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Taralli portoghesi
Buoni che è una delizia: immaginazione. Ora qui su questo Diario fatto di bottiglie messe in biglietti, ecco, l’immaginazione è al Potere come dicevamo negli Anni Settanta, quanto a Manunzio, eh avessi voglia!
Ora finito il cappello viene da osservare che i “taralli” qui han forma di lenti e della più che buona linea TTArtisan. Senonché da le sue linee un obiettivo Scifi & Tilt. Bene pure qua, solo che è un 50 millimetri e addirittura di luminosità unoequattro. Si sa che al calar delle tenebre di notte la cosa è buona assai. Forse.
Terminato il secondo pistolotto, sembra il grano del rosario dei Misteri Misteriosi. Obiettivo decentrabile: e per farci cosa? Quelle macchiette girate poi a velocità elevata che fa tanto ma tanto effetto termitaio, formicaio e via così? Se è per questo basta impiegare qualche attimo in Pshop & simili (meglio se editor movie, eh) e sparagh’ (risparmi soldi). Se poi, metti caso, s’usa una Olympus Pen F, l’interno ha la funzione che “emula” lo spostamento, che una volta serviva a far si che in architettura certi edifici non fuggissero otticamente in fuga verso l’alto innaturale: l’umana testa ha già incorporato simile ebrezza ottica e adderizza (raddrizza) le linee verticali innaturali, entro certi limiti si capisce. Ma tutta sta ammuina, ché di questo si tratta, la farsa dello shift (standarde) a dirla tutta si usa(va) su banchi ottici. Vabbene in Era Analogica, metti ancora l'imperante Nikon e saga F dal banco si infila il film 135 o Leica codice che dir si voglia, lo “slittatore” spesso ventottomillimetri (Olympus analogico ventiquattro) serviva anche per piccoli still life panfocus, lungo a dirsi uno scatto il farsi. E se proprio non si poteva portare a spasso il banco ottico la Hasselblad** aveva un accrocco (adattatore) simulante lo “slittamento ottico” per l’abbisogna. E la Rollei SL66 incorpora(va) il soffietto-piastra-ottica ergendosi e reclinando dopo l’uso, ovvio, torna(va) utile.
E sia: usavamo il trentacinque millimetri decentrabile su le nostre Contax dal costo iper-sproporzionato (e ci si lamenta delle lenti Leica!) con il limite d’essere corto. Tanto è vero che il trentacinque, e non solo su Leica, è quasi un obiettivo “normale” per chi capisce di fotografia.
Allora TTArtisan a slittamento varrebbe pena attrezzarsi con il limite d’essere pur sempre un cinquantino su le pieno formato o Full-frame. Impossibile su Aps-C pari poco più poco meno di un settanta millimetri; fuori dalla grazia di Iddio su Micro Quattro Terzi ché paragonabile, si noti paragone eh, a cento-millimetri. Troppo pure per still life alla buona. Soldi buttati. In primis e con Pshop (usiamo da incalliti dilettanti, ci dicono, la versione che sono dieci anni a nome Pshop Elements) si fa quel che si vuole, tanto chi se ne accorge a schermettino di iPhone o Android che dir si voglia? No eh. Tanto in Pshop quello “serio” che in programmi tipo Helicon Focus, che fa ottime cose per prova provata, oltre a pareggiare i conti (piani) con diaframma buono a F. 8 in più scatti si fan still life da leccare i baffi: Munari lei ce li ha?
Certo infine con “cucitura” (stitching) di più fotogrammi in ripresa esterna in post-produzione avessi voglia addrizzà chiuov’ (intraducibile, altrimenti…) di Squadra & Compasso per foto perfette di architetture “fuggenti” come l’attimo dell’omonimo film. Ma banale domanda: TTArtisan, passato nelle mani dei markettari vi fa fare (produrre) immagini che dicono qualcosa? Che strano silenzio…li fuori!

