Manunzio


Mondi incomparabili, a destra la bellissima Canson Baritata Prestige II, che pare andare a nozze con ink Canon. La somiglianza, mettiamola così, con la classica baritata tipo Gallery Ilford è impressionante per i bianchi e profondità dei neri su superficie con debole riflessione, che esalta ancor più le scure tonalità. Superba per il bianconero, eccessiva per i colori: de gustibus. In questo la “camoscio” a sinistra ha neri lievemente d'ambrato e mai profondi neanche con la 609 Maimeri, spray che ravviva pure le “morti” nuance e che qui si ferma sul “limitar di Dite” restituendo, comunque, un bel Old Style per la parte bianconero del test; su i colori dello stesso giusto effetto “evanescente” che si predilige. A dimostrazione, infine, che la Carta non è data “solo” Brand, anzi, è funzionale alla narrazione. Sicché per Belle Arti o spalmato di Solfato di Bario inkjet, il supporto (acid free senza azzurranti Oba) è una questione di linguaggio/i



Si fa presto a dire carta, giusta

Per chi ha passato i migliori anni in camera oscura e ne conserva ancora i vapori, luci inattiniche, pose e viraggi...resta nella memoria la stanza buia e sue malie alchemiche, cui è del tutto orgogliosamente debitore Manunzio.
Carte Ilford Ilfobrom, soprattutto, e in formato cartolina bianconero per i clienti. E quando nel laboratorio (Agenzia Foto-Lampo cui ero garzone, a dirla tutta, factotum) non c'era anima viva, alé stampavo le cose mie con tutto il tempo necessario a sperimentare: tutto. Bagni (chimici cosiddetti per sviluppo, ma non solo) fuori standard e carte compresa la Oriental: sì, quella di Ansel Adams. E poi la Ferrania, una in particolare, che in epoca sessantottina faceva storcere il naso.
Uno stacco. Negli anni di “piombo” la stampa bianconero, tra l'altro, oltre ad essere estremamente contrastata in accordo con i tempi (bella in questo le Vega della Ferrania, che una volta sottoposta, certi reportage, al Mentore Lanfranco Colombo della prima Canon/Diaframma poi Kodak/Diaframma in Via Brera di Milano, le espose per non so cosa) la stampa aveva, doveva avere, i bordi al “vivo” senza cornice bianca “borghese”. E se vi par strano, ai tempi del digitale terrestre, ecco, si faceva quasi a scazzottate per questo: si era tutti su di giri poiché incombeva la Rivoluzione 'taliana naturalmente all'amatriciana!
Vega, di nuovo, in formato 18 x 24 che poi mandavamo così pure ai giornali stanziale e pure più in là anche al Corriere della Sera by “Foto Lampo Sudio's” per non citare la RAI. Anzi, l' Operatore con Arriflex 16 millimetri Mimì Abbatista, rosso iroso e rubicondo, a cert'ora del giorno veniva in Studio a salutare il Patron Rocco Labriola e il presenzialista Saro Zappacosta giornalista full time. E a volte veniva quasi l'intera Redazione stile happening (l'annunciatrice all'epoca e non già giornalista, Celeste Rago venne da noi per il giorno del si, ne riparliamo un'altra volta tant'è la spettacolarità della cosa). Un'aria di altri tempi, sì, di provincia niente affatto provinciale come a dirne una non a caso: odierna Mlano (scritto proprio così per chi intende) ahhh.
Ma insieme alla Vega, Agfa e se detto Ilford, anche baritata Gallery un mostro di carta silver halide, qualche stampa ci provavo su la Camoscio Ferrania per dare aria da Saloon fine Ottocento: si usava anche per ritratti e la posa, spesso ambientata in Studio, con sposi agghindati come nel reale giorno del sì.
E da allora mai più alcun produttore vi ha pensato ad una "Camoscio": sic transit gloria mundi? Si e no perché l'altro giorno da un pacco di carta per “Belle Arti” sotto una colonna di scatole Canson, Hahnemühle e Moab amerikana (k la scriviamo sempre per killer, non a caso ma qui non è momento) e volete voi? Eccola con echi della "Camoscio" d'antan inimmaginabile a vedersi a video/ monitor che dir si voglia causa proprio la “realtà aumentata”. E finiamo qui







