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Zenzaburo SQ-A

Zenza Bronica* via, ripiego economico diciamo così alla stratosferica Hasselblad che come Leica si paga il solo nome. Ma non di solo mito germanico vive(va) il fotografo analogico. Anzi, senza ricordare che proprio Leica era andata a bussare negli Anni Settanta, crisi petrolifera etoridetta ieri e oggi con il cattivissimo, dicono, Putin, in casa Minolta e il resto per l’appunto è storia marchiata, sì, Leica ma con occhi a mandorla. Shhh non ditelo ai puristi (danarosi) della pur sempre mitica M telemetro by Germany. E non ricordate loro la “perla” M 8. 1 2 3! E' gente danarosa, sì, ma molto molto permalosa. Shhh.
Zenza Bronica seisei che per i very nice (idioti è meglio?) nella Milano da bere (il seisette era appannaggio della Mamya Rz, macchinone da studio e cavalletto per moda e affini still life compreso senza necessità di arrivare ai banchi ottici, che avevano comunque gran parte montato a scamotaggio dorsi seisette**) era schifata via, non tanto i modelli tutti a “mano” tipo S2 quanto e come la SQ-A ibrida con pila, ahi. A parte il fatto di non aver mai e poi mai avuto problema di alimentazione che, in caso di défaillance, contava pur sempre, se memoria non falla, sul meccanico d’emergenza cinquecentesimo di secondo. Insomma dalla serie: questa sì ma questa no dei notabili prezzolati dell’allora riviste (non esisteva affatto Internet & Co.) soprattutto Progresso Fotografico a firma di tale Tommesani patron di Tau Visual se ancora esiste lui e sua creatura, che ecumenico una botta al cerchio un’altra al tumpagn’/botte se ne usciva con un: ni. E per noi bastò fino a Roma alla Comaf, in discesa, negozio che dal piano imperiale dei fori (o era vicino a Vaticano Spa?) qualche metro più giù via passerella mostrava ogni ben di Iddio fotografico. E ne uscimmo con quattro-milioni(non c'era Europa & Euro money) di pezzi Zenza: corpo macchina, maniglia laterale simil leva avanzamento reflex analogiche, duje magazzini 120 (uno per B&W l’altro slide) il pentaprisma non con esposimetro CdS, poi l’ottanta millimetri standard una vera bontà; il centocinquanta che su formato sei-per-sei somiglia a un settanta-ottanta millimetri su passo universale venti-quattro-trentasei d’epoca, full-frame odierno. E lui, sì, il padellone quaranta millimetri Zenzanon (una volta impacchettati così da Komura e Nikon). Ottica che faceva e tutt’ora il verso all’equivalente Zeiss però per SL-66 Rolleiflex, ein panzer de facto, no Hassel con più aggraziato e very stilish argenteo quaranta; anche se era più usuale vedere fotografi con il cinquanta millimetri sorta di “ventotto millimetri” in formato 135, codice del formato Leica e affini. Mancava dell'arsenale Zenza il dorso Polaroid, indispensabile per gli scatti “posati” come si vedevano negli studi à la page di Milano (la versione Pola bianconero Type 55 era un babbà di negativo, infatti, staccato lo scatto di carta e lasciato in una soluzione più adeguata di fissaggio, sodio-solfito al 18%, la Polaroid aveva al riguardo un secchiello bianco non da spiaggia, dove conservare al momento i negativi, che poi lavati e asciugati in camera oscura sotto ingranditore...forse Gerardo Bonomo*** ne sa qualcosa) E la scusa era che il Polaroid “mostrava” le disposizioni delle luci sul set e che questi...fosse fedele (molto riferito all'EPR 64 di Kodak standard per dia) e visto dai rompicoglioni di art-director che infestavano gli studi con improbabili layout (un conto è disegnare il prodotto altro è fare lo scatto!). Peggio ancora le gonnelle artistiche: e questo così e quest'altro cosà che una volta un pezzo da Novanta della italica fotografia, sbottò: “E fattela tu!”.
Zenza Bronica, va. L'archivio analogico Manunzio porta la sua firma, in seisei, e che firma a dir vero alla faccia degli eterodiretti prezzolati carogne. Parentesi. Una volta portai i plasticoni (si dicono così in formato più o meno A4 fogli la plastica con retro opalino e davanti trasparente, dove in tasche come su le chiappe dei jeans si inserivano le slide per la visone su banchi retroilluminati da basso) ad una agenzia di Roma che ne aveva anche a Milano: Panda. Il cretino di turno che visionò i plasticoni/slide esclamò: “Hasselblad, vero?” Me lo sarei mangiato vivo, ma me ne usci con “Siii”. Archivio fotografico Manunzio: storia in immagine quella in cover si capisce. Lavatoio pubblico nella terra di Orazio, Venosa. Edifico coperto ma pur sempre di acque fredde, provatevi a lavare panni d’inverno! Luoghi della memoria e vissuto delle donne di quando le mamme, le nostre per i minchiapixellista e la “vestale” che non nominiamo sinnò s’incazza "padre guardiano" di Scampia-Photoportal, le nonne se non addirittura le bisnonne! Noi le abbiamo viste alla fonte coperta o meno, vaghi ricordi di quando andavano al fiume, si, a lavare panni!
Cosa s’intende dire alla fine? Semplice che la historiola dei moderni tempi, venuto giù tutto e Trumptiello lo dimostra per i suoi c...alcoli da imprenditore (un altro Silvio Berlusconi, eh) non le manda a dire generando un casino in quei europoide di Brsuell alla pronuncia De Luca!
Tempi che ora hanno la lavatrice (un tempo si sarebbe detta comodità) e per quei scassa c...di Yankee pure la centrifuga ché sta male spandere i panni tranne negli spot del Mugnaio bianco: spaventato?
E se poi si dice tutta: ecco cos’è lo scrollatore di telefonino. Scrollatore onanista compulsivo che a fine scroll se gli chiedi “cosa hai visto” te lo vedi tutto affranto “e che ne so” sono uno scrollatore e più scrollo e primo arrivo...Umm immagino da Belzebù. E anche oggi è fatta!


