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Immagine © Archivo Fratelli Alinari


Un mondo
Era una volta la lingua italiana: offrire il destro (braccio) per cogliere il pretesto, qui d'immagine trovata, a caso, su la Rete.
Il brusio degli astanti “è arrivato il ritrattore” materializza, su la soglia di casa, la silhouette del fotografo in abiti da cerimonia. E non si sa se il giorno del si, matrimonio che di lì a breve immortalerà, sia la figura più importante ed elegante del resto; sottotraccia la tensione percorre i futuri sposi, anche perché a lui è demandata la memoria visiva del fausto evento, formato album, che oggi è sostituito da telefonini usa e getta. Fotografie, pattuite da tempo con caparra, in bianconero trediciperdicotto per “sparagnà” qualche soldo, diciotto per ventiquattro per chi gode di certo status e, approfittando dell’evento, mostrare agli altri (l'album fotografico poi come edicole votive richiudibile girava di casa in casa) il suo “avanzamento” sociale, per di più posto fisso in questo o quell’Ente, Anni Sessanta del Novecento.
Si veniva scaricati (non eravamo patentati ché squattrinati dal patron dello studio fotografico nelle masserie più sperdute, piccoli paesi; vigeva allora la regola non scritta ma concordata in “assemblea” di categoria per la spartizione, zona d’influenza, luoghi di “conquista” cui si ricavava rendita dalle cerimonie tout court, come più o meno usanza medievale grazie soprattutto al compare locale, iscritto in una più vasta rete familiare e di compari San Giovanni; sensale, factotum, in accordo con il fotografo vi ricavava “ringraziamento” formato cartamoneta, o servigi di varia natura, patrocinato sempre dal patron lo studio fotografico, nel Capoluogo: visure catastali, ricette mediche e simila per sé e la rete di amici e famigli del clan) già di buon mattino quando tutt’intorno sembrava ed era la camerata allo squillo della tromba: chi di qui chi di là, mezzo calzati e vestiti usava dire. Un vai e vieni discretamente spaesato. E la “capera” al solito che tarda ad arrivare e preoccupazione. Tutto il tramestio avveniva fra mura domestiche della sposa, figura preminente dell’evento.
Frammisto a profumi di toilette, aleggiava per la masseria, casolare, altrettanto aroma di cucina con i suoi addetti, scelti fra le migliori della zona o da altre convicine e rinomate per preparare il pranzo nuziale, da lasciare con tanto di occhi di meraviglia, e panze piene all’inverosimile: ‘ann gì cu li man’ p’ ‘nderra. Tanto venivano “riempiti” gli invitati da tornarsene, poi, nelle proprie abitazioni satolli, sazi e pieni da "strisciare" su le ginocchia, il massimo dell’ospitalità. Crepi l’avarizia almeno quel giorno!
Nella borsa (da stadio, baule enorme) del fotografo, tra rullini 120 Agfapan bianconero, Rollei biottica doppia si sa mai, e Metz gemelli per ogni evenienza, controllato e verificato con maniacale fare il giorno prima dell’evento, trova posto finanche il bouquet per la sposa, “pensierino” da parte dello “studio fotografico” e sornione compare di San Giovanni lì presente, a sottolineare…
La mattina si presenta già calda, afosa, il sole fa la sua, ma il Metz/Multiblitz flash montato su staffa alla Rollei, e lì proprio per il fill-in ed evitare ombre sui volti (s'immagini il lieve candore della sposa e l’abbronzatura, ecco, dello sposo-zappatore e quand'altri più bianconero di così!) soprattutto all’aperto.
Il corteo finalmente avanza tra ali di folla dei paesani. Una processione elegante. Si, a volte le macchine (auto anche a nolo) sono indispensabili per il tragitto verso la Chiesa Madre, e tanto per sottolineare l’importanza del giorno e l’evento; più sovente è un procedere lento (anche troppo) del corteo con la sposa in abito bianchissimo e poco strascico (mica quei filmati bianconero Rai di regine, nobili e parvenu, spose dagli strascichi chilometrici e paggi scoglionati per la cosa!).
La sposa al braccio del babbo, del fratello nel caso avverso, finanche zio diretto muove verso destinazione. E l’ora dello scampanio e l’ingresso in chiesa addobbato lungo navate. E poi...lo sposo che prende in “carico” la sposa e…Fleshate si susseguono: scambio anelli, rituale della firma da non mancare per nessuna ragione è per questo il doppio corpo Rollei: una raffica non motorizzata ma meditata al momento giusto.
L’usciata fra scampanio, un’altra, e riso su gli sposi. Riso? Una pioggia torrenziale pure pericoloso ché era d’uso menare manciate su i poveri sposi, chini la testa a protezione del riso e “confetti” e monete auguranti, ma contundenti non poco!
Flash a seguire, manovella della Rollei un giro avanti uno dietro per “armare” l’otturatore e spingere in avanti la pellicola d’un altro fotogramma.
La sala, l’ammuina da stadio, bambini a rincorrere su l’acciottolato ancora confetti e monete; l’ingresso degli sposi con “brinns’” in coppe di metallo poi vetro pretenzioso. Tutto fra mura domestiche, tutto al più di “ristoranti” bardati, o en plein air di masseria tirata a "specchio" come non mai. Così lo sposalizio dello zio da somigliare a quei festini all’aperto stile “’mericano” come se ne vedono negli odierni schermi televisivi, a puntate, da Dallas in poi.
A sera (notte!) mezzo distrutto per il giorno, eccoti pimpante il patron azzimato ed impomatato da paura, mellifluo avvicinarsi agli sposi per i convenevoli del caso, sotto lo sguardo, a latere, del compare di San Giovanni, e rituale: “A posto?” e rimando “Si, tutt’apposto!” draconiane parole. Saluti, infine pacche su la spalla a questo e quello, infilato la macchina il fotografo di lato con il patron giusto due battute e il sonno cala inesorabile, così sino al Capoluogo. Domani è un altro giorno con sviluppo dei negativi, poi la stampa...