NB. Esula dal presente post ciò che alcune digicamere riesco a fare già al loro interno: panfocus o "tutto a fuoco" di un dato stili-life etc

**https://www.hasselblad.com/h-system/accessories/hts-15-tilt-and-shift-adapter/

(Copia & Incolla se vi pare)
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Ps. Tarall'- tarallo - tarallaro è da intendersi in maniera ironica come uso in dialetto: ten' u tarall' 'mman' etc
Pss. E' solo "basculabile" e non anche "decentrabile"...serve solo a portare tutto a fuoco o fuori fuoco per effetti "formicaio". Non sono come le ottiche del caso Canon



Grading meravigliao

Il video è quanto di più istruttivo si possa su la fotografia analogica. Mi spiego. C'era un signore che sbraitava su social circa il fatto che la fotografia digitale non ha niente di me3no, anzi, se non superiore all'analogica. Buon uomo gli si potrebbe rispondere perché si agita: chi la paga? Evidente che il richiamato ominide è nato nella notte come funghetto e così pensa che insieme tutt'intorno è nato il Mondo. Ragazzate (cazzate?) si capisce di chi, non solo non ci arriva, ma soprattutto nato evidente in Era analogica e per chi capisce ci si ferma qui oltre è sterile intrattenimento da circo equestre.
Il video di nuovo è l'esatta corrispondenza di quando in Era analogica si faceva per portare a casa lo scatto che ripagasse delle levatacce mattutine, in estate poco male, anzi, in altre stagioni lasciamo perdere. Cavalletto di prammatica e su non la Hasselblad o il carrarmato SL 66 Rollei, quanto una più modesta, si fa per dire, Zenza Bronica SQ-A che definire splendida è riduttivo. Porta pellicola con l'immancabile Epr-64 Pro tenuta rigorosamente, ecco, in frigo secondo dettami di Mammasantissima Kodak. Rulli 120 che di notte, dopo altrettanta camminata d'auto, si portava alle falde del Vulture, il vulcano e non l'uccello dell'inglese storpiatura, dove era un Lab colore e conoscendo i titolari si calavano, i rulli, nel' E-6 di sviluppo per riaverli perfetti ed asciutti circa un'ora dopo; solo in quel momento la giornata poteva dirsi conclusa. Ma avevamo sui vent'anni.
Macchina su cavalletto e filtri digradanti, uso dire sebbene la dizione è degradante che però i soliti cruscaroli intendono (chi li paga?) quale “degrado”: glielo fai capire che so' stronzi e non intendono se non con bustarella italiota? Tempo perso.
Digradanti Cokin e porta filtro per ogni obiettivo, bastava sostituire l'attacco filtro et voilà. E se proprio prorio volevi fare il “veri naise” lo scatto in sorta di preview su Polaroid, no? Si anche se pellicola c'era è allora la posa giusta da Lunasix Gossen, poi un secondo scatto mezzo diaframma in meno per farci stare su la stessa foto cielo e terra, diavolo ed acqua santa luminoso. Oggi è una passeggiata con l'immarcescibile Pshop, che ostinati preferiamo nella versione Elements di dieci anni fa giorno più giorno meno. Certo appena qualcuno comincia storcere il naso, di nuovo, Lightroom sulla barra Mac: mo' che volemo fa?
E il grading? Bella come domanda anche se un po' idiota. Si perché se scatti in analogico alle sei di mattino estivo, i colori quelli sono e senza grading alcuno. Se scatti in autunno, o il pomeriggio è naturale che i colori siano di conseguenza: scienza dicono. E allora già in partenza bisognava necessariamente mettere in conto cosa volevi trovare oltre ed anche il soggetto. Luce da conoscere e padroneggiare come né più né meno di una scaletta di sceneggiatura o previsualizzare alla Ansel Adams, che però scattava soprattutto in bianconero da padreterno. Oggi si scatta in Raw tanto c'è Pshop, si fotografa a mezzogiorno d'Equatore con ottiche zero virgola qualcosa e venticinquemila leghe di luce; certo poi qualcuno lamenta vignettatura e fors'anche disturbo detta grana, ma è cosa da niente. Si butta la macchina fotografica si aspetta lo zerovirgola-virgola-qualcosa obiettivo e gli Iso otto miliardi sempre in pieno sole allo Zenit equatoriale. Certo la foto vien male. Allora si butta la macchina...E lì c'è Internet delle meraviglie pieno pieno di masturbatori schizzanti l'impossibile dibattere sui social da minchiapixellisti: che dire di più? Avanti con i consigli per gli acquisti...ché la fotografai è altra cosa!


