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Zenzaburo SQ-A

Zenza Bronica* via, ripiego economico diciamo così alla stratosferica Hasselblad che come Leica si paga il solo nome. Ma non di solo mito germanico vive(va) il fotografo analogico. Anzi, senza ricordare che proprio Leica era andata a bussare negli Anni Settanta, crisi petrolifera etoridetta ieri e oggi con il cattivissimo, dicono, Putin, in casa Minolta e il resto per l’appunto è storia marchiata, sì, Leica ma con occhi a mandorla. Shhh non ditelo ai puristi (danarosi) della pur sempre mitica M telemetro by Germany. E non ricordate loro la “perla” M 8. 1 2 3! E' gente danarosa, sì, ma molto molto permalosa. Shhh.
Zenza Bronica seisei che per i very nice (idioti è meglio?) nella Milano da bere (il seisette era appannaggio della Mamya Rz, macchinone da studio e cavalletto per moda e affini still life compreso senza necessità di arrivare ai banchi ottici, che avevano comunque gran parte montato a scamotaggio dorsi seisette**) era schifata via, non tanto i modelli tutti a “mano” tipo S2 quanto e come la SQ-A ibrida con pila, ahi. A parte il fatto di non aver mai e poi mai avuto problema di alimentazione che, in caso di défaillance, contava pur sempre, se memoria non falla, sul meccanico d’emergenza cinquecentesimo di secondo. Insomma dalla serie: questa sì ma questa no dei notabili prezzolati dell’allora riviste (non esisteva affatto Internet & Co.) soprattutto Progresso Fotografico a firma di tale Tommesani patron di Tau Visual se ancora esiste lui e sua creatura, che ecumenico una botta al cerchio un’altra al tumpagn’/botte se ne usciva con un: ni. E per noi bastò fino a Roma alla Comaf, in discesa, negozio che dal piano imperiale dei fori (o era vicino a Vaticano Spa?) qualche metro più giù via passerella mostrava ogni ben di Iddio fotografico. E ne uscimmo con quattro-milioni(non c'era Europa & Euro money) di pezzi Zenza: corpo macchina, maniglia laterale simil leva avanzamento reflex analogiche, duje magazzini 120 (uno per B&W l’altro slide) il pentaprisma non con esposimetro CdS, poi l’ottanta millimetri standard una vera bontà; il centocinquanta che su formato sei-per-sei somiglia a un settanta-ottanta millimetri su passo universale venti-quattro-trentasei d’epoca, full-frame odierno. E lui, sì, il padellone quaranta millimetri Zenzanon (una volta impacchettati così da Komura e Nikon). Ottica che faceva e tutt’ora il verso all’equivalente Zeiss però per SL-66 Rolleiflex, ein panzer de facto, no Hassel con più aggraziato e very stilish argenteo quaranta; anche se era più usuale vedere fotografi con il cinquanta millimetri sorta di “ventotto millimetri” in formato 135, codice del formato Leica e affini. Mancava dell'arsenale Zenza il dorso Polaroid, indispensabile per gli scatti “posati” come si vedevano negli studi à la page di Milano (la versione Pola bianconero Type 55 era un babbà di negativo, infatti, staccato lo scatto di carta e lasciato in una soluzione più adeguata di fissaggio, sodio-solfito al 18%, la Polaroid aveva al riguardo un secchiello bianco non da spiaggia, dove conservare al momento i negativi, che poi lavati e asciugati in camera oscura sotto ingranditore...forse Gerardo Bonomo*** ne sa qualcosa) E la scusa era che il Polaroid “mostrava” le disposizioni delle luci sul set e che questi...fosse fedele (molto riferito all'EPR 64 di Kodak standard per dia) e visto dai rompicoglioni di art-director che infestavano gli studi con improbabili layout (un conto è disegnare il prodotto altro è fare lo scatto!). Peggio ancora le gonnelle artistiche: e questo così e quest'altro cosà che una volta un pezzo da Novanta della italica fotografia, sbottò: “E fattela tu!”.
Zenza Bronica, va. L'archivio analogico Manunzio porta la sua firma, in seisei, e che firma a dir vero alla faccia degli eterodiretti prezzolati carogne. Parentesi. Una volta portai i plasticoni (si dicono così in formato più o meno A4 fogli la plastica con retro opalino e davanti trasparente, dove in tasche come su le chiappe dei jeans si inserivano le slide per la visone su banchi retroilluminati da basso) ad una agenzia di Roma che ne aveva anche a Milano: Panda. Il cretino di turno che visionò i plasticoni/slide esclamò: “Hasselblad, vero?” Me lo sarei mangiato vivo, ma me ne usci con “Siii”. Archivio fotografico Manunzio: storia in immagine quella in cover si capisce. Lavatoio pubblico nella terra di Orazio, Venosa. Edifico coperto ma pur sempre di acque fredde, provatevi a lavare panni d’inverno! Luoghi della memoria e vissuto delle donne di quando le mamme, le nostre per i minchiapixellista e la “vestale” che non nominiamo sinnò s’incazza "padre guardiano" di Scampia-Photoportal, le nonne se non addirittura le bisnonne! Noi le abbiamo viste alla fonte coperta o meno, vaghi ricordi di quando andavano al fiume, si, a lavare panni!
Cosa s’intende dire alla fine? Semplice che la historiola dei moderni tempi, venuto giù tutto e Trumptiello lo dimostra per i suoi c...alcoli da imprenditore (un altro Silvio Berlusconi, eh) non le manda a dire generando un casino in quei europoide di Brsuell alla pronuncia De Luca!
Tempi che ora hanno la lavatrice (un tempo si sarebbe detta comodità) e per quei scassa c...di Yankee pure la centrifuga ché sta male spandere i panni tranne negli spot del Mugnaio bianco: spaventato?
E se poi si dice tutta: ecco cos’è lo scrollatore di telefonino. Scrollatore onanista compulsivo che a fine scroll se gli chiedi “cosa hai visto” te lo vedi tutto affranto “e che ne so” sono uno scrollatore e più scrollo e primo arrivo...Umm immagino da Belzebù. E anche oggi è fatta!


