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L'immagine vien quasi a “caso” ingrandita e re-ingrandita, traslata in digitale da fotogramma Kodachrome 25, una volta lo standard del National Geographic, su Contax Rts prima serie e Distagon ventotto millimetri negli Anni Settanta secolo alle spalle. Virale. Il problema di quel giorno è il cielo sfondato, inesistente. Vero che potrei aprire l’archivio è trovare centinaia d’immagini del cielo per riequilibrare la cartolina (siamo capaci solo di questo come canzonette di Eduardo Bennato) ma le dita fan già click sul Pensiero Unico di Google. Virale. E ci vuole poco a trovare quel che serve. Lo scontorno, poi, è gioco da ragazzi con “bacchetta" Pshop, e va bene così senza scomodare monsieur Bézier che ne formulò, per i boccaloni dei “pro” a farne uso; sì, quelli della Milano da bere più che nettare di Bacco, da certe ampolle. Virale.
Naturalmente l’immagine a colori del caso, già in ripresa, non dice granché. E via con desaturazione, quando sotto Mac e Tonality...bisogna star lontano dai tecnicismi e dare tempo di incubazione. Siché burn qua na botta di là l’immagine si propaga per l’aere più di qualsiasi chirottero da lab (s)fuggito. Sapienziale mix di una immagine “ordinaria” virata in bianconero d’un suggestivo castello in parte diroccato; fuggevole immagine d’antan quando il castellano e consorte (ridens ed estasiati di un Bill e Melinda Gates qualsiasi) a ricevere i graditi ospiti, selezionati ed impressi su granito americano della Contea Elbert in Georgia, mentre fuori impazza come a solito la malaria. Virale




Ektachrome come no. Film cavallo di battaglia di tutto il personale archivio diacolor analogico Epr 64 Pro formato Leica (nome in codice 135) e solo numerazione in 120 per la compianta Zenza Bronica SQ e Asahi Pentax 67. Diapositiva e spieghiamo per i minchiapixellisti venuti su come funghetti a fregiarsi di “fotografi” pensa te.
Dunque nella lista di Mammasantissima Kodak ci sono state con pari numerazione la "normale" diacolor e “pro” che differivano per fisime pubblicitarie. Sì perché all’atto pratico, quel che contava, nessunissima differenza. Ma le “pro” volevano il frigorifero per stoccaggio le altre no: fisime come prendere il ghiaccio artico per i drink dei neo parvenu casomai con occhi a mandorla. La differenza poi tra scatoletta tutto-giallo Kodak della “pro” si contrapponeva al cuneo blu su fondo giallo per l’altra: colori questi come il diavolo e l’acquasanta opposti fra teorie additivo e sottrattivo!
E la resa poi? Molto gradevole con il difettaccio che le ombre Ektachrome, di qualsiasi natura, venivano di blu elettrico! E allora la stampa ammanigliata dei tengo famiglia cosa suggeriva? Diabolico manco i cani: metteteci un bel filtro ambrato a scaldare il blu-ombre, e mica per la pellicola noooo, bensi proteggere la lente: che tenerezza prezzolata e disinteressata anche se il paraluce l'han inventato per questo. En passant qualcuno ricordi pari cosa con la famigerata M8 e “varianti” di Leica…a suon di bigliettoni. Ci torniamo, parola.
Comunque sia la resa della pellicola Ekta era più che buona compresa la grana: capiamoci. Tra le fisime tramandateci, la grana chiamata Kodachrome 25 Asa poi 64, e anche 200 era parola del National Geographic. Allora capirete che "senza grana" girava il postulato, assurdo naturalmente: senza ricordare che il Kodachrome lo trattava soltanto Mammasantissima Kodak, alla faccia del libero mercato e monopoli! Siché bisognava spedirlo fuori Italia, mi pare in Germania e/o Francia, noi usavamo il canale del grossista locale, per ricevere indietro dopo quindici giorni circa lo scatolotto giallo (!) della Kodak “gialla”. Diapositive prima in telaietti cartonati poi di plastica con data impressa, ah finesse…de Kodak!
E volete voi? Nelle pseudo agenzie italiote tra cui la decana Grazia Neri, passata a miglior gloria, nella Milano da bere, storcevano nasino per il formato 135 Ekta per non sentirsi offesi ( lesa majestatis) ma quando gli si mostrava i plasticoni Ekta 6x6 o codice 120 quasi a dire: eh così non va perché lei diventa pro e noi manifestiamo la vera natura di…cioccolatai!


New film Kodak

Man


Ps Colpo di grazia della verde (colore istituzionale) Fuji a Kodak avvenne con la stratosferica Velvia 50, da pronunciarsi Belvia che infatti tale era, da trattare (diversamente dal monopolio anzidetto) però nel beverone E-6 i chimici di trattamento ai quattro angoli del mondo e…salumerie. Il cosiddetto “standard” per il trattamento delle Ektachrome, Agachrome (seconda serie che la prima si poteva trattare a casa come prossimamente si dirà) etc. Standard tarato manco a dirlo sul giallo Kodak. L’orientale Fujifilm Velvia aveva bisogna, però, come si poté dimostrare trattando le diapositive Ekta in proprio con bagni Ornano perfettamente integrabili a quelli di Kodak a prezzo molto conveniente, nella Jobodrum termostatata e di una bellezza unica, della sbianca-fix a dodici minuti, quando i service/salumerie si fermavano a 10 pro cicero Kodak. E quei imbecilli di Progresso fotografico (fottografico no?) a lamentare in test manco fosse la Bibbia certo “velo” magenta…disonesti e tangentisti. E malgrado tutto sto fuoco di sbarramento la “belvia” venne fuori comunque. Anzi da Oltreatlantico il Kodachrome del National fu posto in soffitta: ohé compagni d’ora in avanti solo Velvia per doppia pagina di giornale senza “grana” che noi ameri + cani così diciamo e vogliamo manu militari. Minchia. E così tutti allineati e coperti. Pure Progresso fotografico (fottografico?) si adeguò con lauta mazzetta, espressa in Yen al posto di $: così va il monno paisà. Dicono si capisce.