Landscape Photography | In the Field
https://www.youtube-nocookie.com/embed/tZmZm5vMWvU&feature=emb_rel_end


Ps. Nell'immagine sovrastante il fotografo punta la parte della scena su "grigio medio" fotografico al fine di esporre correttamente. Tuttavia i sacri testi consigliano l'uso della calotta spot per la misurazione con esposimetro esterno; perché, dicono sempre i richiamati testi (in analogico) la misurazione TTL delle fotocamere, quindi, in luce riflessa è poco attendibile. Strano però che qui l'occhio del fotografo passa attraverso il mirino dell'esposimetro...Fisime da circoli fotografici onanisti d'antan, d'occhi per niete allenati a cogliere e discernere le lunghezze d'onda


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Quadrato magico

Co.ma.f Roma che non esiste più come grossista di macchine fotografiche: siamo a cavallo degli Ottanta e Novanta secolo alle spalle, detto per inciso “breve” mah! Siamo in compagnia di amici che devono sbrigare servizi nella Roma di giugno torrido. Siché entrati nello store un breve scivolo antisdrucciolo, ecco l’immenso e scaffali di ogni ben di Iddio che un fotografo vorrebbe per sé. Su ripiano in bella vista la Zenza Bronica- Q (in certe review è posta anche una i, che non sappiamo esattamente cosa sia, considerato che Zenza funziona a batteria, diversamente da un Hasselbad meccnica) con otturatore controllato a “elettricità”. E poi la giapponese e la svedese, ecco, sono due universi distinti sebbene “quadrati” che è un fatto esoterico che qui ci riguarda poco.
Breve ne uscimmo dalla CO -mmercio - MA – cchine - F- otografiche dopo esborso su l’unghia di quattromilioni d’epoca, enormità e minimamente ipotizzabile se fosse stata una Hasselblad e non Bronica.
Borse del copro macchina, l'ottica ottanta millimetri detto “normale” e poi il cemtocinquanta e il padellone quaranta millimetri (uguale uguale a quello Zeiss per Rollei Sl 66, e più aggraziato e nella bella livrea grigio matt l’incarnazione per Hasselblad) e dorsi intercambiabili (scatti su pellicola colore dia e bianconero sostituendo per l'ppunto dorso in corso d’opera) e Polaroid…
Il vano bagaglio dell’auto della “gita romana” si riempi quasi tutto, altra parte è di libri che l’amico-autista preleva da un grossista capitolino per la sua libreria lucana.
La Zenza fu venduta in un momento drammatico di Manunzio, ma restano le immagini in archivio su Epr-64 Pro di Mammasantissima Kodak, pellicole 120 conservate in frigo prima dello scatto come da “letteratura”tecnica!

La schiatta Zenza Bronica
Zenza Bronica SQ-A
Zenza Bronica componenti




Diapo

In pratica una minuscola “stampa” da visionare pure controluce finestra. In seipersei e anor più, l’abbiamo scritto da qualche parte, seisette di Mamya RB 67, graziosa immagine: il bello dell’analogico fino a quando resisteranno i supporti...provatevi con un CD una Zip d’antan o chiavetta detta “unità” esterna che i furbacchioni dell’industria han dismesso di “supportare” o la bellissima obsolescenza programmata: impossibilità che il file del giorno prima e stesso produttore sofficiume non riconosce più, come certi Lp dorati (dati e foto) da sembrare vile vinile riciclato che si “conservano” nella Biblioteca Nazionale cittadina!
Giungiamo in un piccolo paesino lucano, va, per i riti (tre giri giro giro tondo rituali) del suo plurisecolare santuario; di quando andavamo dietro sta "rcheologia: antropodeché": ma chi può dirlo, e memoria sicuro.
Il luogo è impossibile per arrivarci con strade a gira stomaco: figurato e molto letterale. E prima che tutto abbia inizio la solita perlustrazione, quando: zacchete una porta messa lì quasi a dire: ‘mbé a ‘mbecille nun stai a scattà? E detto fatto. Ora quando all’imbecille è fatto vero, a volte e troppe l’impressione di essere strumento appeso a fili altrui, e va mo’ tu a sapé. Sia come sia lo scatto è della...boh. Quadrato originario sicuro di Yashica Mat 124 G, Rolleiflex biottica o Rollei Sl 66? Purtroppo memoria non ci sorregge, ahi.
Flashback anni Ottanta del Secolo “breve” alle spalle, il fornitore di materiale sensibile avverte che Durst ha in esibizione presso il suo studio-store un apparecchio per stampe dirette da dia. Ora dovete sapere che il bello della diapositiva, oltre la visione a finestra o visore da tavolo, la morte sua è fotolito per (una volta) stampa offset, cui primeggiava il National Geographic e suo Kodachrome dagli Asa-Iso Stars and Stripes tra i quindici o 25, Din omologo istituto tedesco per la standardizzazione. Quanto alla stampa da slide, diciamo domestica, una tragedia se non con costosissimi internegativi (scatto fotografico con film a colori e relativa stampa a colori) che pochi fotolaboratori nella Milano d’antan che ancora non “beveva” vi riuscivano. C'era l’immarcescibile Ciba-chrome, nominato solo con prime lettere, che restituiva cose da pazzi per intrinseca natura: duro contrasto diapo altrettanto Ciba, tant’è vero che ne tirarono fuori una versione per laboratori a basso contrasto (noi mandavamo alla Graphicolor di via Bufalotta de a Capitale) zuccherino per attenuare l’impossibile. Vero che ci aveva pensato pure Kodak ad “abbassare” il contrasto ma il materiale non prese mai piede, anche perché il modo di strutturasi del Ciba, procedimento unico sbianca-fix, ne faceva e forse ancora tutt'altra materiale “eterno” per gallerie very fine.
E così presentato il Durst diaconi 810 per stampe pure mignon da diapo, volete voi? Ne compriamo all’istante un esemplare. E una volta a casa sperimenta qui e prova là...una truffa a man salva. E si perché erano di quei giocattoli, alla lettera, per passare il temp!


