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Chi sa fa, chi non sa insegna si chiami Verolino o Munari pari sono. Qui due inquadrature che più cinematografiche (grammatica) non si può e detto “campo” e “contro-campo” d’un signore mentre prende la cosiddetta aria nell’ora canicolare o anche nota come contr’ora; Rolleiflex 2.8 su pellicola analogica Agfapan Iso 100 poi convertita in digitale via Olympus E 1 e ottica macro. L’immagine è parte di una più ampia visone, altro che street del menga, dell’evolversi della città dal Novecento (recuperando vecchie immagini) all’odierno in cui si vive. Storia, e scenografia di un film che non sarà mai. Infine la ripresa è quella della fotocopia lo screenplay vuoi perché non ci dispiace l’aria “annebbiata” e vuoi per altre cose

“La carità* è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia”. San Paolo di Tarso. Prima lettera ai Corinzi - 1


Infatti ce ne vuole tanta ma tanta da superare Giobbe che il Padreterno gliene mandava ogni giorno secondo sadismo al momento della sveglia e, sì, pure Lui dormiva e tante cose molto difficile da distinguersi da un Zeus qualsiasi e qui non è cosa. Pazienza per più di un cinquantennio che adesso chiede conti e interessi di mora!
Dunque l’immagine e ripigliamo la terminologia di reportage ben altro dal click facile facile d’accatto effettistico, metti caso d’un Vincenzo Verolino napulitan’ fotografo, niente meno. E mettiamo subito i puntini su le i. Ora di costui ce ne po’ fregà de meno viceversa no quell’aria da “filosofo della Magna Grecia” tipica dei meridionali che il trapassato Agnelli affibbiò a Ciriaco De Mita da Nusco in quel di Avellino, Caporione della allora Democrazia Cristiana. Ciò detto, continuando a mettere i punti, ci sembra costui un’altro classico San Paolo di Tarso fulminato su la strada di Damasco, quella antica si capisce. Sennonché il Verolino ancor prima di diventare “maître” de la photo de street faceva il ragioniere, sì, come da Casoria di Totò memoria. E similitudine per similitudini quell’altro ragioniere ma internation brasilero di nascita ma “formato” alla City of London, à la page, a nome Salgado cui pur se già detto, tutto.
E veniamo a chi sa tenere una macchina fotografica, Rollei nel caso di specie e la stellare versione 2.8 non nostra, ma che usavamo a prestito all’insaputa del “Baffo” alias il patron dell’Agenzia Foto Lampo, sempre un Vincenzo Carrese e sua Publifoto in Milano in sedicesimo a queste latitudini.
La stampa, poi, via Agfapan 100 cavallo di battaglia collaudatissima pellicola bianconero teutonica, riversata all’odierno in digitale via Olympus etc, copre la vita quotidiana di provincia italiana. Storia e proprio così nel solco dei Berengo Gardin Uliano Lucas o lo stesso Luciano D’Alessandro, fotografo durante il terremoto Ottanta divenne anche editor fotografico del Mattino in Napoli: una monografia alla sua visone fotografica resta impressa, fra l’altro, su i Grandi Fotografi edito all'epoca dalla Fabbri Editore. E quindi siamo in buona compagnia, certo ognuno secondo proprie possibilità si capisce. Ecco che il reportage termine tutt'altro che passatista ha sua ragion d’essere. I ‘meri + cani che devono inventarsi qualcosa nella loro miserabile esistenza senza passato (storico) presente e di diman non v’è certezza, giocano con inutili paroline tipo “street” che se uno si sposta in periferia: cos’è mai? Street fotocopia di tons precedenti del cesso a cielo aperto a nome New York? Inutile proseguire: sì, vero conoscono anche loro hic et nuc la fine della “nazione” indispensabile al besenisse del terraqueo si capisce pure questa.
Saranno le immagini di un Verolino qualsiasi “specchio” dei tempi? Al posteriore anatomico tonante l’ardua sentenza, e per quanto ci riguarda proseguiamo tranquilli la nostra navigazione senza Logge di appartenenza e manco adepto in grembiulino sozzo di adrenocromo sangue della triplice Cia-Mossad-Pentagono che reggono l’esistenza fin quando torna utile della sacerdotessa del Nulla Sara Munari, e tutti i pari compari della Scampia/Myphotoportal. De gustibus? Mah...Fine prima parte


*Etimologia. Il termine deriva dal latino caritas (benevolenza, affetto, sostantivo di carus, cioè caro, amato, con cui San Girolamo, nella Vulgata, traduce il greco ἀγάπη, agápē (come appare nel Nuovo Testamento Greco), cioè «grazia» oppure «cura».