* https://www.nocsensei.com/camera/storia/massimilianoterzi/zenza-bronica-ovvero-la-macchina-di-zenzaburo/

** https://www.youtube-nocookie.com/embed/AmXg2d2JOh4

**+https://www.gerardobonomo.it/2021/11/05/polaroid-polapan-type-55-p-n-sviluppare-e-stampare-un-4x5-in-30-secondi/#polapan-type-55-positive/negative



Ps. Cosa sono le mani delle donne a lavà panni è nell’espressione che uso “mani da lavandaia” nel guardare con certo ribrezzo le odierne mani da “signore” che padroneggia ben altri affari! Sì ancor prima di zizze, culo e quant’altro di nascosto, gli occhi corrono alle mani dell’altra metà del cielo, si vabbè buonanotte, che anche di certi livelli sociali, ecco, si mostrano tipicamente screpolate e rosse. Rosso come le mani della piccola e minuta lavandaia...

Pss. La riproduzione in cover è dell'iPhone vetero qualcosa, roba vecchia, senza togliere la slide dalla tasca/plasticone





Ho fotografato soprappensiero rubando la battuta a Jonny nel cartoon West & Soda animazione che faceva il verso ai spaghetti western di Sergio Leone.
Centro cittadino, quindi, e portoni ancora aperti che oggi solo varcare la “sogliola” ti sparano senza se e senza ma, ché vicino l’ingresso ci stan sacchetti di terra, pure questa citazione da Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’ di Lucio Dalla(s).
La luce della cover, cui mai e poi mai ti dicono, ti narrano il duo satanico Munari & Verolino, la prima maîtresse impegnata in Oriente del Nulla l’altro ennesimo ed inutile reply di tanti sedicenti fotografi ca fann’ o stritt a Napule pure all’estero, non gli basta ammorbare già l’aria sua domestica, no. Si dirà il solito Manunzio, no? No affatto i due richiamati sono paradigmatici di come la “fottografia” avanza e spazza prova n’è dei tanti emuli del Nulla che scorrazzano su ricettacolo Scampia/Myphotoportal e portati dal patron del sito su palmo di mano, pure. E poi se repetita juvant Manunzio in contraltare non si fa certo pregare, per chi capisce sinnò te futte cantava Pino Daniele finale delle citazioni mattutine.
E di ritorno, androne d’edifico d’altri tempi e gradoni perchissà dove, ci abbiamo provato…La pianta e il riflesso, via: prima l’uno poi l’altro ambedue, si è detto in headline ripresi sovra pensiero d’una immagine essenzial + mente monocromatica giocata, forse qui la sua intima forza, su la gamma giallo-ocra. Quanto al riflesso quello è di post-produzione, il reply s’intende perché non c’era, c’è e ci sarà di far capire come lo specchio che ne riflette sino all’infinito e tutt’altro, poi, che pazziella: infatti la riflessione (lato traslato o come vi pare) apre ad altri Mondi, e di come il suo influsso sia pericolosissimo tant’è che da ragazzi venivamo ammoniti di brutto dallo specchiarsi (fare mossettine stupide tipiche dell'età senza pensieri) di sera soprattutto. Ma. Si questo a babbo morto, morto eh visto con il senno di poi (immagine cover) quando gli occhi fuori da ogni illusione naturale, hic et nuc, s’accorge che il secondo vaso con pianta fissandolo giusto un po’ è un teschio e foglie orbite; non solo ma pure retrostante raggio che “sciabola” la verzura, ecco, si vedono eccome altri volti. E questo è un esercizio, prassi oramai, nel guardare l’immagine a monitor senza occhiali da “cecaglione” e usiamo le multifocali ché pure da vicino oramai...In buona misura un ottimo esercizio Zen, gratuito e certo con senno di poi e Manunzio a dirla tutta è un po’ tardone; ci abbiamo impiegato più di mezzo secolo ad affinare l’occhio da quella volta che con Rollei Agfapan e Metz mi spedirono in periferia, che adesso è dove scrivo e non più periferico rione. Sì mi mandarono, e fu ,l’iniziazione eh grembiulini, quella che poi sarà di tante altre volte la scena di eventi familiari nel caso battesimo e per l’epoca la cosa richiedeva il fotografo, impaurito all’impossibile di non cogliere l’attimo...fuggente. E ci fu lo scuotimento del patron Foto Lampo, il Baffo sardonico, come a dire questo (chi scrive) non farà mai il fotografo ché nun è c...du soje; poi Luciano vice del richiamato patron, in camera oscura sotto ingranditore “raddrizzò” le sorti su le Ilfobrome Ilford e quando vennero a prendersi le, mi pare 13 x 18 o forse 18 x24, non mi feci trovare, ma rientrato in studio Luciano se la rideva sotto i baffi mentre il (soprannominato) Baffo alias Roco Abriola stava al solito per i c...artoncini fotografici suoi. “Juagliò - Luciano - so’ rimast’ cunntent’ di li foto ca gne fatt’ al battesimo…” Così da quel lontano Anno Domini 1969: chi me lo doveva dire arrivato sino ad oggi, fotografo, che tutto era nei miei pensieri e infatti lo “sono” , si vede e si legge pure. Ahi, no? Ni…




