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© Archivio Manunzio

Una giornata campanile con abbrivo la sovrastante fotografia e non solo, immagine ricavata da un vecchio CD con il lettore che...na tragedia e siamo in casa Apple quando si dice peste e corna di Windows Os annessi & connessi (!). Alt ci siamo detti, una alla volta per carità...da Figaro canto. Insomma tons d'immagini dal "fondo" Manunzio e oggi non è cosa ma roba che andrebbe riprodotta e messa in Rete, detta così na passeggiata mica tanto e le migliaia se non milionate riga in "codice" intesa come didascalia/e esplicativa da tremare i polsi e riempire scaffali di libri/fotografici (!) e Manunzio non è così più in erba: o fotografiamo (ancora) o ci chiudiamo al Mondo e "sistemiamo" l'Archivio per future generazione, si vabbè...buonattoe!

Ps. Alcide de Gasperi la cover da questa landa durante il suo tour elettorale post fascismo (era stato protetto l'amico per tutto il tempo necessario al "nuovo" da Vaticano Spa e benedetto l'amico bello ed innocuo dagli Ameri + cani e suo famosissimo viaggio da lacchè da coda scodinzolante a prendere ordini; sì, quei Yankee "esportatori" democrazia nel caso cristiana da bravi figli ensemble "guardiani" del mondo libero e meravigliao come il cacao di Arbore. Niente di nuovo sotto il sole come l'odierna Meloni ex Movimento sociale ex fascista!. De Gasperi, poi, messo a capo dell'italietta non più in camicia nera bensì Biancofiore di sagrestie, potente cinghia di trasmissione in Sicilia e pure in Veneto alias Dc nota come Balena bianca niente Melville please. Dc...simbolo d'amore i meglie femmemn’ si fott' (pompare, chiavare, copulare?) monsignore....il controcanto comunista fra pari commedianti ma c'è voluto una vita (nostra) a capirlo!
Cover, a latere, destra di profilo, il sorridente occhiali da ginnasiale il neo Ras locale Z' Emilio Colombo, il quale dopo anni e siamo ai primi dei Settanta passati divenne pure Presidente del Consiglio...c'è un'altra foto d'archivio, sarà per la prossima volta, attorniato da tonache nere tipo Bergoglio sedute con alla sua "destra pulita dalle squadre fasciste" il Ras Nero suo mentore sponsor Mons. D'Elia. Una prece in memoria. E nel suo tour per la campagna lucana z’ Emilio Colombo (colmbo/colomba forse Babele/Babilonia come anche lo scopritore a salve dei ‘mericani?) preceduto noi più dai labari delle Legioni da poco passate, siamo in democrazia compà mica nel sempiterno fascismo italiota, da "pasionarie" cheerleadears, baccanti festanti e 'mbriache salmodianti con occhi sul basso ventre come dire..."Votatelo (z'Emilio) che è casto" Proprio così al tempo che fu si capisce

Pss. La fotografia in cover è finita nel più vasto Archivio di Manunzio pur tuttavia di Vincenzo Carrese, forse non proprio lui in persona ma un suo fotografo dell'Agenzia che non esiste più Publifoto, che riforniva di fotografie/didascalie le redazioni come dall'altro faceva a fa l'Ansa, agenzia eterodiretta di fake news da "vendere" alla lettera ai superstiti odierni giornali ed emittenti sotto il tallone del Mossad, casomai per una prossima volta. Propaganda live, no? Si oops Yes-sir! come il "mosso" del tendere la mano...De Gasperi gli avevano insegnato gli Yankee che era "very fine" porgere la mano, per i bocconi si capisce pure quest’ultima!


Chi sa fa, chi non sa insegna si chiami Verolino o Munari pari sono. Qui due inquadrature che più cinematografiche (grammatica) non si può e detto “campo” e “contro-campo” d’un signore mentre prende la cosiddetta aria nell’ora canicolare o anche nota come contr’ora; Rolleiflex 2.8 su pellicola analogica Agfapan Iso 100 poi convertita in digitale via Olympus E 1 e ottica macro. L’immagine è parte di una più ampia visone, altro che street del menga, dell’evolversi della città dal Novecento (recuperando vecchie immagini) all’odierno in cui si vive. Storia, e scenografia di un film che non sarà mai. Infine la ripresa è quella della fotocopia lo screenplay vuoi perché non ci dispiace l’aria “annebbiata” e vuoi per altre cose

“La carità* è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia”. San Paolo di Tarso. Prima lettera ai Corinzi - 1


