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Il processo (ri)creativo

Dunque l’arte e da scriversi in maiuscolo se non parte dell’entourage Cia-Mossad-Pentagono-Nasa (Never Space Agency alla Kubrick di Odissea nello spazio o l'Allunaggio con moduli tenuti su da scoth, il nastro mica il wisky) sì, quelli che senza scomodare Jannacci* ci hanno il timbro Digigraphie ma pure l’ologramma il certificato Hahnemühle di autenticità a certificazione della loro arte fatta ad arte grazie a gallerioti con benda ll’occhio e finta gamba di legno caudiuvati da maîtresse a modico prezzo. Stampe, quindi, con inchiostri pigmentai in un universo rognoso di liquame aereo che il giorno dopo si mangia quadro inchiostri autore e detentore del pezzo di...arte si capisce.
Eppure il processo (quale?) a ben vedere vale a dire produzione ad arte è di tutti, certo e pure di nessuno: calembour chi può dirlo. Forse. Sia come sia una definizione bisogna pur averla, no? Ni e per noi sta “arte come gioco” o questo per quella. Ma si può avere la protezione di uno dei grandi, metti C. G. Jung che dice una banalità per chi capisce, vale a dire che la “creatività e il gioco” questo e quello inverso buono è, stanno su lo stesso piano senza scomodare fiumi di liquami detti a sostegno filosofico, mammamia, Estetica. Per carità. Liquame che serve a giustificare il mercimonio “teoretico”. Insomma intellettualizzare pure l’aria. Ma allora tutt’è arte? Certamente, ahi e così, dicono lor signori, che ci stiamo a fare? Noi vi proteggiamo, come il pappone la prostituta, circa la vostra artisticità e c’è pure il timbro SIAE (una norma europoide ne vieta però lo statuto monopolista) ma ci dovete qualche obolo, sa, dicono, infine tenimm’ famiglia.
Dunque due battute e tutto nasce così ex abrupto in caso di specie: entro nella living room e mica posso scrivere soggiorno che provinciale sto Manunzio! Ritorno su passi e ri-varco la “sogliola” ché per terra appoggiati due quadri fotografici o questo per quello pari sono per chi intende al corrente di tempi da zombie! Il Nero e lo Scatto finale: che perfezione e sintesi estrema come si vede vieppiù in cover. Ma è lì per terra (terra terra, ecco) che si ha la folgorazione, certo non paragonabile a Saulo diventato poi Paulo postquam e sua mossa da cavallo altro che caduta! Sia come sia ecco spiegato, si vabbè, cos’è il processo (ri)creativo: nero metafisico-pensiero meniamola così, rimuginarci il secondo step della cover a partire da sinistra e finale compiuto realizzato e impacchettato: alla cassa prego. Nuntereggae più!


*Quelli che Jannacci testo e video


Ps. Se ci fate caso, già di sti tempi di scrollatori iphoinici e androidiani il secondo step della cover mostra un volto mascherato e specchiato proprio così in accordo con il post sopradetto, forse



Al di là del bene e del male
Banale trasmutazione (e cosa sennò?) da nobile Arte fotografica alchemica a silico fottografico. Fottere senz’altro dire. Siché in attesa di novità ad ore (una volta detta di tolleranza dall’omonimo tollerare ecc.) bisogna abbozzare il quotidiano rilascio di “news”. Morta fotografia si è nelle mani di maneggioni sapienziali che propinano di tutto. E se mentre il giorno prima il raffreddamento dei sensori era, sì ,sentito poi uno tirava avanti grana o non grana. Adesso si ricorre a “radiatori” che non ci sono più manco a pagarli per chi intende. E per adesso sono “ventole” in loro vece, poi come per i computer (ogni digitale lo è) circuiti di raffreddamento a olio vino birra...tequila!

