Manunzio



Hey teachers a other brick in the...ass

Libera interpretazione, forse, dei mitici Pink Floid d'antan. Ma non è questo, bensì il posteriore ricevente il “mattone” de l' ultima fatica aggiunta alla home da titolo Land(scape). Tutto qua? Si nel richiamare Leopardi:

È curioso vedere che gli uomini di molto merito hanno sempre modi semplici, e che i modi semplici sono presi come prova di poco valore

Senonché messa così quattro fattarielli, quattro parole pur necessitano. Questo perché il paesaggio (a strati) di Manunzio è pieno di cose, non meno di volti vere e proprio “presenze”. E non c'è immagine fotografica che ne contenga, così, a caso. In inizio la forma l'ora il giorno e l'atmosfera al punto giusto per uno scatto. Poi. Dopo come buon vino messo ad “invecchiare”, cambiato scena ,lato traslato o come vi pare, le stesse immagini d'archivio vengono alla linea tipico cavalli di razza. Immagini, per inciso, riprese per stragrande maggioranza con semplice, si fa per dire, Point & Shoot della scomparsa Olympus. Ecco allora riemerge dalla memoria una pubblicità d'antan “Devo dipingere una parete grande e ci vuole il pennello grande...." e di rimando s'udiva "no c'è bisogno di un grande pennello” Cinghiale la marca de l'ultimo fotogramma nel Carosello Anni Settanta. Già e non meno che il “manico”, e qui del fotografo di paesaggio Manunzio!

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Immagine ripresa in completo automatismo P ed autofocus in formato originario 4/3 su Olympus E-520 a Iso 400 in luce naturale e di riempimento flash incorporato che non invade la scena, anzi. Ottica il glorioso Olympus 14/54 2.8-3.5 dotato di fuochi mossi da ultrasuoni ancora oggi imbattibile. Ottica prima versione ché infatti ne seguì la II cui poco si sa


Santità & Linguaggi
Un Sant'uomo che un lontanissimo giorno dei Settanta passati incideva a “fresco” scene bibliche su “vile” cemento, che i barbari inglesi chissà perché chiamano “concrete”. Senonché l'altro giorno nel (in)seguire pensieri lungo la strada per l'ora d'aria, come i carcerati i pensieri, di nuovo, senza breviario Don Abbondio/Manzoni mi facevano infilare in Chiesa. Sì, quella del falegname e/o carpentiere Joshef/Giuseppe...mi fermo qui ché conosciamo Scritture e molto altro ancora avversato, guarda caso dal Cancel Culture eterodiretto.
Chiesa? Beh sì la parte esterna, muraria mal tradotta, ennesima, dal Greco biblico che traduce dall'aramaico origine e a sua volta...Occidente fondato così su la “parola” dei soliti grembiulini qui con talare!
Breve il Sant'uomo cui si conosce vita ed opere, in attesa dei miracoli, è un francescano architetto e quand'era in Brasile edificava, costruiva edifici religiosi. Mica uno sprovveduto. La Chiesa, all'epoca dei fatti, aperta alla “filippina” non certo “migrante” quanto in locale parlata, vento e gelo e anche frammisto a neve, perché il concrete affresco bisognava come affresco murario di non essere completamente asciutto, altrimenti più del suo martello-scalpello il Sant'uomo si sarebbe dovuto procurare un martello pneumatico! In archivio Manunzio ci sono immagini in bianconero della sua Opera (maiuscolo d'obbligo senza grembiule, però!) e le mani che, tastando la superficie cementizia, rincorreva il progetto ancor più del bozzetto grafico la sua composizione in capa. Insomma a farla breve ne è venuto fuori un Capolavoro di cinque pannelli più uno del fonte battesimale che richiama passi evangelici, stringati e pertinenti per chi intende il “catechismo”. Lato traslato o come più v'aggrada.
Tutta sta storia per...abituato a vedere l'Opus dalle origini l'odierna neo pitturazione (mi dicono eseguita dallo stesso Sant'uomo) stona e non poco. Anzitutto è come vedere certe ricostruzioni in 3D delle, metti caso, vie e piazze e statue romane che furono: uhm. Pare che se non “pitturi” il bianconero, mettiamola così, i beoti moderni giovani e finti tali ottuagenari analfabeti di andata & ritorno non “capiscono” se non a telecomando il colorato per l'appunto. E l'andazzo (Cancela Culture again?) è oramai la regola. E fateci caso a le ripitturazioni di foto in bianconero, metti Anni Trenta; i treni e le dame che in stazione fine Ottocento non si muovo più a scatti causa il frame-rate dell'epoca, ma passati in un Premiere qualsiasi, rallentano il passo e paiono come al contempo tempo! Una falsificazione che di più non si può. E mica solo l'ambito fotografico tout court. Anche le Scritture, e chiudiamo, vengono ripittate “aggiornate” e falsificate a enne Potenza. E scappato pure il calembour: lato traslato o Landa da dove si scrive quest'ultima perla!