Infatti ce ne vuole tanta ma tanta da superare Giobbe che il Padreterno gliene mandava ogni giorno secondo sadismo al momento della sveglia e, sì, pure Lui dormiva e tante cose molto difficile da distinguersi da un Zeus qualsiasi e qui non è cosa. Pazienza per più di un cinquantennio che adesso chiede conti e interessi di mora!
Dunque l’immagine e ripigliamo la terminologia di reportage ben altro dal click facile facile d’accatto effettistico, metti caso d’un Vincenzo Verolino napulitan’ fotografo, niente meno. E mettiamo subito i puntini su le i. Ora di costui ce ne po’ fregà de meno viceversa no quell’aria da “filosofo della Magna Grecia” tipica dei meridionali che il trapassato Agnelli affibbiò a Ciriaco De Mita da Nusco in quel di Avellino, Caporione della allora Democrazia Cristiana. Ciò detto, continuando a mettere i punti, ci sembra costui un’altro classico San Paolo di Tarso fulminato su la strada di Damasco, quella antica si capisce. Sennonché il Verolino ancor prima di diventare “maître” de la photo de street faceva il ragioniere, sì, come da Casoria di Totò memoria. E similitudine per similitudini quell’altro ragioniere ma internation brasilero di nascita ma “formato” alla City of London, à la page, a nome Salgado cui pur se già detto, tutto.
E veniamo a chi sa tenere una macchina fotografica, Rollei nel caso di specie e la stellare versione 2.8 non nostra, ma che usavamo a prestito all’insaputa del “Baffo” alias il patron dell’Agenzia Foto Lampo, sempre un Vincenzo Carrese e sua Publifoto in Milano in sedicesimo a queste latitudini.
La stampa, poi, via Agfapan 100 cavallo di battaglia collaudatissima pellicola bianconero teutonica, riversata all’odierno in digitale via Olympus etc, copre la vita quotidiana di provincia italiana. Storia e proprio così nel solco dei Berengo Gardin Uliano Lucas o lo stesso Luciano D’Alessandro, fotografo durante il terremoto Ottanta divenne anche editor fotografico del Mattino in Napoli: una monografia alla sua visone fotografica resta impressa, fra l’altro, su i Grandi Fotografi edito all'epoca dalla Fabbri Editore. E quindi siamo in buona compagnia, certo ognuno secondo proprie possibilità si capisce. Ecco che il reportage termine tutt'altro che passatista ha sua ragion d’essere. I ‘meri + cani che devono inventarsi qualcosa nella loro miserabile esistenza senza passato (storico) presente e di diman non v’è certezza, giocano con inutili paroline tipo “street” che se uno si sposta in periferia: cos’è mai? Street fotocopia di tons precedenti del cesso a cielo aperto a nome New York? Inutile proseguire: sì, vero conoscono anche loro hic et nuc la fine della “nazione” indispensabile al besenisse del terraqueo si capisce pure questa.
Saranno le immagini di un Verolino qualsiasi “specchio” dei tempi? Al posteriore anatomico tonante l’ardua sentenza, e per quanto ci riguarda proseguiamo tranquilli la nostra navigazione senza Logge di appartenenza e manco adepto in grembiulino sozzo di adrenocromo sangue della triplice Cia-Mossad-Pentagono che reggono l’esistenza fin quando torna utile della sacerdotessa del Nulla Sara Munari, e tutti i pari compari della Scampia/Myphotoportal. De gustibus? Mah...Fine prima parte


*Etimologia. Il termine deriva dal latino caritas (benevolenza, affetto, sostantivo di carus, cioè caro, amato, con cui San Girolamo, nella Vulgata, traduce il greco ἀγάπη, agápē (come appare nel Nuovo Testamento Greco), cioè «grazia» oppure «cura».


Ps. Come Verolino, non sponsorizzato però, possediamo una G9 Pansonic la mitica Gh4 e per gradire assai la Fz 300 delle mirabilia insieme le altre. Si certo pure corredo Olympus 4/3 e serie Pen altrimenti, e giustamente, s'incazzano le fotocamere tutt'altro dei pezzi di silicio-vetro-metal-plastica, bensì occhi oltre la semplice definizione allopatica di "protesi"






Grande Oriente d’Italia senza scomodare il venerabile Magaldi s’intende, quanto piuttosto oggetti di foggia orientaleggiante che intrigano. Piccole cose come al solito e senza null’altro che “fantasia” al netto di più di cinquant’anni di mestiere…e di sti tempi di minchiapixellisti d’accatto improvvisati e pure, pensa te, con paginettina a web! Munnezzaglia o liquame che dir si voglia: senza arte né parte tanto basta una CaNikon e il resto, mancia come diceva una volta Gabriele Agamennone oggi settantenne e nonno, che negli anni Settanta secolo breve, veniva a bottega (Fotostudio Agenzia Lampo alla Carrese d’antan) con fustino vuoto di candeggina e chiede il bagno per la stampa, così in pieno inverno con neve e scarpe da ginnastica: oyeee.
Oriente va, rimestando pensieri e fantasie con ciotolina di riso bottiglia a motivi, un’altra volta, orientali e due bacchettine da riso che non si è mai capito come capitate in casa Manunzio! Poi altri interpreti e tra cui una bella e sinuosa bottiglia, bicchieri blu cupo e tant’altro ancora.
L’immagine finale, tuttavia, si è poi concentrata su ciotola bottiglia bicchieri e bacchette. Già ma lo sfondo? Avevamo comprato uno di quei stuoini altrettanto orientale da sistemare su fondo giallo, effetto decisamente buono e alcuni scatti lo confermano. Senonché poi rovistando tra i fondali (scampoli di stoffa comprati su bancarelle) ecco la soluzione finale: tono su tono di un blu dominante.
Quanto alla la luce è la solita di finestra, dopo l’acquazzone impossibile di un Novembre prossimo a terminare, del soggiorno mentre i famigli ancora dormono e ci moviamo regolarmente in panciolle sorseggiando caffè preparato con cura maniacale, prima dello scatto finale