Ps. Lo si è scritto tante volte che il Baffo era patron della Foto Lampo, si per cerimonie varie d’epoca, ma soprattutto AGL ossia Agenzia Fotogironalistica Lampo il nome dello studio. E le notizie le scriveva il giornalista (pubblicista?) Saro Zappacosta per la Gazzetta del Mezzogiorno, il Tempo e il Roma di Roma e Mattino di Napoli, a volte sin lassù dalle parti di Via Solferino in Milano, Milano presagio eh , sede del prestigioso Corriere della Sera. Sì, vero anche su l’Unità grazie al “compagno” Arturo Giglio che le mandava insieme al pezzo di questo e quel fatto (una foto lo ritrae insieme al Segretario Pci Enrico Berlinguer questi con copia in mano dell’Unità dall’espressione tutt’altro che serena, va) pure a Paese Sera stampato in Roma tre volte al giorno: colazione pranzo e cena, ecco. Foto Lampo in ultimo sorta di Publifoto in Milano di Carrese memoria anche questo scritto tant’altre volte


© Archivio Manunzio



Racconto per immagine (mille inutili parole)

C’eravamo tanto amati, film di certo più d’ogni altro, Ettore Scola regista emanazione by Pci, mette in evidenza la “crisi” susseguente illusione della presa Palazzo d’Inverno cosiddetto una volta a sintetizzare la Rivoluzione bolscevica del Novecento scorso in Russia cui derivò l’URSS, o Repubbliche Socialiste Sovietiche che poi l’alcolizzato Eltstin a distruggere tutto e seguente Gorbaciov prezzolato come l’altro in dollari. Storia mica chiacchiere Verolino. Sarà. L’immagine in cover più di mille parole (inutili!) pur sempre parla anch'essa di fine e del Pci seguito tramonto il cosiddetto Compromesso storico, e non solo, con la morte di Aldo Moro e sua scorta via Stars & Stripes: altro che quei cretini eterodiretti di brigatisti che non stavano in piedi figurasi fare fuoco della Madonna su la scorta, roba da professionisti tipo Mossad in Via Fani, Roma 16 marzo 1978.
Sia com sia passata la festa, dopo aver scatenato il Movimento a salve del ‘77 la porta girevole mostra il Craxi-craxismo italiano “riformista” come cantava Antonello Venditti; Mitterrand in Francia, Santiago Carrillo in Spagna, ma premier Felipe Gonzales altro “socialista” dall’allora, trio insieme a Berlinguer che avrebbe dovuto essere il “piano” per il fantomatico Eurocomunismo in salsa pummarò Cia-Mossad-Pentagono: ammuina.
Vedete come una “banale” immagine narri questo ed altro? Come è presto detto. Quattro cadaveri “eccellenti” parafrasando il film di quegli anni di sangue sparso giovanile da l’una (fascista) l’altra (sessantottini tout court tipo ma non lontano Giorgiana Masi uccisa dai fascisti della Celere Polizia) illusi comunisti con maître-à-penser Tony Negri che entrava ed usciva dall’Hiperyon de Paris, luogo di spie spioni trafficoni globalisti luciferini ad adrenocromo. E sì il teorico prof a salve di rivoluzioni aldilà del bene e del male: babbei Manunzio compreso che data l’età non aveva ancora tanta finesse d’esprit. Infatti siamo stati banco di prova generazionale per quello che è ora il Nuovo Ordine Mondiale, piaccia o meno, purtroppo.
A noi, dunque. L’immagine ancora una, mi par di ricordare a colori (sono passati tanti anni) o forse no, ma non è questo tant’è che basta ricolorare via digitale la scena...e si perde tutto con la massa lattiginosa tipo Blob ammorbante e sviare di conseguenza la nuove generazioni dette Z pur sempre l’ultima lettera dell’italico alfabeto: che dire di più? Così invece “tonata” l’immagine è meglio, il funerale sfocaticcio (scatto da fotocopia da screeplay-scenografia che mai vedrà luce su la città dove si vive). E poi c’è poco altro che il colore possa aggiungere come pure i “fuochi”. Infatti già con quella capa torta (ob torto collo?) dell’unica donna sul palco, sperso lo sguardo e sorriso triste solitario e finale si discosta dall’oratore venuto da Botteghe Oscure (nomen omen eh!) sede nazionale del Pci non distante da Piazza del Gesù l’altra parrocchia, democristiana poi fusesi in ogni senso nei Ds e attuale Pd, Partito Distrutto, Partito di Destra, Partito degli amici Stars & Stripes!
Oratore colto, ecco, nell’atto di aggiustarsi gli occhiali con tipico gesto professorale: ehi voi vil plebaglia che ascoltate! Sennonché se ci si mette nei panni di Reichlin tale al secolo don Alfredo (don siculo per chi capisce) sebbene egli guardi, manco i cani, a destra! Come Amendola, altro paraculo “riformista” Pci e quell’altro prima Ministro degli Interni poi nientemeno Presidente della Repubblica ‘talia Giorgio Napolitano. Sì, quello che il globalista Kissinger (k come Kossiga su i muri) disse: “My favorite comunist!” Meno male che ce lo siamo tolti dai cabassisi, e giù a spalar carbone per la “classe operaia” che tanto ma proprio tanto odiava, a morte. Morte del Pci, eh. E quei due cadaveri alla destra la cover? Seppur stavolta messo in prospettiva sono a sinistra: Franza Spagna purché se magna. Uno consigliere comunale, Beppe Biscaglia, l’altro trinariciuto Silvano-silvestre-uccel di bosco Micele. Senatore che abitava aldilà del ponte che si vede dalla nostra retrocucina: Manunzio è al centro dell’Universo! Camminava il senatore di tre cotte insieme alla consorte in ogni dove e un palmo da terra; altezzoso quanto basta e amico degli amici. Tutto qua? No certo, se non in altra immagine che non postiamo in cui il quartetto dei morti viventi, avvolto nel sudario di rosso stinto, socialdemocratico quanto dire, è ripreso in Campo Lungo stesso palco cui si scorgono i tralicci e la Piazza Prefettura alias centro cittadino (ci è passato Zanardelli e sua legge su la Basilicata da vita da cani, Benito Mussolini e suo discorso scolpito fatto sparire da quei soliti notabili in orbace il giorno prima, poi giacca e cravatta vescovile alla Z’ Emilio Colombo ras democristiano e pure Premier benedetto in loco, in fotografie d’archivio recuperate con peripezie; poi Benito Craxi e suoi boys al soldo amerikano, k as killer e film Costa Gavras, e altri ancora dignitari pagati da Cia-Mossad-Pentagono come pure il mitico affabulatore Giorgio Almirante, casomai un’altra volta mostreremo la piazza delle piazze cittadine s’intende: Potenza nomen omen, no? No!) e piazza vuota manco i cani a didascalia per i “compagni” . Che di li a breve si venderanno il culo, alla lettera, in formato LGBT+ cui la lesbica dichiara Elena Ethel Schlein (una volta tanto al contrario come migrante è la Svizzera a venire qui sull’italico suolo!) impronunciabile, parabola d'oltretomba d’un partito Pd che della “classe lavoratore” se dissociata (pecunia americana non olet) è abbracciata la “diversità” tout court e ci ha pure provato contro Slavi, che non ci riscalda il cuore, contro gli africani cui viaggi sono pagati da Soros & Davos boy, per il meticciato para-robotico: “Mamma tu sei bianca mentre papà è nero, ed io chi sono?” La Verità innocente dei bambini. Già ma noi (chi) siamo? Per un’altra volta… E’ questa è pure “street photography” scatti e fuggi tanto di diman non v’è certezza, signor Verolino Vincenzo? Noi vi preferiamo ché c'è tutta una storia, "reportage" d'ieri oggi e di diman...