PS. Linguaggi ben altro che l'infantile filastrocca: Emittente-ricevente...nel corpo poco (sopra) s'intende l'edifico sacro; sue malie e sottese liturgie; catechismo di pietra come parietali sacre pitture che lungo lo Stivale ancora oggi “catechizzano” le masse nostrane e con occhi a mandorla. Pensate che la cosa non è circoscritta alle Cattedrali europee soprattutto, infatti i loro codici edificatori sono già vitruviane proporzione esoteriche, richiami, echi. Linguaggio che si concatena ad altri codici, uno per tutti: Caravaggio in ogni salsa corrente pure se aprite il frigorifero alimentare. E i fotografi-cinematografari forse che non usano (linguaggio-luce) Rembrandt mood? Linguaggi, allora, come in sorta di caleidoscopio dell'Occidente tutto, atei compresi eterodiretti, che così si è venuto formando e morente, alleluja

Pss. La Santità non s'acquista ma la si possiede come forza della Natura (Mammasantissima Chiesa, che non ci piace la cosa perché “finita ed immanente” la chiama carisma, o predisposizione che è meglio) ma ci porterebbe molto molto lontano per le sue implicazioni da sconvolgere le “Sorti magnifiche & progressive del Capitale”; alla radice giudaico-cristiana del “besenisse” corrente; la giostra degli acquisti e sangue ad esso immolato da quanti non si piegano “alla democrazia delle regole” Stars & Stripes in salsa europoide


Banco ottico e dintorni

Immagine cover: Cambo dieci-dodici e pellicola Fujifilm 64T no Kodak Tungsten à la page. Emulsione nipponica bella e talentuosa. E fummo i primi sull'italico suolo a farne prova grazie ad un amico che a Bari ne aveva fatto, come in sordina, prime scorte e anche dell'ottima Fujichrome 100. Anzi di questa una selezione d'archivio ne inviammo ad una di quelle riviste (Bell'Italia?) che ancora lo pigliavano...il plasticone con trenta dia intelaiate. Senonché dovevano essere Kodak perché aggiunse la gentil donzella “abbiamo macchine tarate”. Tara mentale a dir vero. E tutto giocato su abile marketing, equivoco, eterodiretto al solito, anzi la chiameremmo oggi in orizzonti di guerra: sabotaggio. Certo vi era un che di vero nella taratura e stava nel fatto che i cosiddetti lab (uno o due sempre “tarati” per solo Fujifilm nella Milano da...bere all'epoca analogica) che calavano nel brodo simil Pensiero Unico per il terraqueo (lei capisce perfettamente Munari, eh) E-6; vi buttavano, anzitutto Kodak e non si chiede all'oste se il vino e buono. Le Agfachrome stupende stellari e dai grigi squisiti passate le Forche Gaudine del' E-6 unico “trattamento” per il terraqueo (pensare che prima i film li potevi “processare” a casa a venti-gradi ed inversione a luce**). E non così l'eccelsa Fujifilm che doveva stare uno o due minuti in più nella sbianca-fix sempre E-6 per avere colori giusti non affetti da “cast” magenta e bei verdi.Pure quei babbei di Progresso Fotografico lamentavano, in test aumma aumma, il “cast” richiamato.
E qui due cose: incominciammo a sviluppare da noi tanto le Kodak EPR-64: un must in brodo E6, via alternativa chimici Ornano (scomparsa la quale logo e chimica è ripreso da Bellini nazionalpopolare) che le Fujiifilm, allungando il tempo dello sbianca-fix...
La seconda è tragicomica mazzetta non altrimenti: “contrordine compagni” direte dai soliti compagni russi per noi sessantottini? Macché gli Yankee diedero disco verde (confezione Fujifilm lo sono guarda caso, come grigio le Agfachrome non a caso pure questo; giallo Kodak che su le stampe per carità di patria finiamo qui) e fu Fujfilm a sbancare con la gloriosa Velvia50, detta Kodachrome in brodo E-6 “tarato”. Una doppia pagina offset da pellicola trentacinque-millimetri da impallidire quei del National Geographic. E così tutti i lab e rotative a seguire si piegarono, al solito a novanta agli Yankee a gradi, ma vuoi mettere? Ma Fujifilm was is again the best(iale).
E ritorniamo a noi. Dunque l'immagine: Cambo camera si è detto Fujifilm. Luci? Semplice Nitraphoto sul fondo a sinistra e basso destra sebbene schermata. Props “caffettiera” fatta a mano e zampillo di cartone per “caffellatte” in tazza di latta e ovatta a mo' di schiuma: cornetto preso in pasticceria ché ancora non c'erano confezionati come appare, così, l'immagine in Manunzio.it/Still (se vi pare dateci un occhiata altrimenti amici come prima). Il solito Manunzio fra “vero” e finzione scenica. To be or not to be...beh ai posteri l'ardua sentenza, no? Mah che s'adda fa per chiudere il pezzo...

