Le prime
Fujichorme 64T 4x5 RTPII diecidodici me le passò per una prova un collega stampatore che aveva minilab e poco tempo a disposizione. Il primo lotto in assoluto veniva dalla vicina Puglia mi pare, così a memoria, il grossista Antonelli in quel di Bari, mentre in giro regnava la Ektachrome 50 T(ungsteno) pure 160 Asa, odierno Iso; emulsioni per lampade e faretti a K 3200 non già flash, pur presenti in ogni studio e usati per il Belpaese su Epr 64 fra Todde (generatori costruiti a Milano) Bowens dagli ottimi monotorcia, Elinchrome e altro.
Il set simula ciò che sarebbe dovuto essere su brochure in formato A4 per una nota azienda nazionale, così l'amico fotografo stampatore notturno: sì, quante volte a sera inoltrata consegnati i rullini di negativi, subito la stampa, o lo sviluppo delle Epr 64 Ektachrome Kodak su formato Leica e, soprattutto, Zenza Bronica ottima alternativa alla Hasselblad.
Caricato lo chassis del test su la Cambo e con ottica centocinquanta millimetri il “normale” del caso, l'esposizione è prodotto da due Nitraphoto (grosse lampadine opalescenti) una per lo sfondo su la sinistra, l'altra a destra per dare “rotondità” alla scena. Su la sinistra la sagoma in cartone di cuccuma e filo di latte della stessa materia con “schiuma” che è pezzo di batuffolo per l'abbisogna
Ps. Milano da bere, città decisamente virale in tempi andati era “tarata” su materiale Kodak(chrome) e la difficoltà della Fuji di farsi degna strada, cosa puntualmente avvenuta e succhiatasi sin all'osso Kodak, era dovuta essenzialmente al diverso tempo di sbianca-fix: due minuti in più del classico calderone E-6 (forma di pensiero unico anch'esso). E poi perché le riviste poco gradivano, ne ricordiamo Bell'Italia quando provai a mandare un servizio su due plasticoni (poco più di un formato A4 in plastica opalescente con tasche per contenere 20 telatietti 135) proprio perché “tarati” sul Kodak e non già su Fuji; fintantoché non arrivò ordine dalla Amerika: contrordine compagni, dissero, d'ora in avanti (Bel)Velvia 50 l'anti Kodachrome che ne decretò la fine poiché si trattava, la giapponese dagli splendidi verdi riprodotti, ad ogni angolo del terraqueo, nel calderone E-6 si capisce. La superficie, lato emulsione, del Kodachrome è a “sbalzo” cesellato e si nota subito, così l'impressione della
Velvia 50 Asa/Iso