Pss Ora Kodak (ma non era morta?) reintroduce la New Ektachrome per fuffa, moda ché i giovani allevati a smartphone facebookini instagramatici…manco immaginao. Infatti trapiantare ex abrupto una tecnologia “vecchia” nel vivere odierno dei McDonald’s è escamotage pubblicitario. Vivere e sentire analogico è categoria dello spirito e altra dimensione spazio-tempo che nulla sparte con il digital corrente. Tant'è vero che i fotografi o sedicenti tali d’Era analogica possono convivere con i bit, al contrario da questi arrivare all’analogico è impossibile se non immaginando, ecco, un mondo virtuale e allora…
Stessa cosa en passant per il bianconero che non è la desaturazione instagramatica e assimilata Pshop, manco i plug-in pro di conversione a dir vero, quanto un vivere e sentire in bianconero e si rilegga al riguardo Berengo Gardin: ragazzi fatevene ragione. Belle foto in circolazione virtuale sui cosiddetti “social” (perché mai monocromo alla yankee ma go home da sessantottino impenitente?) ben composte, ma è altra cosa dal rituale della camera oscura…chiedetelo ai latotimsisti alla Giole Magaldi del Nigrendo-Albedo-Rubedo o la Magnum Opus, ohh in mancanza vabbene pure l' Opus Dei per chi intende che il numero della Bestia…

Una giapponese carina



Abstract reincarnation of a little myth named Olympus Pen a new number P9 a very nice dream machine

A volte o vengono i titoli o te l’inventi: che s’adda fa. Olympus via. Vabbene sono “olympico” ma questo non vuol dire nulla, e non riceviamo cachet: bill and not pill…Insomma ne scriviamo in quello stato di libertà di cane sciolto come siamo venuti a formarci (spiace Cia&Mossad semmai un’altra reincarnazione, forse) nell’esprimersi senza filtri e marchette ché a questo serve una vita ben spesa fuori da ogni logica di profitto. Dite? Sognatore romantico don Chisciotte: il problema è vostro mica mio che abbiam spalle larghe.
Sia come sia qui la nuova (re)incarnazione della linea Pen che tanta fortuna ha portato ad Olympus e ben meritata.
Un salto a ritroso: Era Analogica, mezzo formato sorta di ante litteram Aps e qualchecosa. Vale a dire da un formato intero (qui 135 detto pure Leica) tagliato a metà da avere non più trentasei canonici scatti, ma settantadue. Wow si direbbe, mah un francobollo (riferito alla noblesse oblige Rollei da cerimonia reportage etc etc etc) all’interno di un altro? Beh non proprio perché un bel 18x24 o spingendosi al 20x30 cm bianconero veniva fuori - sotto ingranditore Durst 659 cui slitta ottica per 135 e sino al formato 6x7 o nove formato Mamya RZ e simili – ben più che decente frame per giornali e pure su timide gallerie alla Lanfranco Colombo, dove a dir il vero padroneggiavano immagini da banchi ottici o “piccole” 6x6 dette Rollei, certo ci mancherebbe e da Kodachrome 25 da farci i famosi seipertre stradali; anche il Cibachrome dal contrasto stellare che non è un complimento tant’è vero che la Ilford che lo produceva mise in commercio un Ciba (che stampavamo in camera oscura) a basso contrasto a sostituzione delle maschere di contrasto esatto opposto e contrario di quel che si fa in Pshop; Ciba stampato da Graphicolor in via de a Bufalotta a Roma Capoccia ma fermamose qua.
Olympus Pen analogica anni Sessanta che si reincarna in digitale cinquant’anni dopo, più e meglio di prima: miracoli, il caso di dire, della matematica binaria.
Certo mo l’attrezzo (uno in più) c’è ed a leggerne si dice bene considerato ci si può “attacare” (brutto verbo italico) le ottiche Zuiko che rivaleggiano, e forse ne riparliamo un’altra volta, con Zeiss o le blasé Leica: meditate gente meditate…

Man


Olympus PEN EPL9

Durst D659

Ciba



Ps. Capiamoci al tempo corrente ci sono materiali perlacei come e forse meglio dell’originale Ciba stampati però a “spruzzo" di injet: niente da eccepire sebbene due cose diversissime. Uno si stampava in camera oscura dove la materia alchemica: vero frammassoni? L’altro lo si stampa al corrente su plotter inkjet il “ciba meccanico”. E di nuovo se uno ha da dì qualcosa poi il supporto, ecco, nun fa troppa differenza. A parte certi soggettoni danarosi e sniffatori che ancora…insomma state sicuri che un bel Ciba interessante se lo cuccano a suon di soldoni.Ah a pensarci…but I'm a Free Spirit paisà
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