**Lungo a dirsi facile a farsi e per le Agfachrome l'inversione dopo un “normale” sviluppo in tank iniziale bianconero, consisteva nel far “prendere luce” con buona potenza luminosa artificiale: alcuni testi sacri volevano, addirittura srotolata l'intero rullino da le spirali Paterson (e con il piffero rimettere in sito) e continuare poi, al chiuso della tank, il successivo sviluppo poi sbianca-fix e lavaggio terminale va da sé. Il risultato, e che risultato, appagava la fatica di tenere a bagnomaria tutto: chimici e tank




Nb1. Epr indicava su scatoletta e rullino la dia “fresca” di giornata e si consigliava stoccaggio in frigo come per le uova appena munte...oops rilasciate. Senza la r finale, pur sempre Kodak slide, invece le diapositive già “maturate” pronte all'uso: friggi e magna. E fra pro e dilettanti emulsioni solo differenza di prezzo avec allure: archivio Manunzio docet. Vero è che dopo tempo il trattamento domestico con teutonica Jobo tank termostata da paura (!) trovammo il nostro buon Samaritano, non biblico bensì a pagamento, si capisce. Un paese alle falde del Vulture buon Aglianico, il lab che andavamo a trovare di notte quando nell'ora delle tenebre, ecco, si calavano non già strascinati orecchiette o manate caserecce, bensì i 135 e 120 diacolor (così un tempo la dizione e circolava per agenzie stile Grazia Neri la decana, qualcuno lo dica alla “pimpante” Munari: anzi che se vuole le facciamo in qualsiasi workshop a gratis un servizzietto, ma un servizietto da leccare la f...accia) del giorno. E portavamo: doppio corpo Contax e ottiche Zeiss, Asahi Pentax seisette e ottiche, Zenza Bronica...roba che neanche un sergente mangione usavamo dire durante la naja militare oserebbe
Nitraphoto 250 Watt di potenza in lampade opaline per luce artificiale simil giornata diurna velata, opalescente


Eureka!


Lo vedete che Manunzio ha ragione? Presto detto, poiché “inquilino” di Myphotoportal e pure grafomane (sorta di quasi quotidiano di spunti, riflessioni e manuale d'uso tout court che non pagate manco con un grazie, sic!) abituato agli strumenti minimi dello scrivere...accade che pur digitando tag-testuale ad esempio, è difficile venirne a capo nella “soffitta” dell'Archivio Generale. L'occhio è abituato ed associa di conseguenza, ma...Ora dopo richiesta in soccorso una new feature Myphotoportal: vale a dire una miniatura visiva del tag/post come già avviene nella lista visuale del Diary, appare anche nel Casellario Giudiziario...oops Archivio taggato. Tombola. None Bingo, già a l'merikana


Ps. Da l'archivio Manunzio dopo più di vent'anni ora si attesta sul mezzo-milione di flies, tra questi non mancano i fuochi d'artificio/fireworks. Eureka per l'appunto!