* https://www.nocsensei.com/camera/storia/massimilianoterzi/zenza-bronica-ovvero-la-macchina-di-zenzaburo/

** https://www.youtube-nocookie.com/embed/AmXg2d2JOh4

**+https://www.gerardobonomo.it/2021/11/05/polaroid-polapan-type-55-p-n-sviluppare-e-stampare-un-4x5-in-30-secondi/#polapan-type-55-positive/negative



Ps. Cosa sono le mani delle donne a lavà panni è nell’espressione che uso “mani da lavandaia” nel guardare con certo ribrezzo le odierne mani da “signore” che padroneggia ben altri affari! Sì ancor prima di zizze, culo e quant’altro di nascosto, gli occhi corrono alle mani dell’altra metà del cielo, si vabbè buonanotte, che anche di certi livelli sociali, ecco, si mostrano tipicamente screpolate e rosse. Rosso come le mani della piccola e minuta lavandaia...

Pss. La riproduzione in cover è dell'iPhone vetero qualcosa, roba vecchia, senza togliere la slide dalla tasca/plasticone




K1000

Una sigla mitica in casa Pentax, un po’ come ricordare la R4 Renault un mulo tutto fare, grande macchina molto azzeccata pur se spartana che non si può.
E quindi un altro mitico brand per chi sa conosce vive la fotografia prima analogica al tempo corrente sin dagli albori digitale tout court, se novero il computer grafico per antonomasia Amiga-Commodor mai creato e volutamente misconosciuto da Stampa & Regime ché ai bambini minchiapixel mica puoi raccontare verità: batterebbero piagnucoloni i piedi per terra da perfetti idioti!
Sia come sia K 1000 è stata una di quelle spartane macchine fotografiche da non dirsi: giusto l’indispensabile né più né meno poi stava al “manico” del fotografo manovrare di conseguenza e soprattutto in camera oscura e lasciamo stare.
Eppure dovrei annoverare fra le “decinaia e decinaia” di fotocamere più sovente imprestate da amici e conoscenti, infatti la prima in assoluto fu per centonovantaerottimigliaia di lire, scritto così è più pesante in ogni senso, Ftb di Canon. Nasco canonista certo poi mica so’ fesso arrivo planando su Olympus, che non esiste più come brand ma rivive più “bella e superba che pria” e dovremmo continuare le battute di Petrolini...grazie, prego! Ecco.
Mitica Asahi Pentax poi solo Asahi (odierno acquisita da Ricoh brand della GR ipertascabile e per carità di patria si tace di Leica!) formato seipersette impossibile altro che Mamya RZ o la piccoletta Hasselblad: un altro mondo made in Takumar lens!
Senonché e con piacere che segnaliamo il prossimo Venerdì 25 Ottobre presso Noc/New Old Camera una chiacchierata su tema, peccato per la lontananza da Milano ché in altri e lontani tempi da questa landa a lì...pazienza e seguiremo, penso, lo streaming

Massimiliano Terzi Asahi Pentax Centocinque anni di Storia
https://www.newoldcamera.com/eventi.aspx?id=1046&type=E




Stack or not stack

This is question forse così il Bardo. Vabbene da qualche parte bisogna pure cominciare. Certo per i cosiddetti pro della Milano da bere un “anticornonarico” basta collegare il banco ottico al computer, casomai con l’interfaccia Capture One Pro 20 ultima entry, così à la page, e il gioco è fatto. E fintantoché tutto è su lo stesso piano via con il liscio. Prblemi nascono, e non altrimenti per leggi ottiche, quando sul set compaiono più attori, o oggetti che di still life parliamo. Quindi diversi piani, e per