Ps. Tutti i giorni venivano dalla provincia ‘ncapa a lu monn’” le seicento multiple, millecento fiammanti d’autisti noleggiatori, portavano gente per i servizi più vari e disparati da sbrigare ne Capoluogo lucano. Un’avventura che si leggeva sui volti dei “forastieri” fra l'incredulo e spaurito come certi passi di Lauzi, Genova per noi.
Non c’erano liste nozze, sicché ogni regalo era per di più pensato per “praticità”. Si, i parenti più stretti chiedevano cosa abbisognasse gli sposi, per il resto si è detto.
Capera/pettinatrice/parrucchiera a domicilio la donna esperta per “aggiustare messa in piega” della sposa e della mamma, zie e…
Ritrattore con voce guttural-sguaiata sta per ritrattista fotografo




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Il Gran Visir è morto

Anche i simboli, par strano eppure ma è così, se ne vanno. Civuddin’ (cipollina a causa del suo turbante) ha dato prova della sua ultima rappresentazione.
Certo per chi vive altrove è stato per tantissimi anni l’attrazione della festa padronale. E dovete sapere che per quanto religiosa sia la festa in onore di San Gerardo patrono del Capoluogo lucano, il focus è e sarà sempre Ciuvuddin’ stravaccato nella sua carrozza con narghilè e flabellati ai lati appiedati, in sorta di Nemesi alla rovescia: un turco che voleva conquistare la Città, questa venne salvata dall’apparizione dell’opportuno stacco della regia del coro angelico (a Roma eran state le oche a starnazzar allarme) che svegliò gli armigeri addormentatesi in una sera di fine Maggio; il tempo di dare a larme a larme (alle armi alle armi)…eppure il Gran Turco sfila non già in cattività, tutt’altro. Anzi e di nuovo tutt’altro tra gli ohh degli astanti (che in quella figura si riconoscono specchiati) il suo cocchio, e lui quasi “benedicendo” saluta le ali di folla che si snodano lungo le vie cittadine il ventinove di ogni Maggio, più o meno da quattrocento anni in ricordo della battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571) ne l’Egeo, vinta dalle galee cristiane su quelle turche