Nb. Immagine a latere ma non troppo la Piazza come festa mentre accoglie l’allora Segretario Pci Enrico Berlinguer. Festa a tratti da strapaese ma almeno ci si conosceva e in quanto “classe” provava ad opporsi prima ai Chicago Boys (prove fatte in Cile di Allende-Pinochet) poi la Commissione, da pronunciarsi in lingua siciliana, sì, l’avvisaglie ante-litteram vs. Van der…E l’odierni Davos Boy di Soros & C.


Pss. Per gli scrollatori onanisti a tutto spiano che pensano esista il Mondo nell’atto dello scrolling aifonesco o androidiani che pari sono, sì, la Generazione Z Ultima della Giostra acquisti, PCI Sta per PARTITO COMUNISTA ITALIANO costola fuoriuscita del Congresso socialista di Livorno 1921, miglia e migliaia di secoli fa!






Chi sa fa, chi non sa insegna si chiami Verolino o Munari pari sono. Qui due inquadrature che più cinematografiche (grammatica) non si può e detto “campo” e “contro-campo” d’un signore mentre prende la cosiddetta aria nell’ora canicolare o anche nota come contr’ora; Rolleiflex 2.8 su pellicola analogica Agfapan Iso 100 poi convertita in digitale via Olympus E 1 e ottica macro. L’immagine è parte di una più ampia visone, altro che street del menga, dell’evolversi della città dal Novecento (recuperando vecchie immagini) all’odierno in cui si vive. Storia, e scenografia di un film che non sarà mai. Infine la ripresa è quella della fotocopia lo screenplay vuoi perché non ci dispiace l’aria “annebbiata” e vuoi per altre cose

“La carità* è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo faccia a faccia”. San Paolo di Tarso. Prima lettera ai Corinzi - 1


