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Archivi? Pare vero e proprio no sense nel corrente mondo , dove tutto (immagini suoni breve clip segnatamente) sta su un telefonino non già, appunto, stampate immagini in album e/o cassetti più o meno nobili d’archivio, o cassettiere domestiche d’antan. Storie senza maiuscola dei soliti grembiuli pure “vincitori” della Coppa del Nonno, adusi a camuffare ieri, nascondi oggi, manipola sino a domani che prima o poi il naso lungo di Pinocchio vien fuori.
Questo è ciò che chiamano (chi?) “progresso” dove la Memoria è inutile quanto ancor più dannosa al Carosello degli acquisti eterodiretto tant’è vero che necessita richiamare la filastrocca del “buon” massone di turno Or/well nomen omen:

“Who controls the past controls the future. Who controls the present controls the past”


“La fotografia nel nostro Paese (dice Rete Fotografia ndr) è un bene culturale tutelato, ma per gli archivi dei fotografi la realtà odierna si presenta sfaccettata e soprattutto incerta: pochi sono i progetti che ne favoriscono effettiva salvaguardia e valorizzazione, sporadiche le donazioni e le acquisizioni da parte di enti pubblici o privati, che li collochino all’interno del sistema dei beni culturali, e ne facilitano la loro conservazione e fruizione. In molti casi, inoltre, si assiste a scorpori e dispersioni che ne precludono definitivamente la conoscenza”.

Due casi sotto il naso di Manunzio testimonia che la cosa è drammaticamente vera. La prima il cosiddetto “Archivio Vernotico” a queste latitudini. Archivio fotografico non già di fotografo quanto personale, che travalica tuttavia le mura domestiche, poiché intriso di Storia accaduta e naturalmente vissuta dall’Autore, incontrato per quelle “coincidenze” che se le messe una dietro l’altra…
Breve l’Archivio si compone di immagini del Ventennio fascista, e cimeli, e carte, e timbri e ogni ben di Iddio che solo la caparbietà di chi scrive (c’è un fax al riguardo a testimonianza spedito a un comune qui vicino ne conserva memoria: Municipio a nome Savoia di Lucania originariamente Salvia del Brigante Passavate autore di un fallito attentato alla vita del re Umberto I di Savoia per l’appunto cui in seguito, in segno di riparazione, si chiamò il paese) ha evitato la fine indegna di un pompinoso (fellatio!) popolo italiota che si sciacqua la bocca da Cesare…alla spazzatura della Capitale e non solo! E di un Ministero (!?) della cosiddetta Cultura, appaltata sino a qualche giorno fa, esempio mica estemporaneo, al Camerata germanico Gabriel Zuchtriegel in Pompei. Ministero dato in omaggio, di terza infima categoria, nelle compagini compra & vendi governative italiote, pur di “accontentare” questo e quel amico degli amici. Accontentatore, ecco, che la mattina uscendo di casa alla classica “dove vai” della consorte replica “Al Ministero” e di rimando la querula “Mica dei Beni Culturali, dico, eh!”. Nooo mentre guadagna l’uscita il consorte ministro con fronte madida di sudore per averla fatta franca, almeno sino al giorno seguente…

Secondo e più importante “caso” quello di un archivio fotografico con foto-laboratorio, che stampava a queste latitudini già a colori negli Anni Sessanta: Bucci/Pecoriello detto Zatopec affibbiatogli per il “sotteso” correre in cerca di scoop cittadini come il mitico runner etiope Zatopec, per l’appunto, alle Olimpiadi di Roma Anni Sessanta secolo passato in cavalleria. Archivio sterminato, in mostra e per certo periodo lungo la Main street del centro storico, l'anodizzata vetrinata ne metteva in mostra immagini di “fototessere” ritoccate dallo zio di chi scrive, Panunzio.
Sicché non c’è stato verso per la beduina, animalesca, dedita a traffici poco chiari del Potere: Sindaco, Assessore alla Cultura, pensa te, di questa landa. E poi Ministero….Un muro di niente. Ora sembra che l’archivio sia sotto “tutela” delle figlie del fotografo passato e da tempo a miglior vita. Figlie che stanno a Firenze così ultime notizie. Amen.