Sit tibi terra levis Gran Visir Alberigo Corvino

Man fotografo dal 1969



Mur’ mur’ (a pelo di muro)

Per un certo periodo di tempo accadevano “cose strane” in sorta di regia occulta, e non chiedete perché non foss’altro il dover uscire dalla condizione spazio-tempo umana: casistica strabordante.
E dunque una “mattina” per il centro cittadino, sotto l’arco d’una delle restanti porte del Capoluogo lucano, appoggiato a pietre faccia, zacchete, un ombrello giallo: da non dirsi la perfezione della invisibile composizione! E gli scatti a complemento poiché all’epoca portavo nello zainetto la C-5050 di Olympus, de facto una piccoletta Leica in tutto e per tutto (molte delle immagini che all’epoca comparivano su Getty images erano sue). Il resto ci interessa poco: minchiapixel & minchiapixellisti

Man fotografo sin dal 1969


Ps. Accostare il giallo ombrello, già su pietre faccia a vista del sottopasso, al prospicente muro tinteggiato quale espediente per vedere l’effetto che fa, alla Jannacci



Slittamenti semantici



Photo © Michele Annunziata. Main Street Pretoria circa sette e trenta del mattino ante Parata del Santo San Gerardo insozzata e di bicchieroni di plastica da non credersi, “anteprima” di quello che attende il selciato una volta spentasi la parata, mentre corpi di giovani donne soprattutto ebbre di vino speziato caracolleranno di qua e di là per finire, forse, nelle braccia di qualcuno non meno pieno di bacco vino, a modica cifra.



AD 2018 Maggio il 29 per l’esatto. Festa di San Gerardo Patrono del Capoluogo lucano. E si ogni cosa deve essere messa sotto “protezione” che viene dai primordi degli umani.
Si prepara la Parata del Santo che ripercorre antiche storie come quella di Lepanto 7 ottobre 1571, la Battaglia contro li Turchi (oggi arrivano con i barconi Ong by Soros) o qualcosa che ha a che vedere con cristiani vs musulmani tout court. Ieri come oggi: crociate allora “esportazione” di democrazia occidentale oggi. Ma pur sempre rituale religioso la festa del Patrono (un uomo può non avere fede ma non sottrarsi alla religione diceva il buon Buonaparte da Ajaccio, Corsica Italia ante vendita dell’isola a li francise) e ne fa fede tutto il simbolismo messo in scena (messinscena?). E contraddizione che è tutto un programma. Sì perché per le vie cittadine sfilano le truppe “marocchine-turchesche-islamiche” che una volta erano scortate dai cristiani armigeri vincitori. E se una volta lo si capiva, oggi le stesse soldatesche infedeli sono ben oltre l’onore delle armi loro concesse dai “credenti”, tant’è che il Re della Festa è mica San Gerardo, macché. L’acclamato è Ciuddina nome che fa aggio con cipollina, la cipolla a turbate o questo a quella che nell'immaginario rima con “infedele” musulmano. Eppure le ovazioni lungo la parata cittadina sono per lui che passa nientemeno in carrozza trainato da neri destrieri e flabellati, stravaccato su cuscini di rosso raso si fuma pure il narghilè, da Pascià benedicente!
Anche quest’anno di sicuro sempre lui, adesso pensionato, il Pascià che abita poche centinaia di metri da chi scrive. Pizzo e tratto veramente “islamico” che una volta “conciato per la festa” è irriconoscibile da “infedele” natio. Una star che surclassa senza storia tutti gli armigeri e signori della Città che anzi a vederli più del contrasto sembrano dirgli “Eh alla buon’ora e mo’ arrivi”. Il germe del “pagano” inoculato (vaccini Lorenzini?) nella Festa padronale manco sottaciuto, anzi. E come una volta il vino, antico baccanale, si versa così l’odierno; solo che era sotto controllo e in sole osterie, adesso non più. A dir vero in sua vece più du ’nchistr’ (così chiamato il vino di queste parti quando gli si dà l’appellativo simile all’inchiostro, forte e sin troppo robusto) era d’uso la birra, Perroncini piccoletti e poi aranciate, limonate…una forma di autocontrollo che non aveva bisogno di Carabinieri per essere rispettato, vigilanza esercitata dai maschi a misura delle cose. Ecco adesso che le donne-danno-dannazione sono arrivate, il vino (naturalmente à la page più degli uomini) che tracannano en plein air da chioschi volanti lungo la Main Street detta Pretori modulata sul tracciato dei Romani, ha tutto ma proprio tutto le stimmate del rito baccanale: ordalia e sviamenti e stordimento a base di ‘nchiostr’. Una droga come un’altra per le giovani generazioni cui senso della storia è spento come essi stessi, ridotti(si) a meri consumatori tristi solitari e finali
Consigli per gli acquisti, va…

