Aldo Moro da qui sino al 16 Marzo...1978. Prima parte
"Dopo Moro, nulla è rimasto come prima. Il sistema basato sui grandi partiti di massa ha cominciato ad incrinarsi. Il paese si è avvitato su se stesso, precipitando in una crisi sempre più grave e profonda. Lo stallo della politica ha investito via via anche la sfera istituzionale e quella morale, toccando persino il sistema delle regole fondamentali del funzionamento della vita pubblica. Oramai priva di leader capaci di attuare strategie lungimiranti, l’Italia ha perso l’occasione del riscatto offerto dalla caduta del Muro di Berlino. Il vecchio regime non è sopravvissuto alla fine della guerra fredda. E dopo, nessuno è stato più capace di costruirne uno nuovo.
Nel vuoto si sono inseriti poteri oligarchici, lobby finanziarie e comitati di affari che hanno occupato lo spazio della politica e invaso quello dell’economia. Tutto è andato in pezzi. A cominciare dalla grande industria di Stato, smembrata e venduta alle banche di affari anglosassoni. Quell’industria era il frutto di un compromesso economico stipulato dopo la guerra tra il cattolicesimo sociale di Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira e il Pci di Togliatti: i primi rinunciarono al liberismo, il secondo al collettivismo; entrambi indicarono nello “Stato imprenditore” la terza via per il nostro paese. Privata anche dell’apparato industriale pubblico, che aveva raggiunto punte di eccellenza e che aveva contribuito nei decenni precedenti a trasformare la nazione sconfitta in guerra nella quinta potenza economica del mondo, l’Italia ha poco alla volta perso tutte le posizioni di influenza che, da Mattei in poi, aveva conquistato nel Mediterraneo e nei paesi in via di sviluppo, in particolare nel Maghreb e nel vicino oriente.
Insomma, dal punto di vista delle conseguenze, la morte di Moro ha avuto lo stesso effetto di un golpe. Anzi, di più: ha provocato gli stessi danni di una guerra devastante"
Il Golpe Inglese Fasanella e Cereghino Chiarelettere editore