Alamiré alla fiera di Mast’André
(in memoria di)
Il talare caffellatte con tanto di cordone a cingere il fianco dai tre nodi: obbedienza, castità e povertà, il passo sandalato il pomeriggio di sabato al culmine di partita a slargo Portasalza (rione cittadino che nel nome ricorda la scomparsa porta di borgo turrito) sotto un cielo
infuocato, si para davanti. E’ un fuggi fuggi generale tranne chi si è attardato alle pinze dell’indice e pollice che stringono i lobi degli orecchi: colpito e affondato. E per i fuggitivi, tanto prima o poi… Così conciati che un plotone d’esecuzione forse è meglio, il frate cappuccino da buon pastore, ritrovata non la pecorella smarrita biblica ma una turba, sotto le scale di una impossibile gradinata di marmo vede, con sottesa crudeltà, salire una ad una le povere anime sin lassù al piano dove spalanca il salone mezzo appannato per l’afa. Il tavolo da refettorio è lungo e tutt’intorno noi ragazzi, il segno di croce e la immancabile filastrocca stile Branduardi. Fine. Momentanea si capisce. Il catechismo, o come era uso dire l’adunanza, passa dall’orate frate a le povere orecchie che si riprendono dalla pinzata, mentre gli occhi guardano l’uscio come extrema Thule, appunto, nostra salus. Ed è così l’immagine di Padre Vitale francescano più che secolare che alla veneranda età dei cento-e-tré se ne andato proprio oggi, e domani Undici settembre (!) Anno Domini 2024 i funerali vedrà l’apoteosi. Grazie per le “pinzate” eppure non mi è concesso terminare con l'aver appreso, il segno di croce, ché in sua vece più amaro e laico: Sit tibi terra levis!
Ps. L’immagine è parte di un narrato fotografico stampato che imposi, manu militari proprio così, all’Assessore Cultura di questa landa e che se ne dolse con la mi madre responsabile d’asilo d’infanzia; a sua volta e nel suo stile non me ne fece grazia, una che fosse una a dirla tutta