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Alla mia generazione, sì, vabbé...

...avanti, il gran partito
noi siamo dei lavorator
rosso un fior c'è in petto fiorito
una fede c'è nata in cor
Noi non siam più nell'officina
entroterra, nei campi, in mar
la plebe sempre all'opra china
senza ideale in cui sperar


Archivio Manunzio. Era digitale. Contax Rts. Zeiss lens 1.7. Hp5 Ilford film in Microphen Ilford. Ilfobrom Ilford su Durst 1200. Festa dell'Unità e Giovanni puntuale veniva a chiedere (manu militari) di stampargli a gratis, ecco, questo e quello per il Partito (per dove non si è mai saputo). Giovanni, eh grembiuli! Emblematica immagine aldilà, ecco, della recinzione di Villa Santa Maria Virgo Virginis di questa landa, il gotha cittadino regionale e federazione: galattica del Pci. Aldiquà, ecco, una persona anziana (uscita forse dal Raffaele Acerenza, Ospizio ad hoc) che dal latino sta per maschera preso a vedere di cosa tratti la scena di politicanti addetti ai lavori: traffici, mazzette inzuppate di marxismo-leninismo annacquato alla Berlinguer (Segretario Pci) di quella fuffa a nome Eurocomunismo, insieme a francesi spagnoli e portoghesi, quest'ultimi per chi capisce la sottigliezza. Vabbene per gli analfabeti di ritorno, figurasi l'andata, la cosa prende nome un dì si capisce, dal fatto che durante festeggiamenti dell'ambasciata portoghese in Roma i portoghesi quelli veri, ecco, erano esentati da pagare alcunché (quanto a questo eccellono gli italioti: ieri oggi e di diman' non v'è certezza, forse). Avanti il carro davanti buoi, che han corna, si capisce...'taliani? Brava gente!



"Fare il Portoghese" di Francisco de Almeida Dias

La brutta fama che i Portoghesi hanno guadagnato a Roma, quella di entrare nei posti senza pagare (significato comune di questa espressione), è totalmente ingiusta ed ha una giustificazione storica che riscatta la fama che il popolo lusitano ha dappertutto, di essere gente umile ma onorata.

Succede che non sempre siamo stati umili… Una volta, al tempo di Giovanni V il Magnifico, il Portogallo era considerato una delle nazioni più ricche d’Europa, vale a dire del mondo di allora. Infatti, il XVIII secolo fu tempo di fastose ambasciate al papa, quella del Marchese di Fontes (1713), e quella di Mello e Castro, Conte di Galveias (1718) – quest’ultimo abitando vicino a Piazza Argentina.

Probabilmente fu lui a realizzare a Teatro Argentina degli spettacoli ai quali, naturalmente, la comunità portoghese residente a Roma, per entrare, non doveva pagare il biglietto. E così, con la furbizia che gli è caratteristica, il romano che voleva entrare senza pagare negli spettacoli faceva finta di essere portoghese…dichiarandosi: so' portoghese aò famme 'ntrà che ci ho pure a famija e mi madre e mi padre a sorella er cognato con i fii suoi a comare del pianerottolo...sora Lella



Ps. Manunzio ha avuto mai tessera del sottobosco politichese, anzi, per i fortunati e dai tratti status symbol, una volta si sarebbe detto "intellettuale" organico alla famiglia Pci con cadenza sicula; cui derivava carriera, yacht come Massimo D'Alema (che da vecchio compagno vende armi tipo "Finché c'è guerra c'è speranza" film precursore del Sordi nazional-popolare) o l'iscrizione massonica al Club di Roma come pare al furbo di treccotte Walter Veltroni, e non la finiamo più