Tilta Unveils a Cooling Add-On for the Canon R5 https://petapixel.com/2020/07/27/tilta-unveils-a-cooling-add-on-for-the-canon-r5/



Un punto di ritrovo lungo il cardo che sussiegoso chiamiamo “Pretoria”: sì il riferimento al castro romano palizzato o meno, Cesare squadristi Legionari ed emuli moderni nell’Amerika sempre con kappa. Tutto vero.
Senonché a certa ora del fine settimana , la Rai Lucania che noi preferiamo al bizantino Basilicata, si trovavaa nell’Agenzia Lampo dove imparavamo l’arte fotografica in bianco e nero. Fotolaboratorio e di notizie cittadine (la bacheca su la Pretoria faceva concorrenza a quella della Gazzetta del Mezzogiorno, con in più buone immagini se non alla Weegee là là).
Eccoti il “baffo” patron del fotolaboratorio, Saro Zappacosta estensore dei “pezzi” pubblicista e non RAI, l'impareggiabile Mario Trufelli Capo redattore-bardo-poeta-scrittore e fine dicitore dell’allora Sede lucana che emetteva per lo più radiogiornali; qualche volta sul Canale Unico (poi venne il secondo sempre canale) RAI bianconero Anni lontani trascorsi, reportage da queste contrade, grazie al rubizzo e incazzus’ Mimì Abbattista, l’operatore con l’inseparabile Arriflex 16 millimetri (qualche volta la faceva toccare e noi subito l’occhio al mirino imitando Mimì). Era lui con noi apprendisti stregoni, pur da certa distanza minimamente paragonabile alle castronerie coronariche correnti, a illustrare ora questo ora e qualcos'altro aspetto delle riprese: ottiche diaframmi, zoomate e sincrono sonoro. Quando “pontificava” tutti lì, sempre noi, a bocca aperto presi dall’oracolante operatore RAI, mentre il resto, baffo ed altri si apprestavano per uscire su la passerella della Pretori, a due passi dal Gran Caffè, ma questo è un’altra storia



Una giornata particolare

Ogni tanto bisogna staccare la spina o questa stacca noi. E così novello Don Abbondio più con il breviario in mano, brevi pensieri ritmano la strada dei quattro passi, prima di alzare sguardo su d’un avviso, e di fotografia: bella idea. Si perché nel pomeriggio, dice l’affisso, su la strada dei passi perduti, ecco, c’è negli inusitati panni del prof Luciano Pergola (settantenne che non pare) a illustrare macchine fotografiche appartenute all’Ing. Maurizio Leggeri passato a miglior gloria. Volete voi? Eccoci all’appuntamento con signore già intorno al tavolo in cristallo satinato e ottime sedute in plastica: very nice. E se aggiungete una soft luce dall’alto: il gioco è fatto comodi e rilassati. Manca solo un bicchiere di Amaro Lucano e sotto fondo: che vuoi più dalla vita ritmando il jingle della réclame. Ma anche così non dispiace, e dopo convenevoli il passo di Luciano Pergola "ragazzo di bottega" alias Foto Bucci lungo uno stretto corridoio immette alla “teca” di macchine fotografiche già dell’Ingegnere Leggeri: Rollei accessoriata e tenuta di un lindore mai visto tanto è intonsa. Ripiano e le Nikon, Vabbè uso dire “del buon padre di famiglia” così dalle riviste di Fotografia d’antan, nel brandeggio ma qui si è sorpresi positivamente…
Canon FP che riporta alla cosiddetta arte fotografica, senza virgolette per chi intende, del sapere cosa e come fare uno scatto fotografico senza neanche l’ausilio dell’esposimetro incorporato che, nel caso, era esterno alla Photomic di Nikon: ein panzer! Tant’è che poi anche Canon dovette di necessità virtù, come l’aggiornamento del collare di serraggio più d’un semplice attacco ottica-corpo. Quando più in là comprai la prima Canon FTb (discendete dalla FP) al collare di serraggio un auto serraggio e l’ottica andava a meraviglia: doppia sicurezza che manco a dire di lì a poco la Casa madre sconfesso' introdugendo il pulsante su le ottiche per uso più rapido, Manunzio ne scrisse in lettera di fuoco alla Prora, distributore di Verona poi traslato nella Milano da bere, da impallidire i Santi del Paradiso.
Meccanica la FP che insieme alle altre della collezione Ing. Maurizio Leggeri dispone le meste labbra a sorriso in questi giorni di plastica virale a telecomando.
Un grazie di cuore al Team del Centro di Geomorfologia Integrata per l’Area del Mediterraneo (CGIAM) per la disponibilità delle fotocamere Ing. Leggeri. Una rara volta che ci ri-conciliamo con il prossimo così detto, secondo le Scritture!