Seppure di straforo, mica tanto, l’Archivio fotografico del Ministero sempre "cultura" in Potenza nomen omen da barzelletta...cui ha partecipato in foto chi scrive; soprattutto di un fotografo rinomato e primo “trasvolatore” via Paiper biposto, cui è lungo scrivere se non fosse che tutto ciò che oggi, pompinosamente ancora un’altra fellatio, si sa e conosce de l’Archeologia lucana: dalla costa jonica o Magna Grecia e Matera sino, qui, sotto i piedi di Malvaccaro, Domus pavimentata a tessere monocromatiche lo si deve a queso grande a nome che fu Aldo LaCapra morto tragicamente con la sua compagna di seconde nozze. Archivio ministeriale, ecco, che sta in bella mostra per chi ne vuole, sì, ma nel suttan’ (nome che una volta indicava abitazioni-grotte disotto livello strada, come si possono osservare oggi nei Sassi materani) sottoscala del richiamato Ministero qui da questa sperduta masseria lucana...del petrolio, però. E quanto a questi traffici... ci siamo intesi!


Eureka!


Lo vedete che Manunzio ha ragione? Presto detto, poiché “inquilino” di Myphotoportal e pure grafomane (sorta di quasi quotidiano di spunti, riflessioni e manuale d'uso tout court che non pagate manco con un grazie, sic!) abituato agli strumenti minimi dello scrivere...accade che pur digitando tag-testuale ad esempio, è difficile venirne a capo nella “soffitta” dell'Archivio Generale. L'occhio è abituato ed associa di conseguenza, ma...Ora dopo richiesta in soccorso una new feature Myphotoportal: vale a dire una miniatura visiva del tag/post come già avviene nella lista visuale del Diary, appare anche nel Casellario Giudiziario...oops Archivio taggato. Tombola. None Bingo, già a l'merikana


Ps. Da l'archivio Manunzio dopo più di vent'anni ora si attesta sul mezzo-milione di flies, tra questi non mancano i fuochi d'artificio/fireworks. Eureka per l'appunto!


© Foto Manunzio/Michele Annunziata

Un eterno attimo

Strano e pur vero lo stereotipo che vuole l'immagine valere mille e più parole, inespresse. Archivio della memoria il fotogramma ripreso con una signora “macchinetta”, sì, di quelle spregiativamente dette “Point&Shot” nel sintetico linguaggio passato per inglese. Olympus WZ 5060, anche questo detto e riscritto tante volte nel richiamare tale Alex Majoli nazionalpopolaare della Magnum Agency, camera usata in tempi passati e che gli e valso pure Award stellare: così va il Mondo.
Scatto inquadratura, prestito linguistico da cornice pittorica e d'altronde siamo “parenti” fotografi&pitturialisti, che conserva una malia interna. Cosa che non tutte le immagini possiedono, pur riprese in modo professionale. Malia rievocativa e non altrimenti: ieri oggi e diman' non v'è certezza, forse.
Uno scatto che ha congelato e per sempre lo stato d'animo del tempo vissuto, che lì per lì come spesso accade, non sembra. Fotogramma realizzato “senza pensarci” su. Eppure...ecco l' Eterno attimo dall'archivio digitale di Manunzio, che una ne fa e centomila ne pensa mentre sovviene alla mente la lapidaria di C. G. Jung: il gioco e la creatività stanno uno accanto all'altro di una infanzia mai dimentica, anzi, ravvivata come fuoco sacro tutti i giorni dinanzi l'omogenizzazione di massa. Il Moloch del Pensiero Unico che, per un verso ed altro, vivaddio scricchiola gli assi che si pensava eterno del babilonese tempo per chi ha orecchio, intenda





