date » 13-08-2020 10:29
permalink » url
tags »
eni italia calendario, archivi stato, riproduzione analogica, riproduzione digitale documenti, fotografia digitale, olympus camedia 5060 wz, planetario archiviazione documenti, agenzia grazia neri milano, plasticoni porta dia, texana italiana valle d’agri, grumenum latina, ur cittadina mediorientale archeologia, excell microsoft, industria fototecnica firenze, pozzi petrolio val d’agri, minchiapixel,
Riproduzioni planetarie Archivi, documenti e...pecore
Manunzio è speciale e vabbene mettiamola così, però sta storia del planetario va detta subito. E di certo non è Gaia (accontentiamo i luciferini che tengono famiglia) né il terraqueo più accessibile ai più, quanto la colonna dove una volta era la “scatola” di 35 ma e pure 16 mm analogica pellicola che in tutti gli Archivi di Stato, e altrove (da militare se ne usato al Quartier Generale in Napoli d’antan) veniva usata per copie di sicurezza** di documenti a vario titolo, comprese “pecore”: sì, una volta scuoiate, da un lato si magnavano, non prima di produrre latte (pecorino e/o caprino anche a mezza via l’un l’altro formato caciotte) e la pelle usata a mo’ di pergamena. Operazione lunga e articolata e ne parlò con me l’amica Marilù dell'Archivio statale qui dove si scrive.
Pergamene per atti solenni e contabili come sempre: scrittura cuneiforme quanto si vuole in quel di Ur (starter civiltà umana d’occidente) sono solo e soltanto pagine “Excell” Microsoft ante litteram. Certo poi quando lo scriba/sacerdote nun’ teneva at che fà riportava i cosiddetti fatti della vita, di sei mila anni fa o giù di lì . Tempo che i maligni (luciferini?) vogliono l'inizi vero dell’umana storia, altro che milioni. E visto che ci siamo, altri ancora datano il bipede Sapiens-Sapines (una sola volta sapiente, no eh!) ibridato con DNA di mattacchioni alieni solo duecentomila anni fa. E se aggiungiamo la terra “piatta” non se ne esce più.
Planetario che una volta sparita poi la pellicola, eccoti sostituito l’asse verticale (stativo) con piano, così quelli della IFF (Industria Fototecnica Firenze) e digitale da padrona. Si vabbè dirà il solito buon “tampone”. Su quella colonna ci sistemammo la Olympus 5060 WZ da micro sensore, che fa senso: in che senso? Nel senso che sputtana tutta l’architettura dei minchiapixel orchestrata quotidianamente dai soliti babilonesi, a debito.
File infine per i tipi della Eni, si avete capito bene, di un loro calendario (starà da qualche parte, impilato del monumentale archivio Manunzio) sul Tecsass ‘taliano in Lucania/Val d’Agri formato fusti di petrolio firmati appunto Eni/Agip. Luogo dove vi arrivarono i Greci da Meta-ponto, poi i mena mano romani fondarono Grumentum, e non la finiamo più.
Viceversa la stampa (calendario) in formato A3 dei file un qualcosa di fenomenale per fattura di stocastica stampa, che fa a meno del maledetto retino. Una cremosità tonale da stampa fotografico e non già tipografica in quel di Milano, tant’è vero che il contafili (usato una volta proprio nelle tipografie a controllo dei registri CMYK, poi sui plasticoni di agenzia alla Grazia Neri meneghina, a verificare i fuochi dei fotocolor detti così anziché diapò) non mente.
Insomma contafili alla mano e vedere (letterale) tanti dettagli su pezzo di carta patinata, da un sensore lilipuziano ma della stratosferica Olympus C(amedia) 5060 WZ roba da leccarsi i baffi, da intenditore. E solito “intelligenti pauca verba”
** Film di sicurezza già dal nome sorta di “fotocopia” dell’originale cartaceo o menbranaceo di animale conservato e preservandolo da “maneggi” e distruttivi, in sua vece la riproduzione filmica a base argento una volta, oggi via digitale, per studi tout court