Ora a parte “d'ognitorno altra argilla bianca, senz'alberi, senza erba, scavata dalle acque in buche, coni, piagge di aspetto maligno, come un paesaggio lunare” di leviana memoria del Cristo si è fermato ad Eboli, la seconda immagine a destra è piena di “pesci” fossilizzati a bocca aperta, in verticale de i tagli del terreno; ai piedi di questi volti e poi ancora altri su un terreno di squame, scaglie di Quaternaria Era, i contrasti di luce e la stampa inkjet Canon conferisce alla scena drammatica tridimensionalità gareggiante fianco a fianco una analogica stampa: chapeau all'interprete e printmaker


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Se il Buongiorno si vede dal mattino. L'abbrivo è un problema se la notte, notoriamente nera per ragioni diciamo tecniche va, l'avete trascorsa in “bianco”. Il che per un fotografo in “bianco&nero”...E veniamo alle foto, va e che non potete gustare in diretta manco con la più pallida e sfrenata “realtà” aumentata: de che? Bianconero da brividi, e tuffo indietro di alcuni decenni ai tempi della Dark-room: stampe in camera oscura, analogiche su carta Ilfobrom e certo alla bisogna l'insostenibile leggerezza di gray nuance grigio alias Galerie per gourmet.
Ilfobrom baritata carta in gradazione fissa: 2 morbida 3 con brio sino, a volte, la 4 contrastata e mai come la 3M Ferrania, da impallidire Lanfranco Colombo (paatron della milanese galleria Kodak-Diaframma poi Ilford) che le vide, tramite un amico nella non ancora Milano da bere, stampate su 24 x 30 (stamani diamo i numeri qualità certificata Manunzio) e di reportage duro e puro come era uso all'epoca della “contestazione generale” sì, eppur marcata alla Tomasi da Lampedusa: ho detto tutto.
Stampe bianconero analogiche a lume di lampada giallo-verde, rossa di messinscena funzionavano solo in epoche d'ortocromatiche emulsioni; luce rossa, infine, adatta più ad altre posizioni, si capisce.
E la sigla? Certo: AM sta per Annunziata Mario, che in famiglia chiamiamo da sempre Enzo suo secondo nome: vedete? Nomen omen del casato e terzogenito poco somiglia al Manunzio “artistico” e però...Bussa al citofono e chiede di salire: mo'? Ma mo' sto armeggiando con uno stil-life che poi servirà per prossimo post: ahi per lo squillo e post prossimo si capisce pure questa. Abbozzo. Entra con una rossa cartella prossima a sbrindellarsi, uhmm. Ma aperta: che dire paisà? Gli occhi si lustrano per le stampe digitali ottenute tramite scannaggio, incruento a dir vero, di negativi seipersei trentasei usciti fuori dalla sua monumentale Rollei 6008, rulli che si sviluppa da sé: tombola!
Ora come si descrive l'indescrivibile? Occhio per occhio non vale: abituati al monitor, e l'infame colonna scrollante “telefonica”; obliterati dei sensi, cosa questa da stappar bottiglie gaudio e spes di algoritmi transumani dei bravi Davos boys: cosa dire? Non scantoniamo. Infatti i Sensi sono 5 numerologia esoterica a parte vi si deve aggiunge il 6° (3+3 massoncelli infernali) dell'altra metà del cielo (Manunzio c'è l'ha poppato dalla mamma) si vabbè che si fa notte.
E quindi step by step più o meno i cm 40 x 40 che il fratello scorre fogli quello che è a tutti gli effetti è, sì, un calanco materano eppure più di colline sfarinanti di leviana memoria, luce che accarezza ogni piega del terreno come pelle ancestrale con dettagli incredibili anche con la proboscide del nasino azzeccato sulla materica superficie di stampa, Canon inkjet dice il fratello. Stampe vista a giusta e debita distanza, quantomeno a misura della diagonale fotografica dicono i Sacri testi, qui veramente si termina perché mai e poi mai è possibile gustarsi una stampa bianconero digitale stampata vieppiù con i contro c...ontrasti. Chapeau.
E prima che il telo cali bisogna dire che il Buongiorno inizia dal mattino. Buongiorno? Sì, Lab in quel di San Severo, landa del Principe esoterico e sua Cappella, però, in Napoli. Fine...cifratura.

