vino versato in bicchieri ottagonali: scist', vino, da grossi otri-damigiane ad angolo del bancone di marmo grigio venato, o forse, ancora, zozz'.
Troppi anni sono passati e di Janez, al secolo L. I., più nessuna notizia: sit tibi terra levis?

NB. Il tono dell’immagine è quello d'una riproduzione su Ilfobrom via iPhone, non si sa che fine o in quale parte dell'archivio Manunzio è presente (forse) il negativo originale 135 su pellicola Hp5 Ilford




Tale & Quale



Vabbene stavo vagabondando (senza fissa dimora, ecco) sulla Rete delle mirabilia, poi certo il “caso” fa si che mi imbatta in Eugene Smith, un Grande della fotografia. E la sua camera, una Olympus Pen F ante litteram, analogica a pellicola e pure mezzo formato, che un arcano aveva messo in mano pure a me sul finire Anni Sessanta trascorso secolo, detto “breve”: mah!.
Il fatto è che la Pen era una settantadue pose su rullino da trentasei: miraculo (scritto così per chi intende)? No la mascherina interna per metà in verticale il 24x36 o formato Laica, ancora, in codice 135. Sembrava un giocattolo, eppure, la Pen era capostipite di un intero corredo fotografico e con tanto di ottiche e accessori da non dirsi. Ottiche mitiche: Zuiko le stesse, che “caso” stanno su la personale Pen F digitale: corsi e ricorsi storici? Quien sabe.
E dal “mezzo formato” sviluppata in Dektol Kodak di vasche verticali (lunghi e parallelepipedi, no tank tipo Paterson) da 35 litri, usati in tutti Lab bianconero dell'italico stivale, prestando attenzione alle già ridotte dimensioni si ricava un buon dicottoperventiquattro o un decente ventiquattrotrenta: primo su Ilfobrom Ilford mentre il secondo su foglio Vega della Ferrania.
di più non si poteva a meno di fare gli “artisti” grana (granuli d'argento stesi su materiale safety film, pellicola) come patate. Ma un'altra cosa è, diciamo, inquietante, l'immagine di Deep/Smith sembra lo specchio di Manunzio: basco (sessantottino e non celerino!) occhiali vintage e barba brizzolata: mah!

Minamata e la storia di Tomoko


Mondi incomparabili, a destra la bellissima Canson Baritata Prestige II, che pare andare a nozze con ink Canon. La somiglianza, mettiamola così, con la classica baritata tipo Gallery Ilford è impressionante per i bianchi e profondità dei neri su superficie con debole riflessione, che esalta ancor più le scure tonalità. Superba per il bianconero, eccessiva per i colori: de gustibus. In questo la “camoscio” a sinistra ha neri lievemente d'ambrato e mai profondi neanche con la 609 Maimeri, spray che ravviva pure le “morti” nuance e che qui si ferma sul “limitar di Dite” restituendo, comunque, un bel Old Style per la parte bianconero del test; su i colori dello stesso giusto effetto “evanescente” che si predilige. A dimostrazione, infine, che la Carta non è data “solo” Brand, anzi, è funzionale alla narrazione. Sicché per Belle Arti o spalmato di Solfato di Bario inkjet, il supporto (acid free senza azzurranti Oba) è una questione di linguaggio/i