Infatti ce ne vuole tanta ma tanta da superare Giobbe che il Padreterno gliene mandava ogni giorno secondo sadismo al momento della sveglia e, sì, pure Lui dormiva e tante cose molto difficile da distinguersi da un Zeus qualsiasi e qui non è cosa. Pazienza per più di un cinquantennio che adesso chiede conti e interessi di mora!
Dunque l’immagine e ripigliamo la terminologia di reportage ben altro dal click facile facile d’accatto effettistico, metti caso d’un Vincenzo Verolino napulitan’ fotografo, niente meno. E mettiamo subito i puntini su le i. Ora di costui ce ne po’ fregà de meno viceversa no quell’aria da “filosofo della Magna Grecia” tipica dei meridionali che il trapassato Agnelli affibbiò a Ciriaco De Mita da Nusco in quel di Avellino, Caporione della allora Democrazia Cristiana. Ciò detto, continuando a mettere i punti, ci sembra costui un’altro classico San Paolo di Tarso fulminato su la strada di Damasco, quella antica si capisce. Sennonché il Verolino ancor prima di diventare “maître” de la photo de street faceva il ragioniere, sì, come da Casoria di Totò memoria. E similitudine per similitudini quell’altro ragioniere ma internation brasilero di nascita ma “formato” alla City of London, à la page, a nome Salgado cui pur se già detto, tutto.
E veniamo a chi sa tenere una macchina fotografica, Rollei nel caso di specie e la stellare versione 2.8 non nostra, ma che usavamo a prestito all’insaputa del “Baffo” alias il patron dell’Agenzia Foto Lampo, sempre un Vincenzo Carrese e sua Publifoto in Milano in sedicesimo a queste latitudini.
La stampa, poi, via Agfapan 100 cavallo di battaglia collaudatissima pellicola bianconero teutonica, riversata all’odierno in digitale via Olympus etc, copre la vita quotidiana di provincia italiana. Storia e proprio così nel solco dei Berengo Gardin Uliano Lucas o lo stesso Luciano D’Alessandro, fotografo durante il terremoto Ottanta divenne anche editor fotografico del Mattino in Napoli: una monografia alla sua visone fotografica resta impressa, fra l’altro, su i Grandi Fotografi edito all'epoca dalla Fabbri Editore. E quindi siamo in buona compagnia, certo ognuno secondo proprie possibilità si capisce. Ecco che il reportage termine tutt'altro che passatista ha sua ragion d’essere. I ‘meri + cani che devono inventarsi qualcosa nella loro miserabile esistenza senza passato (storico) presente e di diman non v’è certezza, giocano con inutili paroline tipo “street” che se uno si sposta in periferia: cos’è mai? Street fotocopia di tons precedenti del cesso a cielo aperto a nome New York? Inutile proseguire: sì, vero conoscono anche loro hic et nuc la fine della “nazione” indispensabile al besenisse del terraqueo si capisce pure questa.
Saranno le immagini di un Verolino qualsiasi “specchio” dei tempi? Al posteriore anatomico tonante l’ardua sentenza, e per quanto ci riguarda proseguiamo tranquilli la nostra navigazione senza Logge di appartenenza e manco adepto in grembiulino sozzo di adrenocromo sangue della triplice Cia-Mossad-Pentagono che reggono l’esistenza fin quando torna utile della sacerdotessa del Nulla Sara Munari, e tutti i pari compari della Scampia/Myphotoportal. De gustibus? Mah...Fine prima parte


*Etimologia. Il termine deriva dal latino caritas (benevolenza, affetto, sostantivo di carus, cioè caro, amato, con cui San Girolamo, nella Vulgata, traduce il greco ἀγάπη, agápē (come appare nel Nuovo Testamento Greco), cioè «grazia» oppure «cura».


Ps. Come Verolino, non sponsorizzato però, possediamo una G9 Pansonic la mitica Gh4 e per gradire assai la Fz 300 delle mirabilia insieme le altre. Si certo pure corredo Olympus 4/3 e serie Pen altrimenti, e giustamente, s'incazzano le fotocamere tutt'altro dei pezzi di silicio-vetro-metal-plastica, bensì occhi oltre la semplice definizione allopatica di "protesi"







Artigianalità, prestigio e...”ma costa assai” cui se ne è detto: unità di diseguaglianza sociale, alto-basso, ricco e povero. E Lotta di classe a Beverly Hills, no?
Dunque, sì, il Mito Leica è innegabile ma attenzione al canto della “sirena”. E messa così al Mito cosa contrapponi? Un De Mita da Nusco, no? Calembour a parte, niente a dir vero se non il fatto che, tolta l'artigianalità cui c'è poco da dire (al netto della vergognosa M8**) l'ottica tout court pastosa più che croccante la cifra; si può allora fare altro? Se seguiamo il video in link sotto si finisce con dire, sì. Ma, ma c’è a nostro ben più che modesto parere, suffragato da oltre mezzo secolo di fotografia su le spalle, un Terzo incomodo misconosciuto a chi va dietro il vento del markketting (onomatopea per marchetta, serale lungo certe vie cittadine). Si deve più che dovrebbe parlare di Olympus, no l’odierno re-branding OM, no. L’originale QuattroTerzi e dell’Ammiraglia di sempre E-1. Ma, ancora, è tempo perso per i minchiapixellisti onanisti, pugnettari, a tutto spiano. Resta evidente che il richiamo anzi fatto è per gourmet della fotografia. Un’altra volta



**Tutto ciò' ha dell'incredibile, comunque ecco in breve la storia.
Aggiornando la vecchia m8 (non la m8.2) con il firmware update 2.004 ALCUNE m8 vanno in blocco e non e' possibile fare che rispedirle a Solms se si imposta il modo discreto (la vera grande novità' di questo aggiornamento che nelle intenzioni dovrebbe renderla più' silenziosa) ed il pulsante di scatto finisce (anche erroneamente) in modo di scatto continuo.

http://www.photobit-forum.it/phpbb/viewtopic.php?t=4580

**Purtroppo la mia seconda M8 ha avuto un problema all'otturatore (si sono staccate le tendine, otturatore andato) intorno ai 12.000 scatti con un preventivo di 400 euro per la riparazione…
https://www.juzaphoto.com/topic2.php?l=it&t=3683602&show=13

Leica è antiquariato: Leica M2 CR “Gianni Berengo Gardin”
https://www.newoldcamera.com/Scheda.aspx?Codice=GC3331


Leica vs Fuji : Strategie di Marketing a confronto e come Fuji può aumentare il suo prestigio
https://www.youtube-nocookie.com/embed/Cm1AvnzuZVA



Ps. Repetita juvant? Mah di certo il fatto che la BL di Fuji era la “copia” di Leica. È na cosa accertata Sì, ma in formato seipernove imbattibile per Hasselblad, Zenza Bronica, Rolleiflex, Mamya…