farli tutti a “fuoco” non basta diaframmare al massimo (decadimento immagine). Anzi uno dice: ma se dopo un f 16 ipotetico i raggi che già si incasinano (diffrazione) per entrare nel pertugio dell’ottica, perché mai gli f 32, 45, 64, 90 o mi pare ancora di ricordare f 128? E co sti numeri, tuttavia, hai voglia, no? Proprio no. E si ipotizza un banco diecidodici, già l’ottica “normale” è un centocinquanta millimetri, un bel tele sul formato Leica, tanto a circoscrivere la cosa. Insomma un che di poco maneggevole a diaframmi chiusi (decadimento resa ottica) e ne abbiamo passato esperimenti su la Cambo montata su un mastodontico cavalletto Manfrotto che tirato su arrivava sino al tetto! Siché senza ulteriori numeri al lotto, diaframmatura che potrebbe fare al caso per un totale, ma se la composizione è più mignon i problemi là sono e lì restano. E poi se chiudi il diaframma di conseguenza aumenta il tempo di posa, inezia se ci hai il parco lampade: una volta faretti su Kodak 50 T(ungsteno) oppure su Epr-64 Bowens lampo del caso, che doveva scaricare una potenza non indifferente. A chiacchiere, sì, perché il trucco negli studi era di abbuiare il set composto e inquadrato, poi con otturatore su posa B o puristi T(ime) far partire scariche di flash a ripetizione; flashate che si sommavano per avere come unica botta del caso! Quanti esperimenti, grazie al flashimetro che per l’abbisogna dava il computo delle “aggiunte” per l’esposizione, e si era già provato su Polaroid, sorta di pre-view. Manualità ai limiti dell’acrobazia che oggi fa ridere. Tanto è vero che pochi puristi e distillati sedicenti fotografi vi ricorrono ancora, anche su camere elettronizzate al massimo: ricordiamo i primi modelli Sinar del caso. Restano tuttavia, sempre certuni fotografi, che attaccati alle Hasselblad elettriche, ecco, del caso o Mammamia (Mamya gloriosa RZ 67 d’antan oggi acquisita da Phase One) vivono felici di fare bella figura via Thetering con l’Art director immancabilmente femmina del caso, cacio sui maccheroni. Ma sempre più i fullfremmisti CaNikon con lenti shift, ottiche che in sedicesimo ripropongono i movimenti del banco ottico al fine di pareggiare i conti dei diversi attori giacente su piani del set. E qui sarebbe conclusa la disamina, e invece no. Sì perché tutto il resto della ciurma fa a meno di ottiche anzidette, Hasselblad e flash, odierno rentrée di lampade a base Led un tantinello scialitiche, o equivalente dentista, ahi; fotocamere attaccate a computer “teterizzati” neo cordone ombelicale ( si raccomanda l’arancione Tether Tools) per verificare all’istante che tutto è ok (!). Parentesi: con Raw e Pshop che tutto aggiusta, basta e avanza no? No evidente, chiusa parentesi. Insomma oltre i fulfremmisti c’è vita come su Marte?. Sì certo, anzi, lì fuori alla base della “piramide” fotografica volete voi? Un Maunzio che va, al solito, per la sua strada: senza flash e lampade (pisolano da qualche armadio) e manco full frame. Peggio ancora con vecchie ciabatte 4/3 da Paleolitico a base bit. Vabbene, e poi? Un programma come Helicon focus (ci) risolve il “pareggio” dei conti con ottica zoom in manuale anch’essa del Mesozoico. Ma lo si dice qui, se uno poi vede i file: che volemo dì ancora? Il manico pari la classe n’est pas de l’eau mes amis!