Canon FP
link 1
link 2

Ps. Immagine ripresa del solito iPhone 4 "lascito" dei figli



Correva l'anno...

Poco meno di cinquant'anni fa si leggeva di fotografia, anche. Riviste come Fotografare fra le tante sfogliate con certa avidità: non c'era Internet o miriade di fanzine equivalente. Era Analogica, dove a prendere una immagine che fosse una l'impresa richiedeva certa dose di conoscenza: non c'era il Raw salva tutto per cretini. E le fotocamere al collo gravavano letteralmente. Insomma oltre al 135 o Leica che dir si voglia da trentasei scatti (non c'erano le Sandisk et simila da infiniti Giga come reti a strascico) decisamente in bianconero da trattare, poi, in camera oscura o il famigerato bagno domestico ad uso per l'abbisogna, ecco: non c'era Lightroom. E dopo il trattamento negativo il terno a lotto della stampa, cui né allora si veniva facilmente a capo né adesso se non con l'arte del cimento: giornate in “camera oscura” e con appunti su tutta la filiera; o se fortunati con zio fotografo ti faceva capire qualcosa: non c'erano stampanti Epson. E sì perché l'arte fotografica dei grandi zio compreso aveva ampie zone di lacune da carpire al volo in sorta di gelosia professionale! Cosa risibile ai tempi di Youtube.
Sia come sia è dalle pagine di Fotografare del caso, e Senta Berger attrice nordica in copertina che “alliscia” una Olympus Om-1 che creò scompigliò nello stagnante mondo reflex d'antan, in sorta di Postal Market fotografico, si poteva accedere a certi acquisti popolari: non c'era il famigerato Store dalla A alla Z. A farla breve o ci avevi il bernoccolo della Fotografia nel sangue, o come adesso...si provi a leggere l'ultimo capoverso a firma di Giulio Forti (allegato Pdf) già transitato da Tutti Fotografi e in attesa del lancio di Reflex. E mai nessuno che dica di votarsi all'ippica, monta di asini a dir vero, tanto il ciarpame visivo di sedicenti “fotografi” in giro su Internet, con tanto di pixel: no minchiate cui minchiapixel che dir si voglia


Ps1 Postal Market ogni sei mesi ti arrivava a casa (dei genitori) nel suo abbondante kilo di pagine di tutto e di più, antesignano elettronico dalla A alla Z di certuni. Vero che esisteva il concorrente Vestro uguale uguale nella funzione, poi sparito dai radar a favore di quello. Niente di nuovo sotto il sole poiché la formula era già stata ampiamente sperimentata nell'America delle sconfinate praterie del Far-West, proprio così

Ps2 Le prime fotocamere elettroniche, nel Pdf allegato Miranda di Ilford la Casa del materiale bianco e nero ancora esistente pur tra pregresse vicissitudini economiche e cambi padrone,grazie a sofisticati esposimetri montati nel mira-box e non più esterni, a parte Sekonic Weston e teutonici Lunasix a complemento, nome che indicava prendere l'esposizione della Luna, prendevano nome di E(lectronic) E(ye) dal suono beffardo, sostituito di lì a breva dalla sigla A(utomatic) E(ye) di esoterismo

Ps3 Nelle grida di copertina si menziona la Topcon, che abbiamo sperimentato, ma che non trovate nell'allegato e smilzo Pdf allegato

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