Tale & Quale



Vabbene stavo vagabondando (senza fissa dimora, ecco) sulla Rete delle mirabilia, poi certo il “caso” fa si che mi imbatta in Eugene Smith, un Grande della fotografia. E la sua camera, una Olympus Pen F ante litteram, analogica a pellicola e pure mezzo formato, che un arcano aveva messo in mano pure a me sul finire Anni Sessanta trascorso secolo, detto “breve”: mah!.
Il fatto è che la Pen era una settantadue pose su rullino da trentasei: miraculo (scritto così per chi intende)? No la mascherina interna per metà in verticale il 24x36 o formato Laica, ancora, in codice 135. Sembrava un giocattolo, eppure, la Pen era capostipite di un intero corredo fotografico e con tanto di ottiche e accessori da non dirsi. Ottiche mitiche: Zuiko le stesse, che “caso” stanno su la personale Pen F digitale: corsi e ricorsi storici? Quien sabe.
E dal “mezzo formato” sviluppata in Dektol Kodak di vasche verticali (lunghi e parallelepipedi, no tank tipo Paterson) da 35 litri, usati in tutti Lab bianconero dell'italico stivale, prestando attenzione alle già ridotte dimensioni si ricava un buon dicottoperventiquattro o un decente ventiquattrotrenta: primo su Ilfobrom Ilford mentre il secondo su foglio Vega della Ferrania.
di più non si poteva a meno di fare gli “artisti” grana (granuli d'argento stesi su materiale safety film, pellicola) come patate. Ma un'altra cosa è, diciamo, inquietante, l'immagine di Deep/Smith sembra lo specchio di Manunzio: basco (sessantottino e non celerino!) occhiali vintage e barba brizzolata: mah!

Minamata e la storia di Tomoko


Ora a parte “d'ognitorno altra argilla bianca, senz'alberi, senza erba, scavata dalle acque in buche, coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare” di leviana memoria del Cristo si è fermato ad Eboli, la seconda immagine a destra è piena di “pesci” fossilizzati a bocca aperta, in verticale de i tagli del terreno; ai piedi di questi volti e poi ancora altri su un terreno di squame, scaglie di Quaternaria Era, i contrasti di luce e la stampa inkjet Canon conferisce alla scena drammatica tridimensionalità gareggiante fianco a fianco una analogica stampa: chapeau all'interprete e printmaker


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Se il Buongiorno si vede dal mattino. L'abbrivo è un problema se la notte, notoriamente nera per ragioni diciamo tecniche va, l'avete trascorsa in “bianco”. Il che per un fotografo in “bianco&nero”...E veniamo alle foto, va e che non potete gustare in diretta manco con la più pallida e sfrenata “realtà” aumentata: de che? Bianconero da brividi, e tuffo indietro di alcuni decenni ai tempi della Dark-room: stampe in camera oscura, analogiche su carta Ilfobrom e certo alla bisogna l'insostenibile leggerezza di gray nuance grigio alias Galerie per gourmet.
Ilfobrom baritata carta in gradazione fissa: 2 morbida 3 con brio sino, a volte, la 4 contrastata e mai come la 3M Ferrania, da impallidire Lanfranco Colombo (paatron della milanese galleria Kodak-Diaframma poi Ilford) che le vide, tramite un amico nella non ancora Milano da bere, stampate su 24 x 30 (stamani diamo i numeri qualità certificata Manunzio) e di reportage duro e puro come era uso all'epoca della “contestazione generale” sì, eppur marcata alla Tomasi da Lampedusa: ho detto tutto.
Stampe bianconero analogiche a lume di lampada giallo-verde, rossa di messinscena funzionavano solo in epoche d'ortocromatiche emulsioni; luce rossa, infine, adatta più ad altre posizioni, si capisce.
E la sigla? Certo: AM sta per Annunziata Mario, che in famiglia chiamiamo da sempre Enzo suo secondo nome: vedete? Nomen omen del casato e terzogenito poco somiglia al Manunzio “artistico” e però...Bussa al citofono e chiede di salire: mo'? Ma mo' sto armeggiando con uno stil-life che poi servirà per prossimo post: ahi per lo squillo e post prossimo si capisce pure questa. Abbozzo. Entra con una rossa cartella prossima a sbrindellarsi, uhmm. Ma aperta: che dire paisà? Gli occhi si lustrano per le stampe digitali ottenute tramite scannaggio, incruento a dir vero, di negativi seipersei trentasei usciti fuori dalla sua monumentale Rollei 6008, rulli che si sviluppa da sé: tombola!
Ora come si descrive l'indescrivibile? Occhio per occhio non vale: abituati al monitor, e l'infame colonna scrollante “telefonica”; obliterati dei sensi, cosa questa da stappar bottiglie gaudio e spes di algoritmi transumani dei bravi Davos boys: cosa dire? Non scantoniamo. Infatti i Sensi sono 5 numerologia esoterica a parte vi si deve aggiunge il 6° (3+3 massoncelli infernali) dell'altra metà del cielo (Manunzio c'è l'ha poppato dalla mamma) si vabbè che si fa notte.
E quindi step by step più o meno i cm 40 x 40 che il fratello scorre fogli quello che è a tutti gli effetti è, sì, un calanco materano eppure più di colline sfarinanti di leviana memoria, luce che accarezza ogni piega del terreno come pelle ancestrale con dettagli incredibili anche con la proboscide del nasino azzeccato sulla materica superficie di stampa, Canon inkjet dice il fratello. Stampe vista a giusta e debita distanza, quantomeno a misura della diagonale fotografica dicono i Sacri testi, qui veramente si termina perché mai e poi mai è possibile gustarsi una stampa bianconero digitale stampata vieppiù con i contro c...ontrasti. Chapeau.
E prima che il telo cali bisogna dire che il Buongiorno inizia dal mattino. Buongiorno? Sì, Lab in quel di San Severo, landa del Principe esoterico e sua Cappella, però, in Napoli. Fine...cifratura.

