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Ferrania...uber alles


Un po' di pazienza ché Manunzio tena a capa tosta più di un notorio...Calabrese. Ora a parte questo nel post precedente su lo sviluppo bianconero Ferrania, il primo bagno in assoluto usato nella Paterson costosissima per l'epoca per noi “implume” fotografo di belle speranze, si vabbé...Insomma del bagno-sviluppo ci sfuggiva il nome del prodotto; gira che ti rigira scriviamo pure al sulfureo Gerardo Bonomo, patronimico che suona come quello del medico personale omeopata: pensavate che il Manunzio si curasse con l'allopatico “disciplinare”? E poi non lamentatevi o poveri co...lleghi fotografi, ecco, se vi beccate il solito Manunzio da più di dieci anni. Fotografia onde vibratorie o lunghezze d'onda che dir si voglia, no? E l'omeopatia questa è non meno che le altre discipline salutistiche olistiche pari sono! Sicché uk Binimi ci rispoonde di non sapere. E allora scriviamo al Museo della Fotografia Ferrania e finalmente arriva una duplice schermata di chimici Ferrania targati, nientemeno, 1961! E un litro di bagno Dolfin costicchiava, se memoria regge L. 300 più o meno quello che il Pecoriello-Bucci si faceva pagare. Ora con trecento lire che non si può convertire in Euro ché fa ride (!?) si comprava: pane, giornale, benzina, caffè al bar...ortofrutta, eh. Si era nel Boooooom economico 'taliano che si paga con magnifico interesse ancora adesso, paisà! Ma tutto è bene ché grazie alla dritta fornita la “memoria” by-passando oltre il mezzo secolo dai fatti regge di nuovo. E meno male che il Manunzio, sempre ca a cap' tuost', è arrivato sino ad oggi e con perenne camera “appesa” al collo: ieri analogica, poi un giorno faremo la lista delle camere e altro che non finisce più...oggi con un cannone montato su quel gioiello di digitale FZ300 Panasonic; bridge che rima con “ponte” . Oh paisà non ci avevo dato troppo peso (calembour?)alla cosa prima, e alla prossima!





Diapo

In pratica una minuscola “stampa” da visionare pure controluce finestra. In seipersei e anor più, l’abbiamo scritto da qualche parte, seisette di Mamya RB 67, graziosa immagine: il bello dell’analogico fino a quando resisteranno i supporti...provatevi con un CD una Zip d’antan o chiavetta detta “unità” esterna che i furbacchioni dell’industria han dismesso di “supportare” o la bellissima obsolescenza programmata: impossibilità che il file del giorno prima e stesso produttore sofficiume non riconosce più, come certi Lp dorati (dati e foto) da sembrare vile vinile riciclato che si “conservano” nella Biblioteca Nazionale cittadina!
Giungiamo in un piccolo paesino lucano, va, per i riti (tre giri giro giro tondo rituali) del suo plurisecolare santuario; di quando andavamo dietro sta "rcheologia: antropodeché": ma chi può dirlo, e memoria sicuro.
Il luogo è impossibile per arrivarci con strade a gira stomaco: figurato e molto letterale. E prima che tutto abbia inizio la solita perlustrazione, quando: zacchete una porta messa lì quasi a dire: ‘mbé a ‘mbecille nun stai a scattà? E detto fatto. Ora quando all’imbecille è fatto vero, a volte e troppe l’impressione di essere strumento appeso a fili altrui, e va mo’ tu a sapé. Sia come sia lo scatto è della...boh. Quadrato originario sicuro di Yashica Mat 124 G, Rolleiflex biottica o Rollei Sl 66? Purtroppo memoria non ci sorregge, ahi.
Flashback anni Ottanta del Secolo “breve” alle spalle, il fornitore di materiale sensibile avverte che Durst ha in esibizione presso il suo studio-store un apparecchio per stampe dirette da dia. Ora dovete sapere che il bello della diapositiva, oltre la visione a finestra o visore da tavolo, la morte sua è fotolito per (una volta) stampa offset, cui primeggiava il National Geographic e suo Kodachrome dagli Asa-Iso Stars and Stripes tra i quindici o 25, Din omologo istituto tedesco per la standardizzazione. Quanto alla stampa da slide, diciamo domestica, una tragedia se non con costosissimi internegativi (scatto fotografico con film a colori e relativa stampa a colori) che pochi fotolaboratori nella Milano d’antan che ancora non “beveva” vi riuscivano. C'era l’immarcescibile Ciba-chrome, nominato solo con prime lettere, che restituiva cose da pazzi per intrinseca natura: duro contrasto diapo altrettanto Ciba, tant’è vero che ne tirarono fuori una versione per laboratori a basso contrasto (noi mandavamo alla Graphicolor di via Bufalotta de a Capitale) zuccherino per attenuare l’impossibile. Vero che ci aveva pensato pure Kodak ad “abbassare” il contrasto ma il materiale non prese mai piede, anche perché il modo di strutturasi del Ciba, procedimento unico sbianca-fix, ne faceva e forse ancora tutt'altra materiale “eterno” per gallerie very fine.
E così presentato il Durst diaconi 810 per stampe pure mignon da diapo, volete voi? Ne compriamo all’istante un esemplare. E una volta a casa sperimenta qui e prova là...una truffa a man salva. E si perché erano di quei giocattoli, alla lettera, per passare il temp!


Ps. Lo scatolotto (immagine allegata) montava retrostante il serbatoio contenente le Kodak "friggi e mangi" (ci pensò la Polaroid a citare in giudizio, vincendo, Kodak per furto brevetti; e chi di spada ferisce è uso dire la Polaroid ante fallimento a sua volta rivolgersi a Fujifilm per la produzione re-branded del materiale immediato in forma di scatto cartolina) e bisognava girare manovella per estrarre lo scatto; a sinistra una feritoia dove introdurre la dia in sorta di pre-view, mentre a destra l’analoga per lo scatto via bottone rosso, e due sliders per correzione colore di una impossibile replica e azzeccare la giusta esposizione, an eccezione del Vivitar.
La diapositiva che correda il post ovviamente fu ri-tagliata per adattarla alla cornice 5x5 tipica delle diapositive intelaiate

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