Photo © Michele Annunziata
Negli Anni Sessanta era usuale “immortalare” i momenti familiari, senza che ne scappasse uno che fosse uno. Immagini formato dieciquindici, bianconero fatte sviluppare dai fotonegozianti, che finivano nell’album familiare. E siccome le macchinette più simili a trappole per topi per maggior parte erano di plasticaccia, ecco spiegato la “regola”: sole alle spalle (simile a plotone d’esecuzione) tempo d’otturazione pari a 1/100 e diaframma f.16! E fa niente dei lisci (falla) d’esposizione su pellicola bianconero ché era sempre possibile recuperare durante la stampa, compreso i mossi che venivano stampati su carta di gradazione contrastata per attenuare i “parkinsoniani”. Tutto semplice. Un piffero. Metteteci voi al posto del soggetto con il sole che vi spara, letterale, i suoi raggi dritto dritto negli occhi: fotogrammi da esecuzione capitale per chi ha pelle chiara e occhi uguali. Una tragedia lacrimante. Ed era per questo che odiavamo la fotografia, poi la legge del “contrabbasso” dell’infernale Rosacroce Dante, sino ad oggi e di fotografia…Il Karma o nodi lunari va tu a sapè
Man
Ps. Erano per lo più mamme degli Anni Sessanta, certo anche i papà semmai con Leica Condoretta Ferrania Retina Kodak Rollei etc, ad assolvere l’incombenza del fatidico click. Una mamma la nostra molto presente e “terribilmente” attenta ai figli e che voleva tutti laureati, e il grande diventasse Avvocato e non certo fotografo con pruriti d’Artista. Povera mamma