Si fa presto a dire carta, giusta

Per chi ha passato i migliori anni in camera oscura e ne conserva ancora i vapori, luci inattiniche, pose e viraggi...resta nella memoria la stanza buia e sue malie alchemiche, cui è del tutto orgogliosamente debitore Manunzio.
Carte Ilford Ilfobrom, soprattutto, e in formato cartolina bianconero per i clienti. E quando nel laboratorio (Agenzia Foto-Lampo cui ero garzone, a dirla tutta, factotum) non c'era anima viva, alé stampavo le cose mie con tutto il tempo necessario a sperimentare: tutto. Bagni (chimici cosiddetti per sviluppo, ma non solo) fuori standard e carte compresa la Oriental: sì, quella di Ansel Adams. E poi la Ferrania, una in particolare, che in epoca sessantottina faceva storcere il naso.
Uno stacco. Negli anni di “piombo” la stampa bianconero, tra l'altro, oltre ad essere estremamente contrastata in accordo con i tempi (bella in questo le Vega della Ferrania, che una volta sottoposta, certi reportage, al Mentore Lanfranco Colombo della prima Canon/Diaframma poi Kodak/Diaframma in Via Brera di Milano, le espose per non so cosa) la stampa aveva, doveva avere, i bordi al “vivo” senza cornice bianca “borghese”. E se vi par strano, ai tempi del digitale terrestre, ecco, si faceva quasi a scazzottate per questo: si era tutti su di giri poiché incombeva la Rivoluzione 'taliana naturalmente all'amatriciana!
Vega, di nuovo, in formato 18 x 24 che poi mandavamo così pure ai giornali stanziale e pure più in là anche al Corriere della Sera by “Foto Lampo Sudio's” per non citare la RAI. Anzi, l' Operatore con Arriflex 16 millimetri Mimì Abbatista, rosso iroso e rubicondo, a cert'ora del giorno veniva in Studio a salutare il Patron Rocco Labriola e il presenzialista Saro Zappacosta giornalista full time. E a volte veniva quasi l'intera Redazione stile happening (l'annunciatrice all'epoca e non già giornalista, Celeste Rago venne da noi per il giorno del si, ne riparliamo un'altra volta tant'è la spettacolarità della cosa). Un'aria di altri tempi, sì, di provincia niente affatto provinciale come a dirne una non a caso: odierna Mlano (scritto proprio così per chi intende) ahhh.
Ma insieme alla Vega, Agfa e se detto Ilford, anche baritata Gallery un mostro di carta silver halide, qualche stampa ci provavo su la Camoscio Ferrania per dare aria da Saloon fine Ottocento: si usava anche per ritratti e la posa, spesso ambientata in Studio, con sposi agghindati come nel reale giorno del sì.
E da allora mai più alcun produttore vi ha pensato ad una "Camoscio": sic transit gloria mundi? Si e no perché l'altro giorno da un pacco di carta per “Belle Arti” sotto una colonna di scatole Canson, Hahnemühle e Moab amerikana (k la scriviamo sempre per killer, non a caso ma qui non è momento) e volete voi? Eccola con echi della "Camoscio" d'antan inimmaginabile a vedersi a video/ monitor che dir si voglia causa proprio la “realtà aumentata”. E finiamo qui







Immagini di produzione Manunzio vendute ed esposte in una casa signorile


Un giorno lungo dieci anni

Parafrasando un film. E l'altro ieri sistemando l'archivio cartaceo dove conservo i provini delle carte inkjet, eccoti gli ultimi fogli in diversi formati che proprio di questi tempi, Annus Horribilis 2021 o Covid che bella invenzione, uscivano dalla Pro 200 Canon dei miraculi: sì, scritto alla medievale maniera non a caso. Certo non è questo.
Sia come sia nella cartella delle carte, tutte non convenzionali ma di marca: Arches Platine (bella e setosa carta per Palladium o altre tecniche alternative umide) Fabriano Rosaspina, Canson Heritage, Winsor & Newton...Ritrovo le sfumature ed i colori così come li avevo lasciati, prima e dopo particolare trattamento che non era ancora la “pietra filosofale”, comunque molto buona, sino al momento in cui leggo la notizia e di nota Casa fotografica (!) come dire a leggermi nel pensiero: all'animaccia vostra potevate un po' prima senza farmi “dannare”. Vabbene mai dire mai. Soluzione che sperimenteremo pure questa senza dubito alcuno da anti-convenzionale convito ora e più di prima di stampador cortese. Oh stavo per scrivere “Ora e sempre resistenza” certe fisime sessantottine: che volemo fa?