La sinestesia (dal gr. sýn «con, assieme» e aisthánomai «percepisco, comprendo»; quindi «percepisco assieme») è un procedimento retorico, per lo più con effetto metaforico, che consiste nell’associare in un’unica immagine due parole o due segmenti discorsivi riferiti a sfere sensoriali diverse.Così, Pitagora associava numeri e suoni e Aristotele confrontava gusti, colori e suoni con il tatto. Treccani online


Ps. Il Lab Buongiorno cui riferisce il fratello Mario-Enzo (Giano bifronte ?) Annunziata fa cose turche, non solo stampe con Canon principe inkjet ché la classe n'est pas de l'eau, anche rilegature artigianali: musica per le orecchie, un po' sorde a dir vero ma mica f...uorvianti di Manunzio. Da farci un pensierino. Buongiorno, ecco


Pss. Scrive il fratello..."fatto 30 facevi trenta e uno indicando il Lab link:" presto fatto e, come già avvertito, un semplice copia incolla collegamento è meglio che non trovarsi la pagina per mille e una ragione esulante da Manunzio

https://www.gicleeart.it/



Una giornata particolare, anche troppo. Anni Settanta. Fotolampo di Rocco Abriola agenzia di cronache e…matrimoni di provincia italiana. Camera oscura: bagni (chimica per la stampa fotografica) preparati di fresco e scaldino collegato a presa che a sua volta, da sotto il bancone di metallo, riscalda il bagnomaria e bacinella del primo sviluppo per la stampa, insieme con la bacinella dell’acqua a seguire (senza il pestifero acido acetico glaciale!) e vasca gigante color rosso fuoco per il fissaggio, indica l’inizio della sessione di stampa
Ore otto di mattino e soliti convenevoli, gira qua e di là che si fanno le nove mentre arriva Luciano dal viso schifato butterato di lumaca libidinosa all’impossibile e Pontifex della giornata in camera oscura.
Lo sgabello per la panza del boss Abriola che asside come un avventore bar sport con bretelle (un Giuliano Ferrara in sedicesimo) all’americana: all’ingresso dello studio sue immagini di Nuovaiorche, però stride con il baffo siculo e impomatata riccioluta mediterranea.
Luciano a sinistra vicino il Durst D 659 dalla torretta doppia 6x6 e 135, a latere il boss su sgabello si arrotola la camicia, manco dovesse impastare farina, alle spalle chi scrive e poco in là Diego con aria allegra come al solito d’assistenti di laboratorio.
Chiuse le luci ordinarie, tirata la porta scorrevole che divide pugigattolo (piccolo locale qui camera oscura) della rotativa, che immette nella sala di posa, e a sua volta…Accese le lampade inattiniche (non sono mai e dicasi mai a luce rossa casomai per altri “cosi” non già la carta fotografica che non desidera essere maneggiata a luci rosse..) e inserito il primo rullino 120 non ancora tagliato a strisce di tre fotogrammi (3x4) poi imbustati e messi a dormire nel cassettone archivio di altrettanti matrimoni, Luciano da l’inizio. Si parte prima con la stampa diciottoperventiquattro bianconero che il colore in formato trediciperdiciotto è ancora una rarità da inserire nell’album, comunque, bianconero di cuoio impossibile.
