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Ho fotografato soprappensiero rubando la battuta a Jonny nel cartoon West & Soda animazione che faceva il verso ai spaghetti western di Sergio Leone.
Centro cittadino, quindi, e portoni ancora aperti che oggi solo varcare la “sogliola” ti sparano senza se e senza ma, ché vicino l’ingresso ci stan sacchetti di terra, pure questa citazione da Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po’ di Lucio Dalla(s).
La luce della cover, cui mai e poi mai ti dicono, ti narrano il duo satanico Munari & Verolino, la prima maîtresse impegnata in Oriente del Nulla l’altro ennesimo ed inutile reply di tanti sedicenti fotografi ca fann’ o stritt a Napule pure all’estero, non gli basta ammorbare già l’aria sua domestica, no. Si dirà il solito Manunzio, no? No affatto i due richiamati sono paradigmatici di come la “fottografia” avanza e spazza prova n’è dei tanti emuli del Nulla che scorrazzano su ricettacolo Scampia/Myphotoportal e portati dal patron del sito su palmo di mano, pure. E poi se repetita juvant Manunzio in contraltare non si fa certo pregare, per chi capisce sinnò te futte cantava Pino Daniele finale delle citazioni mattutine.
E di ritorno, androne d’edifico d’altri tempi e gradoni perchissà dove, ci abbiamo provato…La pianta e il riflesso, via: prima l’uno poi l’altro ambedue, si è detto in headline ripresi sovra pensiero d’una immagine essenzial + mente monocromatica giocata, forse qui la sua intima forza, su la gamma giallo-ocra. Quanto al riflesso quello è di post-produzione, il reply s’intende perché non c’era, c’è e ci sarà di far capire come lo specchio che ne riflette sino all’infinito e tutt’altro, poi, che pazziella: infatti la riflessione (lato traslato o come vi pare) apre ad altri Mondi, e di come il suo influsso sia pericolosissimo tant’è che da ragazzi venivamo ammoniti di brutto dallo specchiarsi (fare mossettine stupide tipiche dell'età senza pensieri) di sera soprattutto. Ma. Si questo a babbo morto, morto eh visto con il senno di poi (immagine cover) quando gli occhi fuori da ogni illusione naturale, hic et nuc, s’accorge che il secondo vaso con pianta fissandolo giusto un po’ è un teschio e foglie orbite; non solo ma pure retrostante raggio che “sciabola” la verzura, ecco, si vedono eccome altri volti. E questo è un esercizio, prassi oramai, nel guardare l’immagine a monitor senza occhiali da “cecaglione” e usiamo le multifocali ché pure da vicino oramai...In buona misura un ottimo esercizio Zen, gratuito e certo con senno di poi e Manunzio a dirla tutta è un po’ tardone; ci abbiamo impiegato più di mezzo secolo ad affinare l’occhio da quella volta che con Rollei Agfapan e Metz mi spedirono in periferia, che adesso è dove scrivo e non più periferico rione. Sì mi mandarono, e fu ,l’iniziazione eh grembiulini, quella che poi sarà di tante altre volte la scena di eventi familiari nel caso battesimo e per l’epoca la cosa richiedeva il fotografo, impaurito all’impossibile di non cogliere l’attimo...fuggente. E ci fu lo scuotimento del patron Foto Lampo, il Baffo sardonico, come a dire questo (chi scrive) non farà mai il fotografo ché nun è c...du soje; poi Luciano vice del richiamato patron, in camera oscura sotto ingranditore “raddrizzò” le sorti su le Ilfobrome Ilford e quando vennero a prendersi le, mi pare 13 x 18 o forse 18 x24, non mi feci trovare, ma rientrato in studio Luciano se la rideva sotto i baffi mentre il (soprannominato) Baffo alias Roco Abriola stava al solito per i c...artoncini fotografici suoi. “Juagliò - Luciano - so’ rimast’ cunntent’ di li foto ca gne fatt’ al battesimo…” Così da quel lontano Anno Domini 1969: chi me lo doveva dire arrivato sino ad oggi, fotografo, che tutto era nei miei pensieri e infatti lo “sono” , si vede e si legge pure. Ahi, no? Ni…




Ps. Lo si è scritto tante volte che il Baffo era patron della Foto Lampo, si per cerimonie varie d’epoca, ma soprattutto AGL ossia Agenzia Fotogironalistica Lampo il nome dello studio. E le notizie le scriveva il giornalista (pubblicista?) Saro Zappacosta per la Gazzetta del Mezzogiorno, il Tempo e il Roma di Roma e Mattino di Napoli, a volte sin lassù dalle parti di Via Solferino in Milano, Milano presagio eh , sede del prestigioso Corriere della Sera. Sì, vero anche su l’Unità grazie al “compagno” Arturo Giglio che le mandava insieme al pezzo di questo e quel fatto (una foto lo ritrae insieme al Segretario Pci Enrico Berlinguer questi con copia in mano dell’Unità dall’espressione tutt’altro che serena, va) pure a Paese Sera stampato in Roma tre volte al giorno: colazione pranzo e cena, ecco. Foto Lampo in ultimo sorta di Publifoto in Milano di Carrese memoria anche questo scritto tant’altre volte