Materia Alchemica

Da l'archivio Manunzio e non siamo nella Cappella di Sangro l'alchemico frammassone in Napoli, bensì dinanzi copia in miniatura della Deposizione del Cristo. Trasfigurato e Marmorizzato velo, poi, su cui s'è scritto di tutto e di più (compreso Alberto Angela) ma non ci frega granché. Viceversa certe “traslazioni” partenopee in questa contrada da cui scriviamo, il Capoluogo del Techesasse per via di certi idrocarburi, ci incuriosisce un giorno.
Tuttavia, lo diciamo a giorni alterni per i minchiapixellisti onanisti compulsivi che immaginano d'essere fotografi, ma da mettere a rogo) certe messinscena sono ben altro per “caso”. Vedi l'altare cui si è fatto profanazione (forse c'è ancora scomunica nei confronti de li massoni, anche se l'Opus Dei o la Compagnia di Gesù cui epitome il reggente blasfemo Bergoglio Primero da la Pampas argentina, è quanto dire) poggia la “metafisica” del Corpo Incorruttibile. Manunzio ci ha messo del suo, grazie a gagliarda Olympus C-5050 de facto mini Leica da lente tagliente, riportando l'immagine o “come in Alto così in Basso” ma ci sta pure il contrario. Ah la Chiesa è detta S. M. del Sepolcro, sì, luogo questi che una volta i crociati-alchemici visitavano per arrivare, poi, in Terra Santa per l'ennesima crociata: Intelligenti pauca verba!

Ps. A destra della richiamata Chiesa, tanto per restare in argomento, in una spogliata aula frutto di “sapienziale” restauro da cani, un altare barocco conserva nel tabernacolo un frammento della Croce per antonomasia: quella della Crocifissione-Trasfigurazione...Morte e Rinascita come ricorda quel INRI, altra cosa dal Jesus Nazareno Rex Judeorum, ma "parola sacra" ma pure "parola di potere"




Janez (detto)

Un furetto dolente, di chi combatte contro il proprio destino. Impiegato in sordido ufficio, dattilografo-factotum, per questo, mal sopportato (odiato?) dai suoi sodali d'avventura: un altro Fantozzi sbeffeggiato.
Intelligente o, uso dire, “scarpa grossa” e cervello fine, viene da un paese/masseria scurdat' da Crist', qui vicino. E di giorno, ché di pomeriggio postprandiale e sera lo si trova, barcollante, per le vie del centro o una di quelle traverse squallide. Mal sopporta il vino, i suoi occhi piccoli e porcini lo confermano ogni volta che vien fuori, tenendosi ai muri, da quell'antro buio e muschiato della Taverna di Santa Lucia pieno di aromi e soffritto (frattaglie interiora d'animali in salsa, brodetto) e vino versato in bicchieri ottagonali: scist', vino, da grossi otri-damigiane ad angolo del bancone di marmo grigio venato, o forse, ancora, zozz'.
Troppi anni sono passati e di Janez, al secolo L. I., più nessuna notizia: sit tibi terra levis?

NB. Il tono dell’immagine è quello d'una riproduzione su Ilfobrom via iPhone, non si sa che fine o in quale parte dell'archivio Manunzio è presente (forse) il negativo originale 135 su pellicola Hp5 Ilford