La sinestesia (dal gr. sýn «con, assieme» e aisthánomai «percepisco, comprendo»; quindi «percepisco assieme») è un procedimento retorico, per lo più con effetto metaforico, che consiste nell’associare in un’unica immagine due parole o due segmenti discorsivi riferiti a sfere sensoriali diverse.Così, Pitagora associava numeri e suoni e Aristotele confrontava gusti, colori e suoni con il tatto. Treccani online


Ps. Il Lab Buongiorno cui riferisce il fratello Mario-Enzo (Giano bifronte ?) Annunziata fa cose turche, non solo stampe con Canon principe inkjet ché la classe n'est pas de l'eau, anche rilegature artigianali: musica per le orecchie, un po' sorde a dir vero ma mica f...uorvianti di Manunzio. Da farci un pensierino. Buongiorno, ecco


Pss. Scrive il fratello..."fatto 30 facevi trenta e uno indicando il Lab link:" presto fatto e, come già avvertito, un semplice copia incolla collegamento è meglio che non trovarsi la pagina per mille e una ragione esulante da Manunzio

https://www.gicleeart.it/

Awagami Factory




Cartiera artigiana made in Japan. Vi arrivo tramite la Rete nel tentativo di trovare una carta da stampa (inkjet) come Iddio comanda. Sì perché c’è stato un tempo (che riprenderemo appena possibile) della stampa fatta in “casa” senza nulla togliere ai vari service utilizzati che ne producono di buone stampe, come è accaduto con un noto stampatore in Milano cui ho chiesto due sampler da file inviatogli. Ma. E per chi viene dalla stampa bianconero…intelligenti pauca verba.
Quindi stampa domestica, va. E alla Awagami chiedo pago e ricevo per posta (!) un sacchetto verde che uno dice ci azzecca McLuhan, nel momento in cui già il media scelto…eh.
Insomma un bel giorno arriva sto pacchetto in formato a quattro più o meno, scartocciato già una bella sensazione nel toccare la carta, un po’ come “tastare” ‘na bella guagliona, va pure questa. Anche il tatto (!?) vuole sua. Siché uno dopo l’altro i fogli Awagami entrano ed escono dalla stampante HP 1220 C.
Pausa, ho capito. La stampante” ad acqua” è una di quelle rarissime che han superato gli anni, una decina e più sotto sistemi operativi diversi di Windows: una rarità o miracolo fate vobis. Sia come sia una stampante all’epoca accreditata com’anche possibile di prove colore nella versione Postscript, accessorio.
Quando poi è finita, la stampante, collegata al blasé Mac, questi l’ha vista come “fax”: che dire? E’ Mac, no. No.
Ma collegata a Windows che si è prodotto una serie di prove “colore” e su carta non appositamente “trattata” per inkjet, come il pacco carta direttamente dalla “Cermania” via fratello: Hahnemuhle Rag de facto lo standard dell’odierna e cosiddetta e spacciata “Fine art” smooth smooth come uso dire dei benedetti angli+sassoni riciclatori ottimi di parole e culture altrui.
Sia come sia le carte Awagami per il loro tatto, feeling, e per struttura reggono molto bene la “fine art photography” e pure la pennellata colore (anche questo si è sperimentato mischiando diavolo&acquasanta, pitturazione e fotografia). Una meraviglia che non ha pari.
Certo avremmo voluto provare la Awagami preparata ad hoc per le stampanti inkjet, ma la mia HP Photosmart Pro B9180 delle meraviglie aveva bisogno di serbatoi colore a pigmenti non più facilmente reperibili a mercato

Man

Awagami
HP Photosmart Pro B9180



Ps. Nelle prove colore di carte sottoposte a test anche un pacco di Moab l’americano supporto “trattato” ad hoc, oltre naturalmente alla Fabriano d’uso comune in formato A3+ d’una sciccheria unica, cui prossimamente ne parliamo

Pss. Awagami ha a catalogo apposite carte (credo con solfuro di bario incorporato) per le odierne stampanti a base pigmenti. E però si sente al tatto un gap: non trasmette quasi niente delle “sensazioni tattili” ricavabili da quelle non trattate, limite questo di tutte le “stracciarole” o rag che dir si voglia. Un vero peccato