Man


Ps
Le immagini a corredo sono state trattate in Lightroom enfatizzando il tutto per conferire una certa aria orientale, parto senza dubbio della fervidissima fantasia di Manunzio, ma che altri manco sanno cosa sia interessati a rifare (fotocopie di fotocopie) da sera a mane lo stesso stillicidio di morti in metropoli che camminano: lato traslato e fate vobis. E le raccontano svergognati a radiofoniche webcast, senza manco nesso grammaticale!

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Rolleiflex


I confronti sono, comunque, sempre arbitrari. E così la Rollei traguardata da un iPhone4 di chi scrive a sua volta ripreso da iPhone7 da Alessandro Annunziata: due epoche a confronto, meglio dall'Analogico al Digitale come Sole e Luna

Abstract
myth of Rollei the camera made in Germany that immortalized life of million of people, camera of many reporters that have make the History of Photography


C’erano tante cose per abbandonare gli studi inizi anni Settanta del secolo trascorso. E anche perché un mio amico, lasciate anche egli penna carta e calamaio, mastriava (lavorare) da fotografo: allora il passo fu breve e saltai, ecco, dall’altra parte per diventare fotografo e con la Rollei in primis al collo.
Rollei ecco, ma non si deve immaginare che la cosa fu immediata, poterla mettere al collo, tutt’altro. Anzi ci è voluto un anno da sguattero: sì proprio così, a lavar pavimenti e vetrine dove i fotocolor a far specchietti per allodole. E ne venivano, non allodole, ma clienti. Si perché le macchinette fotografiche, molte le Bencini italiche, con pellicola nei loro scatolotti o borse (riposte in armadi o cassettiere semmai insieme al corredo…di famiglia) immortalano le classiche occasione (nascite comunione matrimonio vacanze) da mettere, in formato settedieci, negli album di famiglia a ricordo. Provatevi con gli smartphone che se…tutto va perso. Oh che bella invenzione virtuale di un Mondo altrettanto virtuale, come può esserlo Matrix. Ma non divaghiamo.
E mentre tolgo la polvere da scaffalature, non visto apro l’armadietto della flotta Rollei: una decina e su tutte spicca la F 2.8 del boss del Laboratorio Cine Foto Lampo (Agenzia Fotogiornalistica con Saro Zappacosta giornalista alla Vincenzo Carrese alias Publifoto per capirci, e mica solo Milano, via).
Girare la manovella d’avanzamento film e arma otturatore-scatto e traguardare attraverso il mirino…mentre Luciano il senior di noi fotografi in erba guarda sorridendo mentre dà i primi consigli tecnici; altro che il boss gelosissimo del mestiere (una volta lo si sarebbe pagato perché insegnasse il mestiere alle nuove leve). Molte altre cose troveranno spazio, forse, nelle prossime puntate…

Man


Rollei

L'avventura di Vincenzo Carrese e di Publifoto

Bencini


Ps. Usare la Rollei 6x6 è anzitutto questione di spina dorsale, si, e della particolare curva che assume nel fare corpo unico con la fotocamera: basta osservare (visto il revival amerikano) la persona che la porta al collo e rendersi conto all’istante se trattasi di professionista o squallido dilettante. Altra cosa la visione di “panza” proprio così, all’altezza della cinta o cintola fate vobis. Certo poi bisogna portare la Rollei all’occhio non prima di aver ribaltato, semplice pressione dell’indice, lo sportellino superiore lasciando solo una cornice per l’inquadratura finale (stessa cosa su Hasselblad) e fuoco a immagine invertita: destra-sinistra-destra. Per i reporter, che traguardavano solo ad altezza d’occhio, uno specchietto interno al pozzetto del vetro smerigliato per la messa a fuoco, in caso di necessità e agendo su la manopola laterale del fuoco…non proprio come Srl però l’obiettivo era centrato

Pss. L’impossibile lingua ‘taliana contemplava due diverse grafie: obiettivo ed obbiettivo. Il primo quale fine il secondo come “lente” poi si vede che quelli della Crusca il sedicesimo de l’Académie française che sovrintende l’altrettanta impossibile lingua francese, han pensato bene di “amalgamare” il tutto. Anche se né l’un né altro è più d’uso poiché sostituito dallo yankee “lens” all’amerikana (kappa kome killer). Insomma dalla padella alla brace (barbecue?) vabbè arrangiatevi e non se ne parli più!
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