Fresco di stampa

Beh certo quando fu “accattato” acquistato in prima edizione: AD 1970. E del perché presto detto: fotografo mica poi dozzinale, o com'era d'uso da “scattin'” dalle foto seriale senza un minimo di impronta propria, da flashata in faccia tipo casellario giudiziario. Già 'na botta di luce flash Metz e pacco batteria portato in spalla, mentre la parabola grigioverde da “sbirro” fissata con staffa all'immancabile Rollei biottica caricata d'inimitabile Agfapan 100 by Agfa ca va sans dire.
Senonché il prurito di vendere le foto, eh, contrastava le distanze sino a Milano, piazza d'armi delle agenzie, troppo lontana assai, almeno sino ai primi del Novanta: “ventennio” dopo, oh in Italia sono famosissimi i “ventenni” da Piazza Venezia in poi!
E così, su le pagine di Progresso Fotografico, d'una volta prima di subire il re-branding da compulsivo consigli per gli acquisti; mensile del linguaggio fotografico, inchieste e retropalco, per scritto per lo più da Tomesani, sì, quello di Tau Visual, e che una volta abbiamo visto vis-a-vis alla “Sala degli specchi” a Milano, mi pare il ritrovo della Stampa presente l'istrionico Lanfranco Colombo per un incontro che manco ricordiamo più. Lanfranco che si spinse, pensa te, sino a queste contrade (!) a Rionero in Vulture sede d' un pimpante Lab colore, e presso cui dopo mezzanotte e un centinaio di chilometri andata e ritorno, portavo le EPR-64 Kodak, 35 millimetri e rulli 120, scattati la mattina, ora qui ora là slide che stanno (pisolano?) nell'archivio di Manunzio religiosamente in plasticoni: dodici tasche trasparenti opaline per seipesei.
Libro formato mignon, dunque, che tracciava quello che era il “excursus” per vedere le benedette foto: si vabbè non prima di “oliare” gli ingranaggi. Mazzetta cui il Tomesani richiamava ed intendeva per l'unzione...Mai piegati all'andazzo: da Grazia Neri decana delle agenzie, cui pure provammo il “giro”.
Libro a dir vero che, tuttavia, è ritornato utile a tener la “fiamma” accesa per quelle volte (vedi Ventiquattrore supplemento al Sole Ventiquattr'ore) anche se al corrente, ultima decade il Manunzio, s'è dato all'Arte inkjet e carta cotone, Ah com maiuscola, si capisce. Mah!



La coda del Diavolo


Nel archivio fotografico Manunzio le voci sono divise in “categorie mercantili” ad evitare un catalogo di tutto e di più su unico file sterminato.
Uno stacco. Per decenni si è tenuto memoria scritta ora di questo ora di quest'altro, e di certi fenomeni strani, almeno così l'inizio, rivenuti routine in particolare momenti canonici del giorno (le ore e valenza energetica non sono uguali, bioritmi a parte, che sia).
Breve l'archivio Manunzio d’immagini viste e riviste come una Grazia Neri in quel di Milano (all'epoca analogica decana delle agenzie fotografiche italiane prima del pensiero unico a nome Getty Images) ed ero presente ai fatti, alla richiesta di una sua collaboratrice (in cerca di diapositiva o fotocolor nome a prestito da foto-colore antecedenti l'uso delle diapo) indicarle senza errori uno scatole rosso, erano suppergiù tutti di pari colore, all'interno del quale ricercare l'occorrenza. Scatoloni che esternamente portava a cartiglio “categorie” fotografiche: pretesa tutta umana di imbottigliare l'Oceano mare. E certi simili modus operandi.
Selezione d'archivio Manunzio per il portfolio del sito omonimo a ringiovanire la visone; alla “categoria” città la sottocartella “vetrine” ben più che soliti manichini e finiamo qui altrimenti invece di sveltire le cose...E un'altro stacco ricavato per caso: le immagini in oggetto pensavo averle prese con la diabolica Epson 850Z cui pure s'è scritto (basta digitare a piè pagina Diary ed esser linkati di conseguenza) e invece fotografate con “leica” tutta particolare si comprenderà il virgolettao (che tanto paiceva ad Umberto Eco, ecco). Immagini, ancora, vetrina in (dis)allestimento e scatti su “leica” come si pure detto altrove sul Diary somigliare e molto, alla “vera” sebbene il lillipuziano sensore di C 5050 Camedia Olympus ed equivaletene 35 mm passo full frame, apertura f 1.8. Iso incredibile a rileggere lo Exif a 64, eppure le foto sono di pomeriggio già notte invernale! Manichini e vetrinista, che presa com'è non si accorge della presenza, di là dal vetro in strada, del Manunzio che scatta; anche perché la vetrina ha quattro bei fari angolari elei si trova in perfetto controlluce e la isola.
Maquette dunque? Si è no certo con espressioni femminili ben fatte seppure plastica. Breve assito allo smantellamento della vetrina (di lì non passerò più e al posto della boutique odierna libreria) sino all'ultimo piedistallo...Senonché a distanza di diciotto anni, tale l'Exif dice, e in un pomeriggio domenicale fine settembre pandemico ancora assolato a queste latitudine, scatta il fermo immagine: streaming visivo riesce solo Manunzio, al suo occhio (fotografico). Siché attira lo sbuffo in testa (vetrina) rosso, immagine in alto, e guardar meglio sembra il titolo del post: una coda! Ancora, il volto, sì di pastica ma che tuttavia non ha nulla di finto, bensì umanissimo essere. Umano pensieroso triste solitario e finale. Detta così già vedo l'imbecille di turno girare l'indice alla tempia...cazzi suoi rimando perché per quanto strana la cosa, se è poi è anche “veramente” fotografo (essere non avere) avrà sperimentato almeno una volta il teatrino del Truman show in cui vive!