Man "ragazzo di bottega"



Lo chassis per la sienove misura standard per ritratti e simili era caricata in completa oscurità, e per l'orientamento, ossia l'emulsione sensibile faccia obiettivo da ripresa, fungevano delle tacche sui bordi della pellicola. La posa era tutt'altro che semplice dal punto di vista tecnico ché oltre i lati invertiti destra-sinistra era altresì capovolta a testa in giù; allora per la composizione veniva utile la quadrettatura del vetro smerigliato per i fuochi oltre ad una “sagoma” disegnata a vetro per centrare il soggetto. Quando poi tutto era tecnicamente pronto allo scatto bisognava impartire un “comando sintetico vocale” a che il ritratto assumesse la giusta espressione e con occhi aperti, facilitato dal fatto che la posa avveniva in luce artificiale

L'autoritratto da “ragazzo di bottega” (chi scrive) primi anni Settanta secolo scorso. Più che altro a mostrare la scala tra ritratto e macchina da presa, con scatto a “peretta” sì proprio come gli albori della Fotografia, gli atelier della Parigi d'antan. Si perché la posa era come il rituale (sacro) del caffè mattutino al bar con amici. E per questo ci si affidava a mani che sapevano il fatto loro.
E s'immagini che lungo la Pretoria, prende nome dall'accampamento romano, o più comprensibile Main Street cittadina si contava gli studi: Cavalier Corrado, Foto Gennaro eclettico che espone quotidianamente su la sua bacheca lungo il “salotto” buono o lo struscio del Centro storico pretoriano sue irriverenti pose bianconero. Poco più in là Foto Lampo dove ero “ragazzo di bottega” studio e cronache cittadine in sedicesimo alla Publifoto di Carrese; poi un suttan' o spelonca di molti gradini a scendere dal piano strada, ancora Foto Bucci cui si è già detto altrove, e da presso Foto Paolo, alticcio eppur lucido, lo studio gli serviva a dependance ché il prospiciente Bar Brucoli il suo avamposto: giorno e sera per trecentosessantacinque giorni. Su la Piazza del Sedile, cui nome ricorda appunto l'antico “seggio” comunale, Foto Romano che per arrivarci bisognava entrare in una corte e poi la ripida scalinate, antingresso la bianca vasca per il lavaggio dei cartoncini bianconero, e trovarsi al cospetto di una tacca e mezza, o articolo il la misura, ecco, dei due fotografi. E slargando verso l'edicola del Santo Patrono, dinanzi il banco di Napoli, Cenzino (Vincenzo) Bianchi forse il più elegante di tutti i fotografi del Capoluogo, in camicia cravatta e capelli alla Von Karajan nel turbinio di un “mosso con brio”. Peculiarità di Cenzino, ma anche di Foto Paolo, il flash immancabile teutonico Metz in livrea da questurino grigio-verde con “palle” (indicatori simil a quei diavoletti dondolanti in fiale di vetro che ci mostravano a scuola a sostegno della Fisica del vuoto) tenuto staccato dalla Rollei con la mano sinistra, quasi a spiovere dall'alto e pressappoco 45° gradi a simulare la luce solare. Un funambolismo non da poco.
E infine vicino le arcate dell'Arma dei Carabinieri, ecco, la faccia di tagliagole lo sguardo torvo, i fratelli (!) Foto Agostino dall'aspetto di zllus' (a mezza via tra lercio il poco curato aspetto nei gesti e nei panni, sempre gli stessi). E stavamo dimenticando Foto Tonino Mancino alto allampanato dalle gambe che avrebbero gioito di una...convergenza. A vederli tutti, tranne i zullus' cui s'è detto, mentre prendono (meglio prendiamo che c'eravamo) il caffè davanti la Chiesa del Sepolcro, immancabile ricettacolo di Frammassoni e d'altronde l'interno a giorni dispari conserva in sedicesimo copia del Cristo velato, originale alchemico in Napoli nella cappella dei Sansevero.
Caffè o della quiete prima della tempesta...ché poi entrati in Chiesa avessi voglia a sgomitate: anzi mazzate da ring e Rollei che volano su le teste di altri colleghi (perché gli ha fregato i clienti così al volo) davanti a “cresimandi” famiglie e varia umanità presente alla sceneggiata. So' fotografi ruspanti di provincia...e pure loro tengono famiglia e territori fisici cui è spartita a tavolino, roba che manco la Mafia..., la Provincia della Lucania, che scritta così è più figo o più esatto etimologicamente, semmai alla prossima...

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