TLS 401 una reflex per...rimorchiare

Sembra di quei codici da computer o spy story. Invece è di una macchina fotografica degli Anni Settanta e precisamente di Ricoh, la piccolina che tuttavia si è pappata la gloriosa Asahi Pentax: ah ‘sti giapponesi.
La macchina analogica aveva alcune caratteristiche fuori dal comune: anzitutto l’attacco a vite 42x1. Sì non c’era baionetta per “innestare” le ottiche, bastava girare la lente sulla flangia e fermarsi a fondo corsa: decisamente scomodo per certo tipo d’azione, anche se gli intelligenti fotografi, passo vite o baionetta, portavano due o più corpi macchina con su le ottiche del caso…
L’altra peculiarità della Tls 401 il mirino a pozzetto (pentaspecchio niente di nuovo sotto il sole: mirrorless Olympus-Panasonic…e altre che son venute dopo). Oddio un pozzettino sul pentaprisma lillipuziano ricordo delle Rolleiflex come pure i “pozzi” Hasselblad Kova Six e via quadrottando (usavano quest’ultime fotocamere il formato seipersei o Codice 120 che dir si voglia, 135 per le reflex Codice Leica e stamani non la finiamo più).
Pozzettino della Rocoh 401, quindi, cui utilità si è mai capita sebbene la usassimo, meglio la prendevo a prestito dall’amico Diego per…rimorchiare ragazze. Ohè non c’erano mica gli smartphone cinquant’anni fa e fare una fotografia ad una ragazza per strada (wow) stamparla in bianconero, trovare il pretesto per “attaccare bottone”. Anni Settanta a volte funzionava altre volte…al successivo scatto! Ah l’ultima peculiarità della Tls 401 il grosso bottone, lato destro, del selettore Asa/Din (primo anglosassone cui oggi gli Iso, secondo norme tedesche) fino a max a 800 odierni Iso. Vero abituati ai docdicimilaequalcosina delle digicamere che pare la condizione base per vedere il Nulla dentro il Nulla notturno - ci sono da tempo i visori notturni che se uno ci toglie la dominante verde…in Pshop… - e però oggi è figo riuscire a vedere niente di niente. Ma questo lo san bene Cia&Mossad che han chiesto, manu militari, ai Brand fotografici e smartfonici per meglio spiare l’umanità…sshhh non ditelo in giro che s’incazzano quelli della giostra degli acquisti!

Tls 401

link 1

link 2



Man

Ps. Vero è che proprio la Rollei e per il formato 135 o Leica che dir si voglia, con la sua SL 2000 F aveva creato in tutto e per tutto un sistema modulare che prevedeva finanche (!) magazzini intercambiabile (cosa del tutto pacifica delle seipersei di certa classe) e con diverse emulsioni, sia bianconero che diacolor etc etc etc

Rollei 2000

Morti che camminano: metropoli



Foto © Rosetta Bonatti /Tutti Fotografi EISA Maestro 2017/Street Life

Abstract
Contest Eisa Maestro 2017, again, a same billion photocopy of yankee taste made of children or young photographers, too amateur


Se ci penso: proprio cinquant’anni fa dalle pagine di Tutti Fotografi, i numeri di Novembre e Dicembre, articoli di sviluppo e stampa bianconero a firma Giulio Forti, sì, l’odierno Direttore di Reflex…
Ma stiamo all’epoca digitale che è tutto un programma, e di giovani leve che rimano il titolo: morti che camminano. Senza dire che il loro fotografare, ecco, è molto ma molto gradito a Cia&Mossad via Facebook Instagram Pinterest…e chi più ne ha meglio è.
Fotografie del Contest che è già bestemmia definire tale, uguali uguali a tante altre che ammorbano il Web dal only “Yankee taste”. Oh povera gente c’è da capirli, ci si riferisce agli amerikani (kappa kome killer) senza nessun passato, giovanissima “nazione” e tuttavia costruita a tavolino (letterale) dai soliti Frammassoni che intendevano un “mondo nuovo” dove la rapina del Kapitale (kappa etc etc etc) fosse l’Essenza luciferina e specchio per allodole. Cosa questa pare sino a questo momento funzionare, ma non divaghiamo. Forse.
Street fotografie: non vi azzardate a chiamare reportage because isn’t fine! E allora facciamo finta che i due termini siano uguali uguali (!) va. E dunque solite mossettine, soliti giovani volti, solita morte però ad “arte”: consumo & spaccio di un Occidente giudaico cristiano greco romano frammassone, graziaddio arrivato agli spasmi finali…Amen

Man

Ps. No che si dimentichi delle grandi immagini di fotografi americani, che han fatto altrettanto grande la Storia della Fotografia; qui si parla di “street” o come mangiare un hamburger al solito Mc qualcosa (si raccomanda!) o di chips & fish: insomma di facile consumo. Avanti il prossimo consumatore e relativo contest: time is money


Il Maître a penser Giulio Forti: 40 anni di fotografia


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Tutti_Fitografi_street.pdf (3.5 MB)

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