Luciano dà la prima posa i come diapason per i susseguenti fotogrammi dell’intero matrimonio uno dei tanti ripreso giorni addietro; più o meno come si dirà. E il foglio emulsionato di Ilfobrom Ilford dal marginatore (tiene in piano la stampa e conferisce bordi bianchi che van di moda sebbene imperversi il Sessantotto ed esegesi di stampa al vivo) nelle mani del boss a capa sotto nel bagno di sviluppo, e comincia a dondolare di qua e di là insieme a pinzate: rituale solo per la prima copia e che va bene. Poi il foglio arpionato, tant’è la delicatezza…del boss finisce nella seconda vaschetta con acqua, infine nel fissaggio dove bisogna subito “affondarlo” il cartoncino fotografico per evitare che bolle d’aria lo rovinino con macchie marroni conseguenti: da buttare.
Passano le ore. Luciano cinquetta e boss risponde e viceversa: di tutto di più tra i due marpioni e noi “ragazzi di bottega” a sopportare l’aria da camera a gas. Si perché il boss accende un’altra sigaretta, e siamo in quattro in meno venti metri quadrati, e la giornata è lunga!
Ora il boss va al galoppo, sempre seduto spaparanzato su lo sgabello, e lasciata la pinzetta mette le mani paffute e pelose nel bagno di sviluppo per manipolare meglio le copie: non succede nulla di grave alle mani tranne che, una volta usciti all’aria (!) le unghia delle dita scuriscono più della sua carnagione da marocchino stanziale qual è.
I diciottoventiquattro su Ilfobrom in gradazione morbida (n.2 su la scatola Ilford da mille fogli suddivisi per centinaia) si accatastano a latere l’ingranditore tra una chiacchiera di Luciano e Rocchino boss della Fotolampo Agenzia etc etc etc. E così una parola e l’altra i fogli ammonticchiati finiscono tutti insieme nel bagno di sviluppo, poi con nonchalance la mano dall’ultimo foglio risale gocciolante al primo e via così come pale di mulino fino al termine di tutte le copie sviluppate. Poi il tuffo in acqua e siamo a turno noi “ragazzi di bottega” (Rocchino chiacchiera mentre altra cenere finisce nel bagno) a togliere le copie dall'acqua e “affogarle” nel fissaggio aiutati da tozzo pezzo di legno a mo’ di cucchiaia per girare i ragù.
E sembra di essere una catena di montaggio: posa all’ingranditore Luciano. Presa in carico dal boss per lo sviluppo…acqua e fissaggio di noi apprendisti. Senonché la grossa bacinella cinquantapersessanta di fissaggio è satura di copie ammonticchiate, e da lì bisogna passarle in acqua del vascone porcellanato; aprire l’acqua e girare con le mani le centinaia di copie: piacevole in periodo estivo un inferno ghiacciato d’inverno con relativi stati influenzali. La turbolavatrice, che pure esiste sul mercato fotografico, il boss si guarda bene dall’acquisto (minimo investimento massimo profitto schiavizzato noi, e poi besenisse is usual, time is money etc etc etc) fino a che i troppi raffreddori presi dà modo a Luciano (il vero boss è lui e quando s’incazza a giorni dispari si ferma il laboratorio ché il boss non è c*** suo) di spagnoleggiare vanteria e mellifluo intima al boss l’acquisto. Così finalmente i raffreddori passano e tutto procede per il meglio nella camera a gas, detta camera oscura.