Immagine 1
Immagine 2


PS. I file allegati integralmente potrebbe benissimo vedere spazio su un Franco Maria Ricci d’antan; luce bank come si evince alla base del mezzo busto e figura di fondo? Tutt’altro luce finestra, letterale, e come base e sfondo due retro-cartoni utilizzatati, quando è il caso, per il cosiddetto fill-in; ottica 14-54 f 2.8-3.5 prima serie su l'immortale (chapeau!) E1 Olympus la nostra “protesi”. Associato un secondo scatto in verticale prodotto da pari ottica e malandrina Oly E 510 con Live-view feature molto più comoda

Pss. Nel novero dei sistemi di pareggio piani fuochi c'è anche l'interessante Actus Cambo e gli immarcescibili Novoflex, soffietti o macro motorizzate

Una giapponese carina



Abstract reincarnation of a little myth named Olympus Pen a new number P9 a very nice dream machine

A volte o vengono i titoli o te l’inventi: che s’adda fa. Olympus via. Vabbene sono “olympico” ma questo non vuol dire nulla, e non riceviamo cachet: bill and not pill…Insomma ne scriviamo in quello stato di libertà di cane sciolto come siamo venuti a formarci (spiace Cia&Mossad semmai un’altra reincarnazione, forse) nell’esprimersi senza filtri e marchette ché a questo serve una vita ben spesa fuori da ogni logica di profitto. Dite? Sognatore romantico don Chisciotte: il problema è vostro mica mio che abbiam spalle larghe.
Sia come sia qui la nuova (re)incarnazione della linea Pen che tanta fortuna ha portato ad Olympus e ben meritata.
Un salto a ritroso: Era Analogica, mezzo formato sorta di ante litteram Aps e qualchecosa. Vale a dire da un formato intero (qui 135 detto pure Leica) tagliato a metà da avere non più trentasei canonici scatti, ma settantadue. Wow si direbbe, mah un francobollo (riferito alla noblesse oblige Rollei da cerimonia reportage etc etc etc) all’interno di un altro? Beh non proprio perché un bel 18x24 o spingendosi al 20x30 cm bianconero veniva fuori - sotto ingranditore Durst 659 cui slitta ottica per 135 e sino al formato 6x7 o nove formato Mamya RZ e simili – ben più che decente frame per giornali e pure su timide gallerie alla Lanfranco Colombo, dove a dir il vero padroneggiavano immagini da banchi ottici o “piccole” 6x6 dette Rollei, certo ci mancherebbe e da Kodachrome 25 da farci i famosi seipertre stradali; anche il Cibachrome dal contrasto stellare che non è un complimento tant’è vero che la Ilford che lo produceva mise in commercio un Ciba (che stampavamo in camera oscura) a basso contrasto a sostituzione delle maschere di contrasto esatto opposto e contrario di quel che si fa in Pshop; Ciba stampato da Graphicolor in via de a Bufalotta a Roma Capoccia ma fermamose qua.
Olympus Pen analogica anni Sessanta che si reincarna in digitale cinquant’anni dopo, più e meglio di prima: miracoli, il caso di dire, della matematica binaria.
Certo mo l’attrezzo (uno in più) c’è ed a leggerne si dice bene considerato ci si può “attacare” (brutto verbo italico) le ottiche Zuiko che rivaleggiano, e forse ne riparliamo un’altra volta, con Zeiss o le blasé Leica: meditate gente meditate…