Ps. Unica e bellissima eccezione nel novero dei provini recenti la Canson Infinity Baryta Prestige 340 gsm, dai colori e ancor più bianconero da “vecchia camera oscura” dei tempi gloriosi baritata Gallery Ilford, cui fa un buon verso paisà e da non credere per una “dilettantesca” stampante Pro 200 Canon, dicono certi seri e compassati (trapassati?) tromboni prezzolati, che stampano però con tecnologia Piezo: contenti loro!

Pss. Non è questo l'ambito di più che dottissima, eppur sperimentata serie di prove e controprove, ma gli inchiostri “dye” scelti per un più squillante maquillage, ecco, è voluto ricercato e perseguito con convinzione. E poi Canon sembra andare a nozze con le carte “opache” e la sfilza di casi esaminati, eh avessi voglia. Poi, infine, letteralmente con un numero, che non è della Bestia, 609 qui entriamo nella catena di smontaggio senza se e senza ma della varie: Hane-Canson-Moab dal nome biblico, Berger...Ad libitum paisà!


Ora a parte “d'ognitorno altra argilla bianca, senz'alberi, senza erba, scavata dalle acque in buche, coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare” di leviana memoria del Cristo si è fermato ad Eboli, la seconda immagine a destra è piena di “pesci” fossilizzati a bocca aperta, in verticale de i tagli del terreno; ai piedi di questi volti e poi ancora altri su un terreno di squame, scaglie di Quaternaria Era, i contrasti di luce e la stampa inkjet Canon conferisce alla scena drammatica tridimensionalità gareggiante fianco a fianco una analogica stampa: chapeau all'interprete e printmaker


AM2022AD3108

Se il Buongiorno si vede dal mattino. L'abbrivo è un problema se la notte, notoriamente nera per ragioni diciamo tecniche va, l'avete trascorsa in “bianco”. Il che per un fotografo in “bianco&nero”...E veniamo alle foto, va e che non potete gustare in diretta manco con la più pallida e sfrenata “realtà” aumentata: de che? Bianconero da brividi, e tuffo indietro di alcuni decenni ai tempi della Dark-room: stampe in camera oscura, analogiche su carta Ilfobrom e certo alla bisogna l'insostenibile leggerezza di gray nuance grigio alias Galerie per gourmet.
Ilfobrom baritata carta in gradazione fissa: 2 morbida 3 con brio sino, a volte, la 4 contrastata e mai come la 3M Ferrania, da impallidire Lanfranco Colombo (paatron della milanese galleria Kodak-Diaframma poi Ilford) che le vide, tramite un amico nella non ancora Milano da bere, stampate su 24 x 30 (stamani diamo i numeri qualità certificata Manunzio) e di reportage duro e puro come era uso all'epoca della “contestazione generale” sì, eppur marcata alla Tomasi da Lampedusa: ho detto tutto.
Stampe bianconero analogiche a lume di lampada giallo-verde, rossa di messinscena funzionavano solo in epoche d'ortocromatiche emulsioni; luce rossa, infine, adatta più ad altre posizioni, si capisce.
E la sigla? Certo: AM sta per Annunziata Mario, che in famiglia chiamiamo da sempre Enzo suo secondo nome: vedete? Nomen omen del casato e terzogenito poco somiglia al Manunzio “artistico” e però...Bussa al citofono e chiede di salire: mo'? Ma mo' sto armeggiando con uno stil-life che poi servirà per prossimo post: ahi per lo squillo e post prossimo si capisce pure questa. Abbozzo. Entra con una rossa cartella prossima a sbrindellarsi, uhmm. Ma aperta: che dire paisà? Gli occhi si lustrano per le stampe digitali ottenute tramite scannaggio, incruento a dir vero, di negativi seipersei trentasei usciti fuori dalla sua monumentale Rollei 6008, rulli che si sviluppa da sé: tombola!
Ora come si descrive l'indescrivibile? Occhio per occhio non vale: abituati al monitor, e l'infame colonna scrollante “telefonica”; obliterati dei sensi, cosa questa da stappar bottiglie gaudio e spes di algoritmi transumani dei bravi Davos boys: cosa dire? Non scantoniamo. Infatti i Sensi sono 5 numerologia esoterica a parte vi si deve aggiunge il 6° (3+3 massoncelli infernali) dell'altra metà del cielo (Manunzio c'è l'ha poppato dalla mamma) si vabbè che si fa notte.
E quindi step by step più o meno i cm 40 x 40 che il fratello scorre fogli quello che è a tutti gli effetti è, sì, un calanco materano eppure più di colline sfarinanti di leviana memoria, luce che accarezza ogni piega del terreno come pelle ancestrale con dettagli incredibili anche con la proboscide del nasino azzeccato sulla materica superficie di stampa, Canon inkjet dice il fratello. Stampe vista a giusta e debita distanza, quantomeno a misura della diagonale fotografica dicono i Sacri testi, qui veramente si termina perché mai e poi mai è possibile gustarsi una stampa bianconero digitale stampata vieppiù con i contro c...ontrasti. Chapeau.
E prima che il telo cali bisogna dire che il Buongiorno inizia dal mattino. Buongiorno? Sì, Lab in quel di San Severo, landa del Principe esoterico e sua Cappella, però, in Napoli. Fine...cifratura.