Pss. Resta introvabile in Rete lo studio del progetto E1 Olympus, le sue malie tanto da far dire al capo-progetto, non senza ragione e senso, che dentro la digicamera c’è un Genius, storpiando sound come solo l'inglese vi riesce. Il Mondo è fatto di pecorame, “Tutti fotografi” no? No chi l’ha detto è un agente del Pensiero Unico, della cricca Cia-Mossad-Fbi via Hollywood Party e di Stampa & Regime






L'Unità del cosiddetto Genere umano si fa nella diversità mica nell'omologazione...erotica sentimentale. Vabbene il solito Manunzio, eppure si prestai orecchio poi ognuno per sé e Iddio per tutti quanti escluso nazifascisti ucraini ed ebrei sionisti, per non dire altro.
Su la prima parte, Unità, ci trasciniamo dal tempo del Catechismo e siamo su la fine degli Anni Cinquanta del Novecento, il Secolo breve.
Quanto al “erotico sentimentale” la cosa è decisamente, forse, poco intuibile di primo acchito, eppure Manunzio l'usa tutti i giorni e sui volti esterrefatti e scandalizzati degli umanoidi: erotismo? No, è che Manunzio l’usa come Extrema Thule, sempre nostra salus. Erotismo come non plus ultra: vabbè c'entra na mazza con quell'anatomia, e amen!
Veniamo a noi che è meglio. C'è sta nuova Pentax 17, il brand Pentax, marchio accattato da quei piccoletti della Ricoh oggi formato fotocopiatrici ché questo è ciò che resta del brand(y). E che ti fa, dunque, Pentax? Una nuova camera, sì, ma analogica e pure mezzo formato tipo Pen che usammo su la fine degli Anni Sessanta; stessa che compare a tracollo del “terribile” Eugene Smith, d’una pubblicità d'antan. Sta di fatto che all'epoca già bisognava fars' i croc' (letterale segnarsi di croce in senso lato, adoperare tutta la sapienziale esperienza del caso, infatti, Manuzio addetto allo sviluppo bianconero dei rullini c/o Agl/Foto Lampo, su via Pretoria qui a questa landa ed oggi fa caldo africano, sviluppava il negativo a parte, il rullino, per evitare ogni irrecuperabile danno visto il francobollo di specie, mentre con il formato Leica pieno invece si andava sul “sicuro”) per tirare fuori stampe al massimo 18 x 24.
Croc' allora, tant’è vero che in camera oscura nello stampare il “mezzo francobollo” (dire mezzo formato non è esatto poiché questo si riferisce al formato 6 x 6 cui si ricava il 6 x 4.5 o della famosa Zenza Bronica, e noi usavamo per parte nostra il formato pieno della SA con ottiche Nikon/Tamron marchiate Zenzanon, siamo a dirla tutta sul formato Rollei o Hasselblad che dir si voglia) la torretta del Durst 659, che portava il 50 per il Leica formato e l'ottanta millimetri per i negativi seipersei, il mezzo francobollo metteva in condizioni di abbassare la testata quasi a contatto con piano stampa per solite stampe familiari di routine!
Pentax ci prova, quindi, con l'analogico di nuovo. Ma i tempi della mitica Spotmatic, MeSuper (sottoesponeva di mezzo diaframma come default di fabbrica e a ben ragione, ma con lazzi e frizzi sui giornali dell'epoca in sorta di cose bar sport si discuteva come i capponi di Renzo) Lx, e a salire Pentax (Asahi-Pentax all'epoca) seipersette dai vetri incredibili altro che pippe Zeiss (!) sono nella scatola della memoria, un dì collettivo. Ecco: collettivo di umani e non odierni zombie. Ragazzi e ragazze pascolanti qua e là in città latrine o discariche di plastica.
E l'Unità non il giornale, si capisce? Si va a far fottere: un cretino con tutto l'allure che vuoi, resta tale in digitale che transita nell'analogico, da qui l'omologazione. No, evidente non ci siamo, anche perché Hamburger era, Coca pure, Mc Donato idem...omologazione. L'analogico è tutt'altra cosa, anche perché un rullino da trentasei foto (vero in mezzo formato per “magia” raddoppia: stacchetto ci aveva provato Ilford* a farne di 72 interi Leica format ma cambiando supporto: apriti cielo!) non è verso l'Infinito ed oltre. Si ragiona in analogico che di questi luridi tempi una bestemmia è! Certo se gli Yankee ed europoidi omologati fanno stessi scatti, mangiano le stesse cose (siamo ciò che mangiamo tout court chi lo ricorda il pensiero di Feuerbach ?). Insomma na bella trovata pubblicitaria per pesciolini minghiapixellisti. Attenzione a non confondere chi opera con l'analogico, giovani bambini vecchi rimbambiti, con destrezza in camera oscura. Bravi ma han capito che l'analogico, noi altrettanto vecchio rimbambito, è un altra dimensione-pensiero. E a questi che gli dici? Chapeau!

*Per ottenere 72 fotogrammi formato 24 x 36 su pellicola 35 mm, la lunghezza passava da poco più di 160 centimetri ad oltre tre metri, adottando un nuovo supporto in poliestere dallo spessore di 80 micron contro i 140 della versione Ilford Hp5 tradizionale

https://www.nocsensei.com/camera/storia/massimilianoterzi/ilford-hp5-auto-winder-la-pellicola-con-il-boost/


Nb. Piange il cuore alla lettera l'esposizione che ne fa l’estensore (se donna una Potenza tellurica stra fulmini) del glorioso Durst 659; si capisce benissimamente bene che lo scribacchino prezzolato eterodiretto (se donna ci guadagna di più in strada a cert’ora della sera) il secondo prima stava dietro bancone di pizzicagnolo a vendere kebab: Allah akbar!

https://www.lombardiabeniculturali.it/scienza-tecnologia/schede/ST110-00664/

(Copia & Incolla se vi pare)

https://petapixel.com/2024/06/17/pentax-17-review-a-brand-new-film-experience-worth-having/
https://www.fowa.it/news/pentax-17






(C'eravamo anche noi con Rolleiflex e Mecablitz
quarantesimo della morte del compagno Enrico Berlinguer Segretario P.C.I.)