Man


Olympus PEN EPL9

Durst D659

Ciba



Ps. Capiamoci al tempo corrente ci sono materiali perlacei come e forse meglio dell’originale Ciba stampati però a “spruzzo" di injet: niente da eccepire sebbene due cose diversissime. Uno si stampava in camera oscura dove la materia alchemica: vero frammassoni? L’altro lo si stampa al corrente su plotter inkjet il “ciba meccanico”. E di nuovo se uno ha da dì qualcosa poi il supporto, ecco, nun fa troppa differenza. A parte certi soggettoni danarosi e sniffatori che ancora…insomma state sicuri che un bel Ciba interessante se lo cuccano a suon di soldoni.Ah a pensarci…but I'm a Free Spirit paisà

Hasselblad ahi ahi ahi




Abstract
Hasselblad of new 400 megapixel is pure no sense in this present day of smartphone and tablet; the files of new “machine dream” however is an interpolation, bear in mind


C’è poco da fottere Hassel è un rottame di epoca analogica che vivacchia. Intendiamoci all’epoca un attrezzo di mestiere e molto ben voluta, utilizzata dai pro. Vero anche “mammamia” alias Mamya RZ e seguiti, rimanendo al formato Rollei che l’inventò negli anni Trenta del secolo breve. E ricordiamo soprattutto la 500 C di Hassel. Poi con l’avvento del digitale…hai voglia a metterci al posto del dorso 120 (pellicola) un pezzo digitale da prezzo astronomico. Vebbene ora non è più così, tuttavia è una cazzata galattica al passo corrente “creare” un file di 400 Megapixel (si dovrebbe chiamarli secondo neo conio Manunzio, minchiapixel) interpolati! Mah non bastava i precedenti sempre digitale dorsi da 20-30 e qualcosina di Mega? No, male.
Ditemi voi come si può tanta minchiaggine, e per farne cosa se poi tutto oramai finisce su schermettini smartphone qualche tablet e “televisori” convertibili in “monitor” per navigare su la giostra degli acquisti? E non si dica dei “murales” pubblicitari che si fanno anche con compatte digitali: siamo persone più che informate dei fatti, che han contribuito con “compatta” a far sfornare famosi (o famigerati) seipertre stradali di réclame! Quel che si vuol dire in definitiva è che Hassebland non ha più ragione di esistere, come d’altronde e già ampiamente scritto sul vecchio sito, la stessa Leica e reincarnata in S: serpente che s’auto mangia! Non se ne può più!

Man

Hasselblad

PS. Oltre Hassel Mamya e Rollei erano in servizio: Zenza Bronica, Asahi Pentax (formato seissette) Pentaconsix…
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