La coda del Diavolo


Nel archivio fotografico Manunzio le voci sono divise in “categorie mercantili” ad evitare un catalogo di tutto e di più su unico file sterminato.
Uno stacco. Per decenni si è tenuto memoria scritta ora di questo ora di quest'altro, e di certi fenomeni strani, almeno così l'inizio, rivenuti routine in particolare momenti canonici del giorno (le ore e valenza energetica non sono uguali, bioritmi a parte, che sia).
Breve l'archivio Manunzio d’immagini viste e riviste come una Grazia Neri in quel di Milano (all'epoca analogica decana delle agenzie fotografiche italiane prima del pensiero unico a nome Getty Images) ed ero presente ai fatti, alla richiesta di una sua collaboratrice (in cerca di diapositiva o fotocolor nome a prestito da foto-colore antecedenti l'uso delle diapo) indicarle senza errori uno scatole rosso, erano suppergiù tutti di pari colore, all'interno del quale ricercare l'occorrenza. Scatoloni che esternamente portava a cartiglio “categorie” fotografiche: pretesa tutta umana di imbottigliare l'Oceano mare. E certi simili modus operandi.
Selezione d'archivio Manunzio per il portfolio del sito omonimo a ringiovanire la visone; alla “categoria” città la sottocartella “vetrine” ben più che soliti manichini e finiamo qui altrimenti invece di sveltire le cose...E un'altro stacco ricavato per caso: le immagini in oggetto pensavo averle prese con la diabolica Epson 850Z cui pure s'è scritto (basta digitare a piè pagina Diary ed esser linkati di conseguenza) e invece fotografate con “leica” tutta particolare si comprenderà il virgolettao (che tanto paiceva ad Umberto Eco, ecco). Immagini, ancora, vetrina in (dis)allestimento e scatti su “leica” come si pure detto altrove sul Diary somigliare e molto, alla “vera” sebbene il lillipuziano sensore di C 5050 Camedia Olympus ed equivaletene 35 mm passo full frame, apertura f 1.8. Iso incredibile a rileggere lo Exif a 64, eppure le foto sono di pomeriggio già notte invernale! Manichini e vetrinista, che presa com'è non si accorge della presenza, di là dal vetro in strada, del Manunzio che scatta; anche perché la vetrina ha quattro bei fari angolari elei si trova in perfetto controlluce e la isola.
Maquette dunque? Si è no certo con espressioni femminili ben fatte seppure plastica. Breve assito allo smantellamento della vetrina (di lì non passerò più e al posto della boutique odierna libreria) sino all'ultimo piedistallo...Senonché a distanza di diciotto anni, tale l'Exif dice, e in un pomeriggio domenicale fine settembre pandemico ancora assolato a queste latitudine, scatta il fermo immagine: streaming visivo riesce solo Manunzio, al suo occhio (fotografico). Siché attira lo sbuffo in testa (vetrina) rosso, immagine in alto, e guardar meglio sembra il titolo del post: una coda! Ancora, il volto, sì di pastica ma che tuttavia non ha nulla di finto, bensì umanissimo essere. Umano pensieroso triste solitario e finale. Detta così già vedo l'imbecille di turno girare l'indice alla tempia...cazzi suoi rimando perché per quanto strana la cosa, se è poi è anche “veramente” fotografo (essere non avere) avrà sperimentato almeno una volta il teatrino del Truman show in cui vive!



Tempo & Memoria in un giro d’orizzonte omologato e pappinizzato bestemmia per la giostra degli acquisti. E poiché bastian contrari sin al midollo e oltre ne recuperiamo a beneficio delle giovani leve, che vengono fuori senza saper Nulla della precedente e detta Era analogica.
D’ora in avanti (tempo, ecco, e pazienza nel cercare tra centinaia di riviste che dalla soffitta scesi nello studiolo, al corrente o ci sta chi scrive o riviste libri...) ne proporremo regolarmente. Si anche per i vecchi e rimbambiti fotografi d’antan che nun gliene po’ fregà de meno già con un piede nell’aldilà, con Lucifero sai che risate a sangue si faranno…Chiappe loro ad libitum!

Man

Ps. Della Catalano poco sappiamo e per chi ne ha voglia di conoscere si rimanda al link. Quanto alla Olympus e della prestigiosa OM (all’epoca furono vero e proprio terremoto) è del tutto inutile aggiungere altra “acqua sotto i ponti” basterà, allora, sempre per chi ha interesse scorrere il mare magnum del web
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I libri di Man




Abstract here to speak of books, and their reliable soul, when everything around seems to fall