Man

"Il mondo è governato da segni e simboli, non da leggi e frasi" Confucio




Tre giorni di battaglia campale eh gente. Si proprio così. Non ci dilungheremo come facevamo sul precedente manunzio.it. Anche perché quello che qui si dice è per gli incappucciati della Massoneria potentina che vengono a sbirciare manunzio.it e poi chiamano i pari incappucciati del Tribunale in Potenza…solo che noi il gioco lo conosciamo e dei “segni &simboli” non siamo secondi a nessuno, sebbene antimassonico per definizione e spiace per i “progressisti” alla Venerabile Magaldi, cui si attende con discreta impazienza (?!?) la seconda tranche, a salve, del suo monumentale (in corpo tipografico 18 che ne gonfia la paginazione di fuffa e pure il Magaldi tiene famiglia…massonica si capisce) Massoni a responsabilità illimitata.
Ah massoncelli di borgata è inutile, come stamani vi è venuto in mente, di farmi trovare (ma chi è il vostro sgangherato art director?) un pezzo di baghetta alla fermata del solito bus verso il centro storico del Capoluogo lucano con due tagli perpendicolari al lato lungo del panino da sembrare sagome di pallottole, seguito di denunce a Carabinieri per fatti di “certa cultura” tra amici & amici che da ben sedici anni non trova risposta per la cittadinanza e pubblico erario, dinanzi ad un “cantiere” che si doveva “aprire” il 15. 04. 2013 e mai sottoposto a sequestro cautelativo da parte della vostra Magistratura consenziente?

Man

Era ora!




Abstract
here speaking a practicable alternative of Adobe Suite, only to subscription use, from Open Source of million of users and programmers around the World



Abbiamo impiegato le prime ore del mattino, quando già scriviamo per un post, con un amico circa i fatti (abbondantemente descritti nel precedente sito, pure stesso manunzio) di come la “crisi” è creata ad arte. E denunciando, nel caso di specie, maneggi di “funzionari la Pubblica Amministrazione (cittadini dicasi!) cui siamo stati oggetti di indicibile oltraggio per aver denunciato (e comparse a stampa cartacea e online) “appropriazione indebita di pubblico erario”. Ma ne diremo appena le oltre 250 pagine di solo appunti vedrà la luce. Infatti fintantoché le “carte” restano al riparo del Tribunale di Potenza (denunciato a Catanzaro competente per territorio su quel del Capoluogo lucano) casomai “smarrendosi” come accaduto in precedenza (anche questo!) ma alla ribalta e mediatica di Stampa&Regime la cosa cambierà.