Ps. Lo scatolotto (immagine allegata) montava retrostante il serbatoio contenente le Kodak "friggi e mangi" (ci pensò la Polaroid a citare in giudizio, vincendo, Kodak per furto brevetti; e chi di spada ferisce è uso dire la Polaroid ante fallimento a sua volta rivolgersi a Fujifilm per la produzione re-branded del materiale immediato in forma di scatto cartolina) e bisognava girare manovella per estrarre lo scatto; a sinistra una feritoia dove introdurre la dia in sorta di pre-view, mentre a destra l’analoga per lo scatto via bottone rosso, e due sliders per correzione colore di una impossibile replica e azzeccare la giusta esposizione, an eccezione del Vivitar.
La diapositiva che correda il post ovviamente fu ri-tagliata per adattarla alla cornice 5x5 tipica delle diapositive intelaiate

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SL 66 Rollei impareggiabile Panzer




E’ stato il tool seipersei più usato dopo la Yashica Mat 124G (impiegata per battesimi comunioni e matrimoni) la SL 66. Camera impareggiabile e discreta brandengiabilità, anche se in questo la piccoletta Hasselbad calza meglio. Strutturalmente la SL è d’una meccanica che non si ferma davanti a niente, come nei giorni del terremoto Ottanta sul cratere sismico e vento e nevischio a riprendere centri storici e chiese e castelli diroccati.
Eppure tra la tedesca Rollei e svedese Hasselbad ci sono tanti piccoli dettagli a fare differenza, come il soffietto incorporato su la prima, cosa questa che permette di entrare nei dettagli della macro anche con il solo 80 mm di base (standard del quadrato o 120 in codice).
Ma il must è nel basculaggio dell’obiettivo, che collegato al soffietto, permette di estendere enormemente la profondità di campo secondo il principio di Scheimpflug. Basculaggio che agisce entro il limite verticale di 8° verso l’alto e verso il basso (con fantasia e soprattutto pentaprsima al posto del classico pozzetto è possibile, ruotando la camera, anche su asse orizzontale). A chi sembri un limite quello di 8° consiglio basti, per esempio la vista del grandangolare Distagon 40mm innestato per notare l’impressionante aumento della profondità di campo che si ottiene. La variazione dell’angolo di inclinazione dell’obiettivo, verso l’alto o verso il basso (e anche in orizzontale con piccola acrobazia) è altresì controllabile su una scala graduata “azzeccata” su una targhetta solidale con il soffietto estensibile, e che evidenzia in un sol colpo le scale per il tiraggio del soffietto fattori di ingrandimento e l’inclinazione dell’obiettivo. Ein kleiner Panzer: clap clap clap!

Man

Rolleiflex SL 66
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