Taralli portoghesi
Buoni che è una delizia: immaginazione. Ora qui su questo Diario fatto di bottiglie messe in biglietti, ecco, l’immaginazione è al Potere come dicevamo negli Anni Settanta, quanto a Manunzio, eh avessi voglia!
Ora finito il cappello viene da osservare che i “taralli” qui han forma di lenti e della più che buona linea TTArtisan. Senonché da le sue linee un obiettivo Scifi & Tilt. Bene pure qua, solo che è un 50 millimetri e addirittura di luminosità unoequattro. Si sa che al calar delle tenebre di notte la cosa è buona assai. Forse.
Terminato il secondo pistolotto, sembra il grano del rosario dei Misteri Misteriosi. Obiettivo decentrabile: e per farci cosa? Quelle macchiette girate poi a velocità elevata che fa tanto ma tanto effetto termitaio, formicaio e via così? Se è per questo basta impiegare qualche attimo in Pshop & simili (meglio se editor movie, eh) e sparagh’ (risparmi soldi). Se poi, metti caso, s’usa una Olympus Pen F, l’interno ha la funzione che “emula” lo spostamento, che una volta serviva a far si che in architettura certi edifici non fuggissero otticamente in fuga verso l’alto innaturale: l’umana testa ha già incorporato simile ebrezza ottica e adderizza (raddrizza) le linee verticali innaturali, entro certi limiti si capisce. Ma tutta sta ammuina, ché di questo si tratta, la farsa dello shift (standarde) a dirla tutta si usa(va) su banchi ottici. Vabbene in Era Analogica, metti ancora l'imperante Nikon e saga F dal banco si infila il film 135 o Leica codice che dir si voglia, lo “slittatore” spesso ventottomillimetri (Olympus analogico ventiquattro) serviva anche per piccoli still life panfocus, lungo a dirsi uno scatto il farsi. E se proprio non si poteva portare a spasso il banco ottico la Hasselblad** aveva un accrocco (adattatore) simulante lo “slittamento ottico” per l’abbisogna. E la Rollei SL66 incorpora(va) il soffietto-piastra-ottica ergendosi e reclinando dopo l’uso, ovvio, torna(va) utile.
E sia: usavamo il trentacinque millimetri decentrabile su le nostre Contax dal costo iper-sproporzionato (e ci si lamenta delle lenti Leica!) con il limite d’essere corto. Tanto è vero che il trentacinque, e non solo su Leica, è quasi un obiettivo “normale” per chi capisce di fotografia.
Allora TTArtisan a slittamento varrebbe pena attrezzarsi con il limite d’essere pur sempre un cinquantino su le pieno formato o Full-frame. Impossibile su Aps-C pari poco più poco meno di un settanta millimetri; fuori dalla grazia di Iddio su Micro Quattro Terzi ché paragonabile, si noti paragone eh, a cento-millimetri. Troppo pure per still life alla buona. Soldi buttati. In primis e con Pshop (usiamo da incalliti dilettanti, ci dicono, la versione che sono dieci anni a nome Pshop Elements) si fa quel che si vuole, tanto chi se ne accorge a schermettino di iPhone o Android che dir si voglia? No eh. Tanto in Pshop quello “serio” che in programmi tipo Helicon Focus, che fa ottime cose per prova provata, oltre a pareggiare i conti (piani) con diaframma buono a F. 8 in più scatti si fan still life da leccare i baffi: Munari lei ce li ha?
Certo infine con “cucitura” (stitching) di più fotogrammi in ripresa esterna in post-produzione avessi voglia addrizzà chiuov’ (intraducibile, altrimenti…) di Squadra & Compasso per foto perfette di architetture “fuggenti” come l’attimo dell’omonimo film. Ma banale domanda: TTArtisan, passato nelle mani dei markettari vi fa fare (produrre) immagini che dicono qualcosa? Che strano silenzio…li fuori!

NB. Esula dal presente post ciò che alcune digicamere riesco a fare già al loro interno: panfocus o "tutto a fuoco" di un dato stili-life etc

**https://www.hasselblad.com/h-system/accessories/hts-15-tilt-and-shift-adapter/

(Copia & Incolla se vi pare)
https://www.youtube-nocookie.com/embed/BIjYFFn_Pvs
https://www.youtube-nocookie.com/embed/zqQsTlD7SlI&t=20s

Ps. Tarall'- tarallo - tarallaro è da intendersi in maniera ironica come uso in dialetto: ten' u tarall' 'mman' etc
Pss. E' solo "basculabile" e non anche "decentrabile"...serve solo a portare tutto a fuoco o fuori fuoco per effetti "formicaio". Non sono come le ottiche del caso Canon