La sinestesia (dal gr. sýn «con, assieme» e aisthánomai «percepisco, comprendo»; quindi «percepisco assieme») è un procedimento retorico, per lo più con effetto metaforico, che consiste nell’associare in un’unica immagine due parole o due segmenti discorsivi riferiti a sfere sensoriali diverse.Così, Pitagora associava numeri e suoni e Aristotele confrontava gusti, colori e suoni con il tatto. Treccani online


Ps. Il Lab Buongiorno cui riferisce il fratello Mario-Enzo (Giano bifronte ?) Annunziata fa cose turche, non solo stampe con Canon principe inkjet ché la classe n'est pas de l'eau, anche rilegature artigianali: musica per le orecchie, un po' sorde a dir vero ma mica f...uorvianti di Manunzio. Da farci un pensierino. Buongiorno, ecco


Pss. Scrive il fratello..."fatto 30 facevi trenta e uno indicando il Lab link:" presto fatto e, come già avvertito, un semplice copia incolla collegamento è meglio che non trovarsi la pagina per mille e una ragione esulante da Manunzio

https://www.gicleeart.it/



Immagini ( e impaginato da Manunzio) dal ricettario lucano anni novanta per conto dell'Azienda del Turismo regionale, prodotto interamente con Zenza Bronica SQ-A e ottica Zenzanon 80 mm f 2.8; l'illuminazione alogene riflesse su muro completamente intonacato di bianco, e soffitto di pari colore. Poiché il set allestito era presso ristorante, che si era prestato alle riprese, pur doveva aprire ai clienti e da qui l'uso di attrezzature al minimo per non intralciare il normale e diuturno lavoro del ristoratore, chef e suoi collaboratori nonché l'accesso di sempre numerosi clienti in considerazione dell'ottimo rapporto qualità-prezzo


Memento audere semper
(Food Photography)