E che ore saranno…? Sì che il tempo non si percepisce più, eppure si fa Mezzogiorno e un po’ di pausa, fuori camera oscura, con i polmoni a riassaporare quella strana cosa che è l’ossigeno! Terminata la pausa (il boss avrà terminato un’altra sigaretta dopo la precedente) stampe e ancora stampe. Già perché insieme ai diciottoperventiquattro ora Luciano ne stampa di tredicciperdiciotto da consegnare agli sposi insieme all'album, e che regaleranno agli invitati, come “pattuito” da contratto della Fotolampo su cui è giusto e saggio stendere un velo pietoso!
Ma che accade? Il boss con la sigaretta (siamo in camera oscura) in mano a furia di parlare non s’avvede che è tutta cenere che cade, con nonchalance, nel bagno di sviluppo! Apoteosi quando le sue mani (e cenere in ammollo) corrono svelte per la posa “lunga” o sovresposta di Luciano, ciarliero a briglie sciolte, a bloccarne lo sviluppo tuffando in malo modo copia nella bacinella d’acqua: scena che pare quei soffioni nel Yosemite Park fotografati da Ansel Adams. E nelle mani di Rocchino a volte la cosa funziona altre no, siché bisogna rifare la stampa; casomai stavolta è “corta” in posa di un Luciano già scoglionato. E fa niente se la stessa a cap’ sott’ e sotto la ‘zerta (catasta pila) galleggia tragicamente a malapena a filo di bagno rimasto; tanto riemergerà quando la “bella” velatura chimica (lungo a dirsi perché) avrà “ricostruito” i mezzi toni mancanti in sorta d’interpolazione odierna a computer. Illusione.
Ecco allora che bisogna di “rimbocco” a rifare volume intero del bagno da un cilindrotto in plastica con tappo e chimici; se ne versa nella bacinella per “rianimare” l’esausto filo di sviluppo nella bacinella che nel frattempo diventa nera ai bordi neri causa di…Senonché a contatto di quello (filo) il rimbocco non a temperatura (letteratura tecnica opzionale del boss!) porta scompenso, e diversa posa per impressionare le copie che la panza su sgabello e bretelle all’americana scoglionato richiama l'infastidito Luciano, mentre altra cenere cade...
Insomma intorno alle due la camera a gas smette giusto l’attimo di andare, ognuno per la sua, a ingollare il pranzo e alle tre, massimo e un quarto, si ricomincia almeno fin le diciassette, quando esausti e cianotici per carenza di ossigeno usciamo “vivi” dalla camera oscura!
Ma non è finita perché bisogna “resettà” pulire la camera oscura (che non ha finestra d’arieggio!) e sistemare quel liquame, cosa nera puzzolente, di bagno di sviluppo che manco il Padreterno riuscirebbe più a sviluppare alcunché, nel cilindrotto senza filtraggio di cenere e nicotina a sigillo per una successiva “sessione di stampa”.
Le copie Ilfobrom tirate dalla turbolavatrice e messe in vaschette (da bucato) adesso passano sotto la rotativa, grosso cilindro cromato a specchio cui interno è resistenza riscaldante, che le asciuga stese come sono già sul lercio panno di lino grezzo (alla tapis roulant in Tempi Moderni) e conferisce alla stampa quella patina a “specchio”.
Il boss è uscito per la Pretoria, main street cittadina, Luciano chiama a telefono una sua conoscente per una…fellatio e noi due “assistenti” a ridere; così sino alle otto di sera, quando come Iddio vuole la giornataccia termina…

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