‘na bott’ au cerch’ e nat’ au tumpagn’
(cerchiobottismo alla Tonino Di Pietro e nella Treccani, Dna di taluni italiani, a novanta gradi con famiglia)
Quando uno tiene famiglia ci sta poco da fottere (fare). Anzi pare il solito refrain del “si parla a nuova perché suocera intenda”. Mah!
Fotografia va. E di un Padre Nobile, e si qui tutto vabbene poi però la coda del diavolo (mazzetta eh) dell’articolista deve nominare, come cavolo a merenda e Pecunia non olet, infatti, un tale “fotografo” mai coperto. Un fotografo con allure (merde?) e occhi a mandorla. Sichè mentre il giorno prima di dovevi sorbire le puttanate but very fine degli yankee, cosiddetti padroni, mo’ la stessa solfa con gli orientali asiatici. Carneade chi era costui? Ma mi faccia il piacere…
Storia di una fotografia. Moonlight: the pond di Edward Steichen
Man
Ps. Il titolo è: “Un tocco (interessato) alla cerchio e parimenti alla botte (dove c’è vino e/o grana)”
Pss. Il cretino di articolista (Storia di una fotografia) non sa (troppo stupido con smartphone e michiapixel ultra) che era del tutto normale dipingere “a mano” le fotografie già subito dopo i primi dagherrotipi, figurarsi le stampe (il mio maresciallo durante il servizio militare - laboratorio fotoriproduzioni manco a dire! - in quel di Lecce, ci passava con aniline e acquerello interi pomeriggi…così come in ogni studio fotografico serio! Siamo tutti fotografi, no? Chi prego!