Se ne parlava un post fa. Sì, Manunzio dedica tempo al cosiddetto food da non meno di trent'anni e in analogico, pellicola dia per intenderci, Kodak Epr-64 in bagno E-6 che nottetempo, d'estate, portavamo in un Lab colore alle falde del Vulture: named volcano land not bird paisà!
Ora la cosa è lunghetta e la dividiamo ché non sarebbe “digeribile” su quella colonna infame che è il cellulare: scrollare per abbandonare subito la lettura per gli analfabeti di ritorno figurarsi l'andata, non è caso.
Food va, e antefatto l'acquisto della Zenza Bronica SQ-A, tutt'altro che ripiego di sua eccellentissima Hasselblad: oddio su le pagine di Tutti Fotografi, un malcelato stizzito articolo ne parlava, si bene, della Zenza e però...Sicché per chi ha mai usato l'un e l'altro corpo: che ce ne viene?
Consentitemi al solito uno stacco: porto i plasticoni (sacca di plastica a scomparti trasparente con dentro i sei per sei) immortalati da Zenza e sue bellissime e nitide ottiche per stizziti furibondi Zeissman. Bene l'allora Agenzia Panda Photo, sede romana, mi riceve previa telefonata e lascio in archivio i plasticoni non prima che l'imb...elle che le guarda sull'opalino e contafili nell'altra (cosiddetta lente d'ingrandimento usata per i tessuti e mutuata poi per esaminare i negativi o dia su 135, mentre per il seisei bisognava dissanguarsi con trecentomila lire di lupe, così il termine tecnico mah, della Schneider Kreuznach Magnifier 6x6 per gustarsi l'intero sei per sei...) esclama: Hasselblad, eh! Tu mo' che dici lo mandi solo a fanculo? Per chi conosce a mena dito tanto le biottiche tipo Rollei Yashica e per certi momenti Minolta (si l'aveva in dotazione un fotografo figaro-coiffeur pour dames di paese alias Lorito se memoria regge i cinquant'anni e passa di ricordo) e mono-lenti Hasselblad Zenza Bronica e la Rollei SL66, che un giorno o l'altro ri-descriveremo in ogni sua infinitesimale rotellina di ingranaggi di questo vero e proprio Panzer tedesco indistruttibile e pari lenti Zeiss come Hassel...sa il valore delle cose! E le corna? No niente “delitto d'onore” contemplato in vetusti Codice d'Onore Penale, casomai “impronta” svirgolature, si, ai quattro angoli del fotogramma: Hassel a sx ha due tacchette, Zenza i quattro lati sono “svolazzanti” Yashica arrotondati etc etc etc.
Torniamo a Zenza cui lenti erano, se ben ricordo, prodotte nientemeno che da Nikon: quando stampavo in bianconero su Galerie Ilford, il meglio del meglio, i negativi di una EC Zenza di un amico, poi diventato anche un bravo direttore della fotografia nella Milano lì lì da scolarsi le ultime gocce delle pazzie craxiane (oltre oceano governava il mondo un cowboy mezzo attore western alias Donald Reagen & Sodali europoidi di qua) Anni Ottanta secolo tramontato alle spalle: i peli del viso si potevano contare, il fotografo che come me faceva reportage a go-go. Fermiamoci qua, va...



Sottostante i link per conoscere la Zenza Bronica e il modello SQ-Q (paisà copia il link/s e provaci a verificare sul Web poiché non assumiamo nessuna responsabilità se nel frattempo sia stato rimosso etc)


https://www.nocsensei.com/camera/storia/massimilianoterzi/zenza-bronica-ovvero-la-macchina-di-zenzaburo/

https://www.nadir.it/ob-fot/ZENZA_SQA/default.htm

Nb. Di quest'ultimo collegamento esprimiamo tutta la nostra riprovazione in ragione del fatto, esposto nel post, di certa malcelata stizza. E diciamola tutta: i “fotografi veri” usavano in Era analogica Nikon & e per medio formato Hasselblad, mentre le “lastre” diecidodici erano appannaggio delle Sinar e parco lampo Elinchrom, mai e poi mai i “dilettanteschi” Bowens et simila a dirne una. Pregiudizi prezzolati, quindi, di gentaglia omologhi dei “giornalaisti” a libro paga dei citati brand, cui, tuttavia, nulla si può di male non foss'altro per prova provata, come altrettanto per la Zenza Bronica meccano-elettrica che hai mai creato problemi. Mai e non certo trattata con i guanti bianchi. Troppo spesso le “prove” o “recensioni” ancor oggi e di casi se può fornire quanti se ne vuole, uno si ha fotocopia poiché propostomi come “correttore” più di bozze coglionate a man salva!
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