A Giacomo Leopardi
Illustre non potrò chiamarla poeta con maiuscola ché questo appartiene, dicono, al Sommo Dante, sdoganatore del sermo vulgaris in salsa italiana. Ma non è questo. Ho sul comodino, una volta ora sedia in sua vece accanto al letto, meglio a fianco dove scrivo, una raccolta ben fatta del suo Pensiero, uno dei quali è cartiglio su la mia Home; “curriculum vitae” o pestifero about cosiddetto in quella innominabile e squallida lingua (artificio più che artificiale e per Lei già iniziato alle segrete cose non altro aggiungo) che è l’inglese.
E dunque libro-summa che a furia di sfogliare ho quasi consunto, e mi spiace per la devozione che porto a essi, senza cui non saprei manco da dove cominciare. Sì, certo, scrivo con la macchina fotografica, più per me che per il prossimo bue da non credere.
Ancora, le sue pagine a me non han mai creato, suscitato, vertigine degli umani troppo umani, vuoti complice la squola, scritto proprio così, che fa di tutto per etichettare i versi, Illustre, di “Pessimismo cosmico” che è poi la cifra del vivere, sognare per tale. No, i suoi componimenti non mi turbano, anzi, quando humor è tale, rileggo le sue a lenitivo.
Scrivo al fine per aver letto che sul Red Carpet veneziano Anno Domini 2024, un tale attor-regista ha rifatto (re-make?) in forma Lgbt+ il senso della sua esistenza: ogni generazione ri-scrive la storia a proprio uso e consumo...ma sputtanare è altro tipico del Nichilismo d’accatto corrente. Forma mentis per il terraqueo, Trionfo della Bestia seicentosessantasei volte biblica. Ubi major minor cessat, dunque? Tutt'altro...
Suo devoto
Michele Annunziata in arte Manunzio