Ps. Come Verolino, non sponsorizzato però, possediamo una G9 Pansonic la mitica Gh4 e per gradire assai la Fz 300 delle mirabilia insieme le altre. Si certo pure corredo Olympus 4/3 e serie Pen altrimenti, e giustamente, s'incazzano le fotocamere tutt'altro dei pezzi di silicio-vetro-metal-plastica, bensì occhi oltre la semplice definizione allopatica di "protesi"





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A volte trovarsi al posto e momento giusto fa la differenza con l’appostamento in capanno stile cacciatore. E non detto che uno zaino pieno di ogni lunghezza focale torni utile, sarà, e non meno il manico del fotografo a far differenza e che non si trova di certo negli zaini affardellati di tutto e di più. Occhio come mestiere a pendant, si capisce



G 500
G500 telemetro molto tascabile made Ricoh, la piccoletta azienda che si è pappata (acquisita) nientemeno che la gloriosa Asahi un tempo, odierno solo brand Pentax. Sì, quella della saga digitale Gr che se la contende, a buon diritto, con l’altra bella narrazione a nome Fujifilm X100 arrivata alla V (come vittoria stile sui tank russi vs ucraini, o come vendetta?) reincarnazione. Ma non divaghiamo
La G 500* formidabile tutto fare e dalle buone immagini by Rikenon ottiche, non da meno degli altri brand(y). E con una chicca, la 500 G, insuperata: motore, e non a batteria! Oh bella dirà qualcuno, e come? A molla, con ampia manovella di ricarica per dieci (!) scatti consecutivi.
Una mattina, dunque, eravamo saliti al pianoro sovrastante questa latitudine (dove sarebbe dovuto sorgere un aeroporto e fosse stato così, un aereo sì l’altro pure sarebbe precipitato, causa turbinio d’aria senza se e senza ma: infernalia a dirla tutta e dove, ancora una, lì messi come riserva indiana i container-casa per coloro che l’avevano persa a seguito sisma di più di quaranta anni addietro!) e la nebbia, sì carina ma poca roba. Clicchete uno scatto con solo albero (non c’è in immagine cover) una cosa alla Manunzio “metatisica” scritto così. E poi? Zitti zitti dietro le spalle lungo il poco praticabile sentiero davanti due cacciatori per la loro strada. E allora via lo scatto (unico di madre vedova si usa dire qui) su diapositiva, forse Kodak, anche se per certo periodo si è usata la 3M, e finanche Ilfochrome (fatta da Fuji, eh!). Sia come sia uno scatto ridotto all’essenziale, scheletrico come l'albero e come piace a Manunzio, complice nebbia del “Direttore” in alto della Fotografia.
Notato niente? Manco chi scrive almeno sino a stamani e son passati più di trent’anni dallo scatto analogico, altro punto esclamativo: tiè crepi l’avarizia (!). Ecco. Pietra che gioca quanto dire per inscrivere l’immagine, i soggetti + albero, in un immaginario triangolo compositivo. Tutto qua, e che sarà mai: metto l’esclamativo? Ma si ma sì!


*https://www.italianfilmphotography.it/ricoh-500g/


SL 66 Rollei impareggiabile Panzer




E’ stato il tool seipersei più usato dopo la Yashica Mat 124G (impiegata per battesimi comunioni e matrimoni) la SL 66. Camera impareggiabile e discreta brandengiabilità, anche se in questo la piccoletta Hasselbad calza meglio. Strutturalmente la SL è d’una meccanica che non si ferma davanti a niente, come nei giorni del terremoto Ottanta sul cratere sismico e vento e nevischio a riprendere centri storici e chiese e castelli diroccati.
Eppure tra la tedesca Rollei e svedese Hasselbad ci sono tanti piccoli dettagli a fare differenza, come il soffietto incorporato su la prima, cosa questa che permette di entrare nei dettagli della macro anche con il solo 80 mm di base (standard del quadrato o 120 in codice).
Ma il must è nel basculaggio dell’obiettivo, che collegato al soffietto, permette di estendere enormemente la profondità di campo secondo il principio di Scheimpflug. Basculaggio che agisce entro il limite verticale di 8° verso l’alto e verso il basso (con fantasia e soprattutto pentaprsima al posto del classico pozzetto è possibile, ruotando la camera, anche su asse orizzontale). A chi sembri un limite quello di 8° consiglio basti, per esempio la vista del grandangolare Distagon 40mm innestato per notare l’impressionante aumento della profondità di campo che si ottiene. La variazione dell’angolo di inclinazione dell’obiettivo, verso l’alto o verso il basso (e anche in orizzontale con piccola acrobazia) è altresì controllabile su una scala graduata “azzeccata” su una targhetta solidale con il soffietto estensibile, e che evidenzia in un sol colpo le scale per il tiraggio del soffietto fattori di ingrandimento e l’inclinazione dell’obiettivo. Ein kleiner Panzer: clap clap clap!

Man

Rolleiflex SL 66
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