Manunzio

Povertà? La conosco




Certo venire da famiglia di commercianti napoletani, efficacemente tratteggiati nei personaggi eduardiani, e trovarsi con il desco vuoto…
Ma state a sentire che noi la povertà la conosciamo benissimo. Dunque negli anni del Boom economico o Sessanta del secolo trascorso, a casa c’era molto di più del “living standard” anzi finanche l’enciclopedia (mamma ci teneva molto e avrebbe voluto studiare, e il figlio in sorta di riscatto, per diventare una “dottoressa” come lei diceva senza acrimonia) e una Olivetti Lettera 32, macchina per scrivere ben difficilmente ritrovabile nella Upper-class di città di provincia italiana. Educazione, quindi, domestica ben oltre lo “standard”; poi la scuola i maestri e le maestre, i cinema più della televisione che allora cominciava la conquista del “focolare” domestico, i giochi e giocattoli, che li avessi conservati tutti sarebbero stati migliaia di soldaten indiani carri armati cowboy Settimo cavalleggeri…pistole fucili e trenini elettrici…Niente male eh per una casa di “modesti” commercianti.
Eppure accadde un giorno che il babbo, dalle scarne parole e molti molti buoni fatti e sembrava la depandance della Croce Rossa altrui, si trovò in condizioni di non poter più onorare gli impegni, e fallì. Una Via Crucis, grazie ad un suo “amico” di bisbocce che gli mandò il pignoratore: neanche più televisione che portarono via con altra roba di casa. E la sera per lunghi anni si ascoltava solo la radio.
E venne pure Natale, ma neanche il più povero dei suttani (abitazioni sotto il livello stradale, a volete vere e proprie grotte adibite a domestico uso) lo avrebbe trascorso senza il rituale e tradizionale piatto delle feste. A me toccò in sorte quel giorno una ciotola di latte, al solo ricordo si lucidano gli occhi e un nodo stringe più d’una cravatta, che non scorderò più sino alla fine dell’Eternità (poi si ricomincia daccapo per alcuni esegeti). E insieme alla scodella vennero i giorni in cui si poteva pranzare una volta al giorno, e a scuola non era possibile acquistare i libri, dal che lasciai gli studi e per 5 mila lire a settimana (una miseria eppure servivano a casa) da schiavo ché non c’erano né ferie né orari (finanche mezza giornata la domenica mattina) e neanche contributi versati per la pensione (!) il lavorare presso laboratorio fotografico…poi la mamma e la nonna, si ricominciò a riveder le stelle. Ma questa è un’altra storia

Man

Oltre 5 milioni di persone in povertà assoluta in Italia: record dal 2005

Istat, 5 milioni di persone in povertà assoluta nel 2017: record dal 2005

Istat: oltre 5 milioni di italiani in povertà assoluta, al Sud 1 su 10



Ps. La povertà non è mai solo pane, se è vero che “non di solo pane vive l’uomo” ( Luca 4.3) sono le scarpe che (anche noi) si è calzati, a volte sfondate con interno di cartone. E calze di rammendo quotidiano, gli stessi abiti (puliti) estate ed inverno. Eppure mai e poi mai è mancato un libro, fedele e solidale: sempre. Così prima a lenire la solitudine (altra faccia della povertà) poi quale fonte di conoscenza e salvezza, infatti siamo ancora qui a scrivere…e siccome tutto è stato sperimento su la carne, quando vediamo da tivvù e altro, senza parole cum+patiri** tutti quelli che non hanno manco più occhi per piangere, viene naturalmente umano
** Compatire

Pss. Riusciamo a fare fronte a tutti i morsi della vita perché di animo francescano che per noi la “povertà” è di casa
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