Riproduzioni planetarie Archivi, documenti e...pecore

Manunzio è speciale e vabbene mettiamola così, però sta storia del planetario va detta subito. E di certo non è Gaia (accontentiamo i luciferini che tengono famiglia) né il terraqueo più accessibile ai più, quanto la colonna dove una volta era la “scatola” di 35 ma e pure 16 mm analogica pellicola che in tutti gli Archivi di Stato, e altrove (da militare se ne usato al Quartier Generale in Napoli d’antan) veniva usata per copie di sicurezza** di documenti a vario titolo, comprese “pecore”: sì, una volta scuoiate, da un lato si magnavano, non prima di produrre latte (pecorino e/o caprino anche a mezza via l’un l’altro formato caciotte) e la pelle usata a mo’ di pergamena. Operazione lunga e articolata e ne parlò con me l’amica Marilù dell'Archivio statale qui dove si scrive.
Pergamene per atti solenni e contabili come sempre: scrittura cuneiforme quanto si vuole in quel di Ur (starter civiltà umana d’occidente) sono solo e soltanto pagine “Excell” Microsoft ante litteram. Certo poi quando lo scriba/sacerdote nun’ teneva at che fà riportava i cosiddetti fatti della vita, di sei mila anni fa o giù di lì . Tempo che i maligni (luciferini?) vogliono l'inizi vero dell’umana storia, altro che milioni. E visto che ci siamo, altri ancora datano il bipede Sapiens-Sapines (una sola volta sapiente, no eh!) ibridato con DNA di mattacchioni alieni solo duecentomila anni fa. E se aggiungiamo la terra “piatta” non se ne esce più.
Planetario che una volta sparita poi la pellicola, eccoti sostituito l’asse verticale (stativo) con piano, così quelli della IFF (Industria Fototecnica Firenze) e digitale da padrona. Si vabbè dirà il solito buon “tampone”. Su quella colonna ci sistemammo la Olympus 5060 WZ da micro sensore, che fa senso: in che senso? Nel senso che sputtana tutta l’architettura dei minchiapixel orchestrata quotidianamente dai soliti babilonesi, a debito.
File infine per i tipi della Eni, si avete capito bene, di un loro calendario (starà da qualche parte, impilato del monumentale archivio Manunzio) sul Tecsass ‘taliano in Lucania/Val d’Agri formato fusti di petrolio firmati appunto Eni/Agip. Luogo dove vi arrivarono i Greci da Meta-ponto, poi i mena mano romani fondarono Grumentum, e non la finiamo più.
Viceversa la stampa (calendario) in formato A3 dei file un qualcosa di fenomenale per fattura di stocastica stampa, che fa a meno del maledetto retino. Una cremosità tonale da stampa fotografico e non già tipografica in quel di Milano, tant’è vero che il contafili (usato una volta proprio nelle tipografie a controllo dei registri CMYK, poi sui plasticoni di agenzia alla Grazia Neri meneghina, a verificare i fuochi dei fotocolor detti così anziché diapò) non mente.
Insomma contafili alla mano e vedere (letterale) tanti dettagli su pezzo di carta patinata, da un sensore lilipuziano ma della stratosferica Olympus C(amedia) 5060 WZ roba da leccarsi i baffi, da intenditore. E solito “intelligenti pauca verba”
** Film di sicurezza già dal nome sorta di “fotocopia” dell’originale cartaceo o menbranaceo di animale conservato e preservandolo da “maneggi” e distruttivi, in sua vece la riproduzione filmica a base argento una volta, oggi via digitale, per studi tout court
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