E veniamo a fatti più prosaici, va. Finalmente era ora che non se ne può più di Adobe e suoi famigerati “abbonamenti”: la Suite che da Phsop passa da Lightroom, da Indesign a Illustrator (Inkscape un diavoletto di alternativa Open Source valido) …
Si perché buone notizie vengono dal versante Open Source, e dove, ad esempio, una validissima alternativa a Indesign, ecco, viene dal fantasmagorico Scribus: free or whitout money paisà (!) prossimo alla milestone 1.6. E chi l’usa e da chi viene usata per il terraqueo, non è certo un Publisher anche se…di questo semmai per una prossima volta di cose impossibile che siamo riusciti a fare! In bella mostra: letterale.
Pshop che già vanta la beffarda mascotte Welby di Gimp, anche questo free, alternativa e il buon Infinity (abbiamo della stessa softhouse ‘l’immarcescibile Tonality altro che la Suite Nik ex Google oggidì DxO per chi capisce di fotoritocco e non solo) a pagamento: una frazione che manco arriva ai cento dollari! E nel 2018 rincaratosi in Skylumil già buon Infinity. O l’altrettanto valido On1 Raw ora 2018 pari moneta. O il Phase One e suo Capture One con tanto di allure per Fotografi very nice (dorso digitale e/o full frame) in “thetered”: o lalà. E Dx0 (che ha comprato la Suite Nick da Google e prossimamente aggiornato). Tutti ottimi programmi che non fanno sentire mancanza di Pshop. Anzi in casa Adobe c’è (senza abbonamento) Pshop Elemts giunto alla release 16, da leccarsi i baffi, con Livelli etc etc etc. provato ed usato quotidianamente con Lightroom vetusto 5.5.Lightroom, ecco, che adesso si incarna in versione Darktable (ora anche Windows e parla pure ‘taliano un miracolo se si pensa che la Guidi, si il Ministro Pubblica Distruzione con la quinta “alimentare” che manda bandi cui bisogna rispondere in lingua inglese!!! E provate la stessa cosa con Francia e/o Spagna!) lingue supportate, diversamente con l’abbattuto Italiano, nei documenti della Commissione di Bruxelles) niente male e da provare: sempre a gratis paisà! Vero che c’ anche un altro dato per morto ma rinato - come la Fenice dell’unico panino l’unico motore di ricerca…unico pensiero “babilonese”! – in LightZone

Man


Tonality

Darktable

Lightzone


32 years of uninterrupted ease of use, power, beauty and excellence: Amiga Forever 7 closes the circle between gaming, productivity and preservation of digital culture while adding new features and providing access to a universe of free and legal downloads.

Amiga


Ps1. In altre epoche c’era Paint Shop gratuito poi acquistato da Corel incarnato in PaintShop Pro Ultimate. A dir vero nella Suite CorelDraw c’è il sempre da tempo il sempre valido Photo Paint: un po’ come “avere” Pshop ed Indesign. E abbiamo pure fatte “cose turche” con Corel e sue famigerate “patch” già dai tempi di Win98. Senza scordare, ma tutti lo fanno, Amiga e sue applicazione da salto nel futuro come il Paint della italica Cloanto, Piant con 32 (!) letto bene colori e cose non meno “turche”. O dalla serie siamo già stati nel Futuro e non c’era Windows mentre Mac era il tostapane in bianco&nero!

Ps2. Amiga faceva girare un soft chiamato Scala con cui fare animazioni, titoli scorrevoli (!) che venivano usati su titolatrici (!) e genlock come a Canale5. Soft con cui sperimentammo magnificamente le prime applicazioni “on demand”: un prototipo computer-televisore (Amiga aveva un uscita standard Pal!) presentato all’allora APT di Basilicata. Una prima mondiale, cui si fece poco è perché il computer la cultura informatica e Manunzio erano, come sempre, molto in anticipo, sul pecorame

Ps3 Anche per il video c’è l’ottimo freeware Hitfilm Express, la Pro è a pagamento, alternativa più che valida a Premiere Pro e FinalCut X con il fatto che il soft gira, similmente a Premiere, su Windows e Mac diversamente da FinalCut X
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