Nella stanza “bunker” dove ci sono pure le Olympus, su la mensola la sfinita C 5060 Wz dell’archivio fotografico e di ciò che vedete su Getty Images; le analogiche Rolleiflex Yashica Electro ancora funzionate dopo più di cinquant’anni, poi cavalletti stativi dietro la porta, di fianco il divano la borsa con dentro le ottiche Olympus con la gloriosa E1, E3, E510. E più in là una borsa metallica (quella che serviva ai fotografi a bordo campo per starci seduti sopra e molti filmati d’epoca ne dànno conto) servita il giorno che il Presidente Sandro Pertini (un grande) nel post sisma ottanta venne ad inaugurare la tanto attesa Università di Basilicata (dove zitto zitto pure abbiamo tenuto lezioni di fotografia ma non ditelo a nessuno). E ora nella scatola metallica, passata per borsa, c’è di tutto e di più compreso una mini livella: quella da muratori che uso per riproduzioni. E piena di filtri Cokin con ancora attaccato il prezzo in lire, costavano all’epoca un botto e pure di plasticaccia ma con allure della griffe francese e made d’un fotografo, favore di un fotolaboratorio (un giorno venne a tener lezione tale Lanfranco Colombo da Milano, che rimase di stucco davanti le mie trentaperquaranta bianconero, lamentando solo che, noblesse oblige, erano stampate su Politenata e non su Baryta Ilford che pure usavamo) colore del Vulture che adesso non c’è più.
Bunker con il tavolo, a latere televisione panoramix, e l’immancabile Mac, noblesse oblige pure qua, che fa il paio nell’altra stanza del figlio grafico di Sky. Mentre il portatile Winzoze come uso dire, dell’altro figlio l’usa come…televisore: digital generation.
E ancora bunker (spesso dico ai profani che vi entrano di comportarsi come si va in chiesa e il grafico figlio fa l’esatto opposto, chissà di chi ha preso…) della mia Cancelleria lo scaffalone dei libri e paio del dirimpettaio, con Enciclopedie e saggistica fotografica, sopra la mensola fianco a fianco alle Analogiche macchine cui si è detto. Ma più in là, nella nicchia ricavata che prospetta la cucina (non di solo pane vive l’uomo, no?) altra scaffalatura di classici e su tutti la Storia della Letteratura Italiana e Storia della Fotografia per i tipi, uso dire, della Einaudi. Vero che anche il comodino ne è pieno, finanche la testiera del letto, una volta fatta, come minuscolo scaffale, a contener libri anzi la notte. E riviste fotografiche a tonnellate che un giorno ho regalato alla Biblioteca Nazionale del Capoluogo della regione che si (s)fregia alla Giano bifronte di due nomi: uno aulico l’altro da servo curiale bizantino. Biblioteca dove c’è un piccolo reparto di classici su la Fotografia che ottenni all’acquisto con le “buone” dal direttore, che non fiatò anche perché quando doveva riprodurre sue cose le voleva solo e soltanto da me, sebbene fosse circondato di impiegati “fotografi” o in città da fotonegozianti che si fregiavano del titolo, uno addirittura cacagl’ o balbuziente come Ernesto Salinardi, ladro di fotografo; e un giorno lo vidi fasciato la mano armeggiando, immagino volesse aprire come scatoletta di sardine, il suo pisciatur’ (pitale ma qui in senso lato) Nikon digitale che odiava da cacagl’ come tutto il resto).
Libri che quando c’è stato e per molti anni il cielo congiunto alla linea dell’orizzonte con in mezzo chi scrive, e del tutto innocente, han fatto compagnia più e meglio del pane che a volte è mancato per la pusillanimità di “certuni” che oggi sono stati rinviati a giudizio. E poi certi altri, sodali di quelli, non pensano che il Tempo è Galantuomo. Sempre!

Man

Behind the scene




Abstract two runners enter in scene exactly when you shoot a puddle after rain in any day


Ma sarebbe meglio dire davanti. Un luogo “immaginario” frequentato in ogni tempo a pochi minuti di macchina. Pozzanghere altro tema per riempire l’archivio fotografico: certo alla Man altrimenti sarebbero fotocopie di fotocopie già viste.
Insomma a primo acchito pare l’immagine venuta fuori a caso (colpo di culo?) Sebbene di così ne avremmo almeno un centinaio. No, casomai immagini così le ottieni se si va in giro leggeri e senza borsa del “cacciatore d’immagine” e una compatta, precisamente la Olympus C 5060 Wz, senza la quale hai voglia a fare lodi di pixel (minchiapixel?) e risoluzioni. E anche perché “Ogni lassata è persa” vabbene il motto si riferisce ad anatomia alquanto umida e femminile…ma nel caso ci azzecca.
Per finire mentre l’occhio inquadrava la pozzanghera con la coda dell’occhio, su la sinistra e ancora fuori campo, due runner con scarpe da ginnastica, soggetti più interessati allo jogging e se ne vanno adagio presi e in tutt’altre faccende. E in questo caso che si fa? Aspetti poi il resto viene da sé

Man


Ps. Più che l'indicazione "stradale" del luogo cui siamo poco interessati è il soggetto pozzanghera (il suo riflesso) ripreso da altra angolazione che fa la differenza
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