E vabbene un’ancella della Dea Madre, fotografa, siamo buoni in questa giornata che sia ringraziato una qualche Potenza Numinosa volge al termine a nome otto marzo. Ahi, però. Il video è in sé divertente con due perle: prima mai e poi mai i rulli 120 vanno aperti al volo e poi introdotti nella Rollei del caso, Hasselblad pure etc. E questo perché: piglia e ti scappa di mano? Secondo non meno importante con il banco ottico l’ottica va sempre (senza se e senza ma) protetta anche con il volet dello châssis pellicola che fa ombra; estrema ratio il palmo della mano contro sole o sorgente luminosa che dir si voglia!
Beh certo la nostra fotografa sul campo, non prima che a casa, si porta sul set na Moka, proprio così però di quelle, molto rare, da dodici tazze! E ne beve, sarà la flemma British ma, insomma, con quella coppa di café da salire a mani nude su gli alberi che fotografa…

https://www.youtube-nocookie.com/embed/678q54Pl2CE

Ps. La nostra usa un Sekonic, mirando posa come un normale apparecchio fotografico, tanto analogico che digitale: luce riflessa, quindi. Ahi ahi ahi l’ortodossia vuole l’incidente luce. Ahi

Pss. A precedente collegato non sappiamo se la Ilford, benemerita bianconero del caso rullini 135, ha risolta il problema della carta protettiva che s'attacca/va all’emulsione 120. Noi all’epoca non a caso preferivamo l’ottima Agfapan 100, che aveva tra l’altro la linguetta di sigillo rullino finale, al sapore di menta!



L’immagine per essere trattata ci vorrebbe un trattato, ben altro che gioco di parole. Un losco figuro forse Android stile Blade runner, insignificante, fa da sfondo e tiene con discreta nonchalance, stile Leica sotteso mica tanto, la Fuji X 100 VI già in codice: X numerale latino per dieci, la scritta “rossa” di sapore sulfureo, sempre in latino sta per 6. E allora 10 x 100 x 6 kabalistico? Resta l’immagine centrale del robot umanoide che punta l’occhio, in questo caso il destro diciamo “reale” bensì chi osserva è il “sinistro” di nome e di fatto: occhio di Horus, sì, identico al triangoloso occhio-veggente su l’One-Dollar. Espressione mortuaria che di più non si può, stemperata dalla “donna” in bianco sporco virginale che più di mostrare la coscia di prammatica, con tanto di pilu, ne mostra la sola rotula. Forse per brodo di “coltura”

Noi della AGL (Agenzia Giornalistica Lampo) su la Main Street, qui da dove si scrive, oltre le immancabili Rollei biottiche, usavamo Fuji precisamente la BL 69, una tascabilissima seipernove. Tascabile come può esserlo un piccolo carrarmato!
Il fatto che fosse già una cartolina a contatto (caricata con negativo bianconero Agfapan) di notevole formato più per banco ottico (ed alcuni tramite adattatori sostituivano la classica seinove o singola negativa ma pure diecidodici formato) da farci i manifesti stradali veniva presa per la sua ratio non meno di poter montare (!) ottiche grandangolari. Naturalmente tutta sta bestia l’usava il “Baffo” in boss della Foto-Lampo (Agenzia, sì, ma anche e soprattutto di cerimonie).
Certo non era, la visione, discreta di un H. C. Bresson (sua inseparabile Leica) quanto un arma letale puntata contro, la Fuji BL.
E sin qui il solito pistolotto dei tanti “t’arrcuord’” o amarcord che furoreggiano di sti tempi pre-elettorali, locali nazionali continentali galattici e verso l’Infinito ed oltre…? No certo, la storia potremmo, ecco, insegnarla (Manunzio è pur sempre, curriculum, an Elmentary Teacher!) solo che non ci sono scolari, o meglio i finti tonti là fuori, a telecomando ante Sanremmo, post Sanremo a tutte le ore giorno and night: quieta non movere et mota quitare, no? Ni.
Sia come sia, certi ricordi basta zacchete associ nome, foggia (minuscolo e non è pugliese) l’inquadratura e pose. Cadaveriche quanto basta, mortuarie da non dirsi, da Dea Madre coloured finta viva. Evviva! E non si capisce, infine, in cosa e soprattutto perché uno debba spendere quasi duemila-euro per portarsi a casa (obitorio?) un trofeo che tutto serve, oramai, tranne che fare (?!) immagini. Accatatevill’? No Sofì** grazie assai avimm’ già dato!


** accattatevill’, compratelo, così Sofia Loren che in uno spot pubblicizzava prosciutto: mo’ cotto o crudo che sia sempre su gli occhi (sì, certo anche altri distretti anatomici, casomai arrotolati e con un po’ di burro in punta...ci siamo intesi) finisce. E con belle fette su gli occhi del caso sai che vista: alla cassa, via!

(Copia & Incolla se vi pare)
https://fujifilm-x.com/en-us/products/cameras/x100vi?utm_campaign=EID_X100VI_launch&utm_medium=email&utm_source=adestra

Ps. Nell'inquadratura verticale della réclame nipponica Fuji la Dea Madre, abbronzata di prammatica e non si può dire altrimenti ché si finirebbe in tribunale e/o gogna mediatica Urbi et Orbi, la manina tiene la digicamera, in volteggio acrobatico, come qualsiasi imbecille il suo smartphone. E meno male che su la Rete ci sono tutorial circa il "dettaglio" da ottenere in più dallo scatto (acrobatico). Senza dire che con sistemi anti-gravitazionale in essere (vedi soggetto volante durante riprese Formula Uno in, pare ricordare, Germania) con un tocco di voce "Ehi Siri scattami, brevi manu, a mezz'aria sta foto mentre poi visto che ti trovi me lo porteresti, sì, l'affare gocciolante, a fare pipì...che sono occupato per altre cose più (sic) importanti?"



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